31 gennaio 2012

Documento letto da Fassina - Assemblea "ERA PROPRIO NECESSARIO"-



Cerco di spiegarlo recuperando le 10 tappe principali che hanno portato i consiglieri del PD alla scelta di dare le dimissioni.

1-     Abbiamo lavorato alla stesura del programma presentato nel 2009 con una certa fatica perché ci sono state negate le proposte di discontinuità col passato (precedente Amministrazioni). Alla fine abbiamo trovato un compromesso sulla settima edizione del programma. Stesso problema sulla firma dell’accordo che avrebbe sancito la nascita della LISTA CIVICA SI. La sera del 4 maggio 2009, dopo aver rischiato di far naufragare l’accordo, abbiamo proposto di sottoscrivere una dichiarazione del PD a sostenere l’Amministrazione e non una lettera di intenti, sulla quale non c’era accordo. E così è stato. Fassina, in qualità di portavoce ha firmato la lettera che è stata controfirmata da Sindaco uscente e Capogruppo SI uscente.

2-     Il risultato elettorale ha premiato i 5 candidati del PD: infatti i dati parlano chiaro.

MARIA  GRAZIA  CRESPI
68
LUIGI  FASSINA
67
FAUSTO  BRAMBILLA
59
LUIGI  CEREDA  (detto GINO)
54
ELENA  ALICE  VILLA
54
MATTEO  LEONI
50
CLAUDIO  ZANONI
43
MARIO  ZOIA
38
ANDREA  CAVENAGHI
31
MIRKO  VINCENTI
31
LUCA  ZOIA
22
LUCA  STUCCHI
20 primo non eletto
LUIGI  SIRONI
13
MASSIMO  GAZZOLA
7

Sono stati nominati Vice-sindaco e capogruppo indipendentemente dai risultati elettorali, in base ad accordi fatti coi diretti interessati prima del voto, ma non condivisi col Gruppo. Abbiamo anche proposto, a più riprese, un modo differente di lavorare in Gruppo Consigliare: gli incontri infatti venivano indetti senza Odg e mai steso un verbale.

3-     Dopo l’ennesima irritazione del Sindaco, su quanto scritto sul blog Teorema, a cui non è mai seguito incontro coi diretti interessati, nonostante i ripetuti inviti da parte dei 5 consiglieri del PD, è stato comunicato dal Sindaco a Fassina, per telefono che gli toglieva la delega di Assessore in quanto ancora portavoce del PD. Fassina ha fatto presente che non era negli accordi che venisse sostituito nel compito di portavoce: peraltro aveva già provveduto perché il nuovo statuto del PD prevedeva la non possibilità del doppio incarico. La mattina dopo a Fassina veniva ridata la delega senza che nessun fatto nuovo fosse intervenuto.



4-     Ad aprile del 2011, veniva posta la questione Outlet, perché la proprietà, in febbraio, aveva consegnato una richiesta di unificazione del PE19 e PE20 ipotizzando l’Outlet. In preparazione della riunione di Giunta del 26 aprile, Fassina ha scritto un documento nel quale chiedeva che venissero modificate una serie di affermazioni contenute nella delibera. Alla risposta negativa del Sindaco, Fassina prima dell’incontro ha dichiarato che se veniva confermato il testo, avrebbe dato voto contrario: quindi nessuna scelta fatta col Circolo e prevaricante la Giunta come invece ha affermato il Sindaco. La seduta di Giunta si è conclusa, dopo accesa discussione, con il voto contrario dei 2 assessori PD.  Tre giorni dopo Fassina veniva raggiunto telefonicamente dal giornalista del GdV al quale ha detto brevemente come si era giunti ai 2 voti contrari. Questa intervista ha fatto decidere il Sindaco per il ritiro della delega.  A questo punto la tensione è aumentata al punto che è stata chiesta dal portavoce del PD un incontro di chiarimento. In quella sede il Sindaco ha ribadito la scelta della revoca ed la conseguente rottura dell’accordo col PD. Il Sindaco ha chiesto poi che i 3 consiglieri PD formassero gruppo a parte, condizione per mantenere i 2 assessori che avrebbero quindi continuato a far parte della Lista Civica. Di fronte al diniego dei consiglieri PD di uscire dalla Lista Civica, è stata fatta una riunione della Lista Civica senza i 5 consiglieri del PD e decretata la loro espulsione.

