9 aprile 2011

Don Mario Ciceri disobbedisce al governo fascista. Non consegna la bandiera della Azione Cattolica. Sulbiate 31 maggio 1931.



A testimonianza di quanto siano profonde le radici di Democrazia e di Libertà della nostra comunità, segnaliamo con orgoglio e riconoscenza, l'esempio eroico e virtuoso di Don Mario Ciceri, prete in Brentana di Sulbiate della Arcidiocesi di Milano durante gli anni della guerra e della dittatura fascista. Uomo, cittadino, sacerdote, grande educatore e maestro di vita, medaglia d'oro della Resistenza.


Dai diari personali di un giovane di quel tempo:
31 maggio 1931. Domenica si festeggiava in paese il novello sacerdote don Pietro Baraggia. Verso mezzogiorno una triste notizia viene a turbare la festa: il governo ha ordinato la chiusura di tutti i circoli di Azione Cattolica e il ritiro delle nostre belle bandiere.
In foto attuale bandiera dell A.C.
Un profondo dolore invade tutti noi e specialmente don Mario, che all'Azione cattolica dedica tutto se stesso. Egli si rifiuta di eseguire l'ordine del governo e non vuole consegnare la bandiera: ci è stata donata dal nostro signor parroco. Dopo molti indugi si decide a consegnare, invece di quella dell'Azione Cattolica, una vecchia bandiera della compagnia di S. Luigi. Tuttavia Don Mario ne è profondamente addolorato: alcuni l'hanno visto piangere. 29 novembre 1943 Da qualche tempo frequenta la casa di Don Mario un insolito visitatore: egli si siede in un angolo della cucina, parla poco a stento risponde alle nostre domande. Attende Don Mario e con lui si ritira nello studio. Che cosa egli riferisca non so: tutti però lo immaginiamo e immaginiamo anche quello che Don Mario deve dargli. Sparsi per le nostre campagne vi sono numerosi prigionieri, ai quali tutto abbisogna: vitto, vestiario, assistenze mediche. Don Mario da tempo si è assunto il difficile incarico di aiutarli........A don Mario ho manifestato le mie preoccupazioni e ho sottolineato la pericolosità dei rischi ai quali continuamento si espone: egli mi ha risposto con la massima semplicità, anzi con indifferenza: "Cosa vuoi? vale la pena che uno si sacrifichi pe tutti, piuttosto che esporre il paese al pericolo di crudeli rappresaglie". Dal Libro: "Don Mario Ciceri, ieri e oggi a Sulbiate". A cura dell'Associazione don Mario Ciceri.

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Diamo comunicazione della risposta negativa del Sindaco Stucchi Maurizio, alla nostra richiesta di rinnovare la partecipazione ufficiale della nostra Comunità alla Manifestazione organizzata dall'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (ANPI)che si svolgerà nel pomeriggio a Milano il prossimo 25 aprile in occasione delle celebrazioni della Festa di Liberazione dalla dittatura nazifascista.
Quest'anno il Gonfalone di Sulbiate non potrà partecipare al corteo ANPI di Milano.
Qui il post contenente copia della nostra richiesta.

Per ingradire la risposta del Sindaco fare clic sull'immagine.

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Approfondimento storico:

Milano prima e dopo il 25 aprile.

Innanzitutto quello che è successo dopo la Liberazione non può prescindere da quello che è avvenuto prima.

Dobbiamo tener conto che dopo l’8 settembre 1943 l’Italia del Centro e del Nord è stata occupata dall’esercito tedesco. Nei giorni seguenti, con la nascita della Repubblica fascista di Salò, i tedeschi hanno affidato i compiti amministrativi e di polizia ai repubblichini.
Era intanto nata la Resistenza armata sulle montagne, nelle città e nelle campagne.

Soldati italiani massacrati a Cefalonia

L’Esercito italiano, disorientato dalla fuga del governo del re e di molti generali, in gran parte si schierò contro i tedeschi. Molti reparti andarono in montagna: erano i “badogliani” poi diventati partigiani.

Centinaia di migliaia di soldati all’estero (Balcani, Francia, isole greche) si rifiutarono di continuare a combattere accanto all’esercito di Hitler e preferirono i campi di concentramento in Germania. Altri vennero massacrati combattendo contro i tedeschi, come a Cefalonia e Corfù.
Altri ancora diedero vita nell’Italia del Sud al Corpo Italiano di Liberazione, combattendo accanto agli anglo-americani, lasciando sul campo migliaia di caduti.

A Milano, prima del 25 Aprile

A Milano durante l’occupazione erano i tedeschi a comandare, pur delegando ai fascisti i compiti più infami (rastrellamenti, arresti, fucilazioni).

