2 febbraio 2012

Il Gruppo PD al Senato delibera l'esclusione di Luigi Lusi.


L'Ufficio di Presidenza del Gruppo del PD al Senato ha deliberato all'unanimità, in una riunione che si è svolta ieri mattina, su proposta della presidente Anna Finocchiaro, l'esclusione del senatore Luigi Lusi (in foto) dal Gruppo stesso. Qui l'articolo su sito de l'Unità.




La nota del mattino del 02/02/2012.

1. SCATTA L’ORA X PER IL CONFRONTO SU OCCUPAZIONE E MERCATO DEL LAVORO. OGGI INCONTRO GOVERNO PARTI SOCIALI. IERI CONFRONTO IMPRENDITORI-SINDACATI. MONTI: ADDIO AL POSTO FISSO. E IL FOGLIO DI FERRARA IPOTIZZA CHE LA FIAT POTREBBE LASCIARE L’ITALIA.
Finalmente si chiude la fase delle chiacchiere e comincia quella del confronto vero. Oggi nuovo incontro governo-sindacati-imprenditori sui temi dell’occupazione, della precarietà, degli ammortizzatori sociali e del mercato del lavoro. Alla vigilia del confronto ieri ogni protagonista ha fatto “pre-tattica”. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, ospite ieri di Mediaset, ha tirato la volata al ministro Elsa Fornero, sostenendo che “i giovani devono abituarsi al fatto che non avranno un posto fisso per tutta la via. Tra l’altro che monotonia il posto fisso”. La dichiarazione di Monti ha fatto scalpore (anche perché giunta all’indomani delle rilevazioni rese note dall’Istat, secondo le quali un giovane su tre il lavoro non ce l’ha proprio, né fisso, né temporaneo). Ma quel che conta, più delle parole, saranno i risultati e le posizioni concrete che scaturiranno dal tavolo delle trattative.
In vista del confronto di oggi, ieri si sono incontrati la Confindustria e i sindacati. Non hanno concordato una posizione comune su tutto, ma la verità è che hanno trovato molti punti su cui prenderanno la stessa posizione, a cominciare dal tema della cassa integrazione guadagni speciale.
I tentativi di spingere il confronto in un senso o in un altro sono stati e sono numerosi. Il più ingegnoso lo si può leggere oggi su Il Foglio di Giuliano Ferrara, che riprende un’indiscrezione uscita su il Wall Street Journal e scritta da un autorevole giornalista che è anche collaboratore de La Stampa, il quotidiano di casa Agnelli: "Un capoazienda italiano mi ha detto di recente che, viste le prospettive cupe dell`economia, la sua società - una delle pietre angolari del sistema industriale italiano - sta valutando di spostare la produzione dal paese". E se scrivi "one of the cornerstones of Italy`s industrial base", nel nostro paese viene subito in mente la Fiat. Senza contare che l`indiscrezione viene da Francesco Guerrera, attendibile caporedattore del Wall Street Journal a New York e da qualche tempo firma autorevole della Stampa, quella degli Agnelli. Certo, il fuoco dell`articolo era un altro, intendeva sottolineare che la crisi dell`euro non è questione che si risolve dedicando attenzione solo alla finanza arrembante e agli stati indebitati: in mezzo, ci sono le difficoltà delle imprese. Come quella guidata da Sergio Marchionne, appunto, che vista la situazione del nostro continente potrebbe scegliere di spostarsi definitivamente al di là dell`Atlantico, negli Stati Uniti”.
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2. LO SPREAD CALA SOTTO QUOTA 400. E BERLUSCONI VARA LA POLITICA DELLE DUE VIE: CON UNA MANO SOSTIENE MONTI PER APPROPRIARSI DEI RISULTATI, ATTENUARE LA PRESSIONE GIUDIZIARIA E PRENDERSI LE FREQUENZE GRATIS; CON L’ALTRA PREPARA LA CRISI.
Sia pure con lentezza, i mercati stanno registrando gli sforzi dell’Italia. Lo spread, cioè la differenza di rendimento tra i nostri Btp decennali e i Bund tedeschi, ritenuti i titoli più sicuri d’Europa, è sceso sotto quota 400 punti base per la prima volta dallo scorso ottobre.
Di fronte ai risultati concreti, e alle difficoltà alle quali sta andando incontro personalmente, Silvio Berlusconi, l’ex presidente del Consiglio, il capo del governo che ha portato l’Italia a un passo dal baratro, ha definitivamente varato la politica della doppia via: da un lato sta cercando di appropriarsi dei risultati del governo Monti per far dimenticare i disastri provocati, per tentare di attenuare (è la speranza del Pdl, perché si continua a ritenere che la magistratura agisca sotto dettatura) la pressione dei processi che lo riguardano e per contrattare con Monti l’assegnazione gratuita delle frequenze prevista dal beauty contest, sospeso dal governo dei tecnici per 90 giorni. Non a caso, ieri, proprio in concomitanza con il calo dello spread, e con la presenza di Monti su ben due trasmissioni di Canale 5 (accolto negli studi Mediaset di Roma da un calorosissimo Fedele Confalonieri), Berlusconi ha dichiarato senza mezzi termini che il governo Monti va sostenuto, altrimenti si sarebbe irresponsabili. Nello stesso tempo, l’ex premier sta caldeggiando qualsiasi operazione volta a preparare il terreno per le elezioni: dall’occupazione della Rai (vedi le ultime decisioni del Consiglio di amministrazione, contro le quali il Pd sta preparando una manifestazione di protesta e contro le quali si è anche dimesso un consigliere, Nino Rizzo Nervo) alla mobilitazione di tutte le categorie e di tutte le corporazioni toccate dalle liberalizzazioni, fino alla condiscendenza verso quell’area del Pdl e verso la Lega Nord di Bossi che vorrebbero far saltare Monti al massimo per le Idi di marzo, per andare poi al voto politico (come ha dichiarato e previsto l’ex ministro leghista Calderoli).