5-     I 5 consiglieri a questo punto hanno formato il Gruppo Consigliare PD e l’assessore Crespi ha presentato le sue dimissioni da Assessore. Con che coraggio oggi viene affermato che il Gruppo PD è in Consiglio Comunale senza essere passato dalle urne….

6-     E’ stato chiesto un incontro tra Circolo, Gruppo e Sindaco al fine di definire la nuova collaborazione di maggioranza. In quella sede il Portavoce ha chiesto la disponibilità a ritornare sulla scelta dei 2 Assessori, ma il Sindaco ha affermato che piuttosto di ridare il secondo assessorato agli uomini del PD, l’avrebbe offerto a quelli del PDL.

7-     Il Gruppo PD ha dichiarato di mantenere fede all’impegno preso con i cittadini, continuando a sostenere l’Amministrazione sui punti di programma: ha precisato che sugli altri punti avrebbe di volta in volta valutato le posizioni da prendere. Quanto è stato affermato, che i consiglieri PD “saltano da una parte all’altra” a seconda di quanto “imposto loro” dal Circolo, è falso, tendenzioso e lontano dalla realtà.

8-     Il resto è storia recente. Nonostante la proposta del gruppo PT di presentare una mozione di sfiducia, il Gruppo PD ha affermato di voler tener fede all’impegno elettorale: sostegno per il programma ma valutazione di volta in volta sugli altri punti in discussione. A giugno il Consiglio Comunale ha discusso il tema Outlet, grazie ad una mozione presentata da PT: in quell’occasione il Gruppo PD ha presentato un emendamento che bloccava le iniziative della Giunta ed impegnava il Sindaco ad avere il Consiglio Comunale come ambito nel quale decidere la strategia sulla questione.
Il Sindaco è stato messo per la prima volta in minoranza.






9-     Nel CC di settembre è successo una altro strappo: il Gruppo PD era pronto a votare contro la variazione di bilancio. E’stato affermato in modo non trasparente che il voto contrario avrebbe di fatto provocato la caduta dell’amministrazione. Ed il Gruppo PD ha deciso di astenersi, per evitare il blocco delle attività nel sociale, ma scoprendo poi che le norme non decretavano la caduta in modo automatico. Era la Giunta, e non il PD, che, non essendo disponibile a rivedere la scelta, avrebbe provocato la caduta dell’amministrazione. Questa è scorrettezza istituzionale.

10-A dicembre l’epilogo con la dichiarazione dei tre assessori in carica, di essersi tesserati nel PDL. E’ apparso subito che la scelta fosse strumentale, cioè legata a bloccare la minacciata mozione di sfiducia preparata dalla minoranza. Si è atteso invano che durante il Consiglio i tre tesserati chiarissero la loro posizione, ma ciò non è avvenuto. Resta solo la dichiarazione del Sindaco che questa scelta avrebbe “riequilibrato la situazione”: non si capisce come possa essere equilibrata una Giunta uscita dalle elezioni con 2 assessori in forza al PD, ed ora con nessun tesserato del PD ma 3 tesserati PDL, partito all’opposizione. Questa per noi è confusione profonda !


Resta una considerazione finale: questo modo di procedere, che di fatto utilizza meccanismi molto praticati nella prima repubblica, quando i governi di facevano e disfacevano per trovare gli equilibri, non ci appartiene ed lo riteniamo molto lontano dal sentire odierno dei cittadini.
I reduci della Lista Civica hanno tentato con le due mosse, la prima con l’espulsione dei Consiglieri PD e la seconda col tesseramento dei 3 assessori nel PDL, di tenere in piedi “una baracca” che per primi invece hanno affossato:
- hanno ammazzato una collaborazione col PD che aveva tutti i requisiti per poter governare   
   per 5 anni,
- hanno inventato un tesseramento per salvare capra e cavoli.

Ma in entrambe le scelte fatte non hanno calcolato le conseguenze.
E questo dice molto sulla poca attitudine della Lista Civica a gestire una collaborazione e ad avere uno sguardo politico sulle questioni.
Per noi le idee diverse sono una risorsa perché stimolano il confronto e arricchiscono le proposte: per la Lista Civica no. Se la pensi diversamente sei un nemico.
Queste sono caratteristiche basilari per chi amministra.
La presunzione della Lista Civica è dimostrata nei fatti.