Il Giardino della Resistenza al Campo Giuriati

Erano plotoni fascisti quelli che fucilarono il 10 agosto 1944 i 15 Martiri di piazzale Loreto, quelli del Campo Giuriati, dell’Arena, del Poligono. Erano fascisti a gestire le camere di tortura. Erano fascisti quelli che arrestavano gli operai durante gli scioperi del marzo 1944 per poi consegnarli ai tedeschi che li deportavano nei lager in Germania, dove in molti lasciarono la vita.
Milano era una città occupata: molti i comandi tedeschi in città, circondati da sbarramenti di sacchetti di sabbia e dal filo spinato, presidiati da carri armati e autoblindo.
Molti i posti di blocco dei tedeschi e fascisti, per passare dai quali occorrevano lasciapassare e permessi anche per circolare con le biciclette. C’era il coprifuoco dalle 8 di sera alle 6 del mattino: chi veniva trovato in giro poteva essere fucilato sul posto.
Non c’era da mangiare: Il vitto e l’abbigliamento erano razionati, per averli con la “tessera annonaria” occorreva fare lunghe file e quando si arrivava spesso non c’era niente: niente riscaldamento nelle case (niente legna, niente carbone); luce, gas e acqua concessi per qualche ora al giorno.

I Martiri di piazzale Loreto

E si viveva, ma anche si moriva, sotto i bombardamenti aerei degli anglo-americani.
Questa era la Milano sotto l’occupazione tedesca, ma dove tuttavia si muovevano clandestinamente i partigiani e i patrioti dei GAP e delle SAP, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle università, nei quartieri, pagando spesso forti tributi di sangue.

E’ in questo contesto che si arriva al 25 Aprile. E’ in questo contesto che cresce e si sviluppa tra la popolazione una violenta carica di odio contro tedeschi e fascisti. E non poteva essere altrimenti.

I giorni della Liberazione

25 Aprile 1945 in piazza Susa - Acquarello di Bruno Mantica

Il 25 Aprile e i giorni seguenti furono contrassegnati da grandi manifestazioni popolari e di festa. Milano era piena di bandiere tricolore e rosse.
Ma la guerra non era finita: i fascisti in gran parte si nascosero, altri fuggirono come fece Mussolini con i suoi gerarchi. Altri ancora continuarono a combattere contro i partigiani. I tedeschi dal canto loro si arresero al CLN in attesa di poter tornare in Germania, salvo qualche criminale di guerra identificato e catturato.
Reparti fascisti si aggiravano per la campagna, alcuni tentarono colpi di mano anche in città.
Per esempio il 27 aprile una colonna fascista attaccò il Palazzo di Giustizia in corso di Porta Vittoria, con l’obiettivo di liberare i fascisti e nazisti arrestati dai partigiani e custoditi nelle prigioni del Palazzo. L’attacco fallì per il sopraggiungere di forze partigiane con un autoblindo.

Numerosi erano i cecchini fascisti che sparavano dalle finestre contro i partigiani e i cittadini per le strade, uccidendo non poche persone. I nomi degli uccisi dai fascisti nei giorni della Liberazione appaiono sulle lapidi del Campo della Gloria, al Cimitero Maggiore.

A Palazzo di Giustizia era invece in funzione il Tribunale, composto da magistrati nominati dal CLN. Il Tribunale operava sulla base di una documentazione molto accurata, raccolta durante il periodo clandestino. Il Tribunale era assistito dalla Polizia Giudiziaria, composta da partigiani della 140a Brigata Garibaldi. Il Tribunale continuò ad operare anche dopo l’arrivo delle truppe alleate il 29 aprile.

Il gerarca Starace arrestato davanti al Politecnico

I fascisti arrestati venivano processati e imprigionati. Per alcuni gerarchi venne confermata la condanna a morte, già pronunciata dal CLN Alta Italia, contro i membri del Direttorio del Partito Fascista Repubblicano, definiti “traditori della Patria”. La sentenza fu attuata nei riguardi di Mussolini e dei suoi camerati, catturati sul Lago di Como.
La stessa sentenza venne eseguita a Milano, in piazzale Loreto, contro Achille Starace ex segretario del PNF, dopo il processo al Politecnico, e Carlo Borsani, anch’egli membro del Direttorio fascista, direttore del quotidiano “La Repubblica fascista”, in piazzale Susa.

Nei giorni che seguirono la Liberazione la guerra, quindi, non era finita. I partigiani erano in armi accanto agli alleati. Riccardo Lombardi era stato nominato dal CLN Prefetto di Milano.
La pace in Europa arrivò l’8 maggio. Il 10 maggio le formazioni partigiane vengono smobilitate, con la consegna delle armi agli alleati, ricevendo come riconoscimento un attestato e la somma di 5.000 lire come liquidazione.

E’ importante stabilire che la guerra, anche quella dei partigiani del CVL (Corpo Volontari della Libertà), ormai riconosciuti “soldati” dello Stato italiano a tutti gli effetti, non finì il 25 aprile, ma si concluse in maggio.
La Polizia Giudiziaria di Milano venne trasformata in “Polizia popolare” e dopo qualche mese passò in forza alla Questura.

Fonte Sezione "25 Aprile" ANPI Milano Città Studi.


Oggi, 9 aprile, mobilitazione precari: "Il nostro tempo è adesso".



Articolo pubblicato ieri dal Corriere della Sera firmato Ichino, Montezemolo, Rossi.
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