Ecco perché è stato necessario interrompere questa Amministrazione !!!

E ci siamo assunti la responsabilità di GIRARE PAGINA nell’interesse del paese.

Expo autostrade senza fondi - Il sole 24 ore.


MILANO

È molto improbabile che le grandi opere viabilistiche del Nord, come l'autostrada Pedemontana lombarda (Bergamo-Malpensa) e la nuova tangenziale esterna di Milano (Tem), siano disponibili per il 2015, la data simbolo dell'Expo di Milano. Il problema è di natura finanziaria: per completare le due opere servono circa 5,2 miliardi. Una cifra enorme che, in assenza di risorse pubbliche, andrà reperita sul mercato dei capitali, attraverso il project financing. Tuttavia la profondità della crisi che stiamo attraversando e la complessità dell'operazione finanziaria non lasciano spazio all'ottimismo.
È un allarme forte quello che Giuliano Asperti, vicepresidente di Assolombarda con delega alle Infrastrutture, lancerà dal palco della Mobility conference, la conferenza annuale su trasporti e infrastrutture che Assolombarda e Camera di commercio di Milano ospiteranno il 6-7 febbraio 2012. Tra i relatori ci saranno anche Corrado Passera, ministro dello Sviluppo ed Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria. Asperti anticipa al Sole 24 Ore alcuni temi che svolgerà nella relazione introduttiva della Mobility conference, giunta quest'anno alla decima edizione.
La crisi finanziaria degli ultimi tre anni – riflette Asperti – e le evidenti difficoltà di oggi a reperire le risorse non bastano a spiegare i ritardi: «La crisi – afferma il vicepresidente di Assolombarda – amplifica il rammarico per non avere fatto più in fretta e prima e adesso ci pone il problema di uno scatto finale aggiuntivo, ma essa sta solamente dilatando problemi di altra provenienza. Problemi ai quali sono chiamate a rispondere le classi dirigenti del Nord». Poi l'affondo: «Molte incertezze finanziarie attuali delle opere lombarde – dice Asperti – sono figlie di sottovalutazioni di percorso e di non piena consapevolezza finanziaria».
In cerca di fondi
Vediamo alcune cifre. Se guardiamo alle tre grandi autostrade dell'area milanese, Brebemi, Pedemontana e Tangenziale est esterna, mancano all'appello circa sette miliardi, da reperire sui mercati finanziari. Brebemi (1,9 miliardi) è l'opera più vicina al closing finanziario, che tuttavia continua a slittare. Pedemontana lombarda, a fronte di un costo che con gli oneri finanziari raggiunge i cinque miliardi, ha risorse disponibili pari a 1,445 miliardi, mentre deve reperire sui mercati finanziari 3,6 miliardi di euro. Per il 2015, l'anno dell'Expo, sarà pronta solo la tratta da Cassano Magnano a Lomazzo, mentre le tratte rimanenti, le più impegnative sul piano esecutivo, si attueranno con le risorse che dovranno reperirsi sui mercati finanziari. La Tem presenta un investimento complessivo di 1,7 miliardi; le risorse attualmente disponibili sono pari a 100 milioni mentre dovranno essere reperiti sui mercati finanziari 1,6 miliardi di euro. Si tratta di cifre enormi

La nota del mattino del 31/01/2012.

1. GLI INTERESSI DI FRAU MERKEL PESANO SUGLI ACCORDI EUROPEI. SI FANNO PASSI IN AVANTI E L’ITALIA OTTIENE QUANTO CHIEDEVA. MA RESTANO LE INCERTEZZE, A PARTIRE DA GRECIA E PORTOGALLO.
Il Consiglio d’Europa (la riunione dei capi di Stato e di governo dei 27 paesi che fanno parte dell’Unione europea) si è concluso ieri con alcuni importanti accordi, la cui portata complessiva è stata tuttavia limitata dalla pervicace posizione della Germania, giustificata dagli interessi elettorali della cancelliera Angela Merkel, sempre più sensibile agli umori della popolazione tedesca (niente soldi in aiuto dei paesi più deboli senza rigore o addirittura senza sanzioni) in vista delle prossime elezioni politiche.
L’accordo principale riguarda il cosiddetto Fiscal compact, trattato sulla finanza pubblica. L’intesa è stata firmata solo da 25 paesi su 27 (esclusa Gran Bretagna e Repubblica Ceca) e prevede: a) tutti i membri dell’Unione firmatari devono inserire una norma sull’obbligo di pareggio di bilancio nella Costituzione (si potrà sforare ma non più di una somma equivalente allo 0,5 per cento del Prodotto interno lordo, cioè di tutta la ricchezza che un paese riesce a produrre in un anno); b) tutti i paesi che hanno un debito superiore al 60 per cento del Pil dovranno rientrare al di sotto di questa soglia entro i prossimi 20 anni, tenendo però conto come chiesto dall’Italia di diversi fattori attenuanti.
Molte resistenze sono venute per diverse ragioni da sette paesi: Gran Bretagna, Austria, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Finlandia, Slovacchia. In parte erano dovute essenzialmente a una forma di protesta contro la tendenza della Germania a voler mettere le mani direttamente nelle faccende interne di altri Stati, come è accaduto con la Grecia e la richiesta esplicita di un commissariamento volto a verificarne la politica economica. In parte (La Polonia) all’assenza di coinvolgimento nelle decisioni e nelle discussioni dell’Eurogruppo (i paesi che hanno adottato l’euro come moneta). In parte perché contrari a mettere nero su bianco una norma che negherebbe ogni possibile azione pubblica a rilancio dell’economia (Gran Bretagna, contraria anche a ogni forma di regolamentazione finanziaria).
Un secondo accordo ha riguardato la necessità di avviare un’iniziativa specifica per rilanciare l’economia e l’occupazione. Saranno mobilitati circa 82 miliardi di euro di fondi europei non ancora spesi (quasi 8 per l’Italia). Un passaggio che oggi è stato accolto in tutta Europa come un grande passo in avanti.
Infine, è stato stabilito che verrà creato il fondo salva Stati permanente (European Stability mechanism), ma ancora non è chiaro se avrà a disposizione 500 miliardi di euro come pensa la Germania o 750 come chiedono tutti gli altri europei.
Mentre l’Europa è impegnata a fare questi faticosi passi in avanti, la Grecia ancora non ha chiuso l’accordo con i propri creditori (che dovrebbero perdere il 70 per cento del capitale investito in titoli greci) e il Portogallo è entrato in zona pericolo per un possibile fallimento.

2. I TAGLI AI COSTI DELLA POLITICA DIVENTANO REALTA’. MA ADESSO BISOGNA METTERE IL TURBO ALLE RIFORME PER UNA BUONA POLITICA. L’OFFENSIVA DEL PD.
Dopo la manovra che ha messo al sicuro la finanza pubblica italiana, il decreto sulle liberalizzazioni e quello sulle semplificazioni, ieri il presidente del Consiglio ha varato un decreto attuativo per mettere un tetto alle retribuzioni dei manager pubblici e dei massimi dirigenti statali. Cifra massima, 310 mila euro lordi l’anno, lo stesso stipendio del presidente della Corte di Cassazione. Sempre ieri la Camera ha deciso di tagliare stipendi e rimborsi dei deputati. Un altro passo in avanti verso il taglio dei costi della politica.
Ora però, oltre ai costi della politica, bisogna mettere in campo anche le riforme per la buona politica (ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è tornato a invocare una iniziativa forte dei partiti in questo senso). Il Partito democratico ha avviato da tempo un’offensiva in questo senso. Riforma elettorale, riduzione del numero dei parlamentari, riforma del bicameralismo, riforma dei regolamenti parlamentari: sono queste le mete da raggiungere in fretta. Dario Franceschini e Anna Finocchiaro hanno chiesto ai presidenti di camera e Senato di mettere subito in discussione la riforma della legge elettorale. Il Pd si appresta anche a lanciare un’offensiva di mobilitazione in tutta Italia su questi temi.

3. LA BATTAGLIA DI OGGI CONTRO L’EVASIONE FISCALE DIMOSTRA CHE IL GOVERNO DELLA DESTRA NON L’HA VOLUTA FARE. TUTTA L’ITALIA PAGA QUELLA SCELTA. IL CENTROSINISTRA INVECE HA FATTO SUL SERIO LA LOTTA ALL’EVASIONE COME LE LIBERALIZZAZIONI. NON BISOGNA DIMENTICARLO.
Continua il battage informativo sulle iniziative contro l’evasione fiscale. Ieri è stato reso noto che la presenza dei finanzieri e dei dipendenti della Agenzia delle Entrate nel fine settimana a Milano ha fatto lievitare di oltre il 40 per cento gli affari degli esercizi messi sotto sorveglianza. A testimoniare il livello iperbolico dell’evasione fiscale in Italia. Ma non solo. Tutte le iniziative della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle entrate dimostrano che la lotta all’evasione fiscale si può fare oggi, ma si poteva fare anche prima. Coloro che oggi conducono blitz e ricerche sono gli stessi che erano ieri al lavoro con il governo Berlusconi. E dunque la lotta all’evasione fiscale è un problema di volontà politica: il governo della destra ha voluto pervicacemente
bloccare tutte le norme, gli strumenti e le iniziative che il centrosinistra aveva messo in campo. E oggi tutta l’Italia è costretta a pagare il contro di questa scelta scellerata.
Non bisogna dimenticare infatti che non è vero che nessun governo ha mai fatto nulla contro l’evasione fiscale (altrimenti perché il centrosinistra e Visco in particolare sarebbero stati attaccati tanto duramente dai giornali berlusconiani nel periodo 2006-2008?), così come non è vero che per la prima volta si sta facendo qualcosa per le liberalizzazioni (fatte largamente e con successo dal centrosinistra e da Bersani, ma bloccate e ritirate dal governo di Berlusconi, Bossi e Tremonti). L’operazione “perdita della memoria” e confusione delle responsabilità della destra con quelle del centrosinistra va combattuta aspramente.

4. VIGILIA DI CONFRONTO SUL LAVORO. RESTARE AI FATTI, DIFFIDARE DELLE CHIACCHIERE.
Domani si riuniscono imprenditori e sindacati in vista del confronto con il governo di giovedì su occupazione, precarietà e riforma del mercato del lavoro. Non vi sono documenti o bozze già pronte scritti dal governo. Non vi sono posizioni precostituite. Ma in questi giorni i principali quotidiani del paese, per larga parte espressione di azionisti industriali, di grandi banche e di grandi società assicurative, premono sul sindacato per ammorbidirne le posizioni. Ma nulla è predeterminato. L’importante, come fu nel 1992 e nel 1993, è che al tavolo del confronto con il governo si trovino soluzioni largamente condivise e che garantiscano coesione sociale e percorsi condivisi insieme all’innovazione necessaria per dare competitività all’Italia.

5. LA MINACCIA DI SCENDERE IN PIAZZA CONTRO LA MAGISTRATURA, LA MINACCIA DI FAR SALTARE IL GOVERNO MONTI SE LA MAGISTRATURA CONDANNA BERLUSCONI E L’ASSENZA DEL PDL AI FUNERALI DI SCALFARO SONO FACCE DIVERSE DELLA STESSA REALTA’: LA DESTRA NON AMA LE REGOLE.
L’assenza della prima fila del Pdl ai funerali di Oscar Luigi Scalfaro è stata ieri plateale. Era dovuta a una ragione semplice: Scalfaro si oppose allo scioglimento delle Camere, quando la Lega si sfilò dal primo governo Berlusconi, per la semplice ragione che in Parlamento esisteva una maggioranza che sosteneva un altro governo. Ma la destra non ha mai digerito il rispetto delle regole e della Costituzione, soprattutto quando vanno contro gli interessi del capo.
E’ una diversa faccia di una stessa realtà rispetto all’annuncio di una possibile crisi di governo ad opera di Berlusconi alle Idi di marzo (l’ex ministro leghista Calderoli dixit) o alla minaccia di organizzare manifestazioni di massa contro la magistratura se Berlusconi venisse condannato in uno dei diversi processi che stanno giungendo a conclusione e che lo riguardano (Mills, Ruby, Unipol, e così via). In altre parole: la destra non sopporta le regole.