3. NON TORNANO I CONTI NEI BILANCI DELLA MARGHERITA. LUSI ESPULSO DAL GRUPPO PD. MISIANI: PD E’ L’UNICO CHE HA BILANCI CERTIFICATI.
Tutti i giornali raccontano oggi la vicenda del bilancio della Margherita e del tesoriere Lusi.
Particolare approfondimenti li si possono trovare su La Repubblica (articolo di Carlo Bonini), su Il Corriere della Sera (articolo di Fiorenza Sarzanini), su Il Fatto quotidiano.
Lusi è stato espulso dal gruppo del Pd al Senato. Lunedì 6 si riunirà la Commissione nazionale di garanzia del Pd.
Il Pd, anche se nulla c’entra con questa storia del senatore Lusi, uno dei dieci parlamentari ad aver firmato ad ottobre scorso l’appello di sostegno al Big-Bang di Matteo Renzi, rischia di subire pesanti ripercussioni da questa brutta vicenda. Più in generale il tema del finanziamento pubblico dei partiti sta in questi giorni sul tavolo degli imputati.
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Da ricordare: il Pd è l’unico partito che ha da sempre il bilancio certificato da una primaria società di revisione; il Pd, attraverso il suo gruppo dirigente e in particolare il segretario Pier Luigi Bersani, ha da tempo posto il tema di una legge applicativa dell’articolo 49 della Costituzione per rendere obbligatoria la trasparenza e le regole democratiche in tutte le forze politiche del paese; i bilanci del Pd si possono leggere su internet, basta cliccare su www.partitodemocratico.it; il Pd ha uno statuto e norme interne rigorose, come dimostra il comportamento concreto del partito nei casi in cui sono emersi problemi su dirigenti Pd.
Da L’Unità. Articolo di Antonio Misiani, tesoriere del Pd. “ L`inchiesta giudiziaria che ha coinvolto il senatore Luigi Lusi, tesoriere nazionale della Margherita, mette in luce con crudezza alcuni nodi politici che vanno affrontati a viso aperto. Prima di parlarne credo che sia necessario chiarire che l`altra sera, nella sua performance, Maurizio Crozza, apprezzato da un vasto pubblico (tra cui il sottoscritto), ha lasciato intendere e detto cose sbagliate. È satira, ma c`è il rischio che per far ridere si incida nelle convinzioni di molte persone. Alcune cose vanno dunque precisate. Primo: il Partito Democratico e la Margherita sono soggetti del tutto distinti, politicamente, giuridicamente ed economicamente. Il Pd, perciò, non ha alcun titolo per determinare indirizzi e fare controlli sul bilancio della Margherita, il cui presidente (Francesco Rutelli) è peraltro il leader di un`altra formazione politica. I 13 milioni di euro al centro delle indagini della magistratura sono stati sottratti alla Margherita, non al Pd. E il Pd non ha mai girato rimborsi elettorali alla Margherita: gli unici rapporti economici sono il pagamento da parte del Pd della sublocazione della sede di Sant`Andrea delle Fratte e il rimborso di alcune spese di gestione della sede e del personale distaccato. Secondo punto da precisare e ricordare: il bilancio nazionale del Pd, sin dalla nascita nel 2007, è controllato fino all`ultima fattura da una società di revisione indipendente (PriceWaterhouse Coopers, gli stessi che certificano il bilancio della Banca d`Italia). Siamo gli unici a farlo, sulla base dì una precisa scelta politica di trasparenza. Terzo: il Pd ha reagito all`indagine che ha coinvolto un suo parlamentare senza alcuna timidezza, seguendo con rigore le regole che ci siamo dati. Tutto questo, naturalmente, non toglie in alcun modo dal campo i riflessi politici della vicenda, perché il punto di fondo è la necessità di una profonda riforma del sistema dei partiti, in attuazione dell`articolo 49 della Costituzione. Uno snodo cruciale della più complessiva riforma della politica, che chiama in causa tutte le forze politiche, Pd compreso. I rimborsi elettorali, di gran lunga la principale fonte di finanziamento dei bilanci nazionali dei partiti, negli anni più recenti sono stati drasticamente ridimensionati: è stato cancellata la prosecuzione dei rimborsi anche in caso di scioglimento anticipato della legislatura e sono stati ridotti del 30 per cento gli stanziamenti. Nel 2010 i rimborsi elettorali ammontavano a 290 milioni. Nel 2011, con la fine dei rimborsi relativi alle politiche 2006, questa cifra è scesa a 189 milioni. Con la progressiva entrata in vigore dei tagli già decisi le risorse si ridurranno ulteriormente a 143 milioni: è un livello inferiore, in termini pro capite, a quanto viene destinato ai partiti in Germania, Francia e Spagna. Ciò che invece è rimasto invariato è il sistema dei controlli interni ed esterni sui bilanci dei partiti. Secondo la normativa vigente ogni partito che riceve
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i rimborsi elettorali deve redigere un rendiconto, che viene esaminato dai revisori dei conti interni. Il rendiconto è trasmesso al Presidente della Camera e un collegio di revisori, nominato d`intesa tra i Presidenti di Camera e Senato, verifica la regolarità formale del rendiconto. I bilanci dei partiti sono pubblicati su due quotidiani e sulla Gazzetta Ufficiale. Punto. È un sistema chiaramente insufficiente, che va radicalmente cambiato guardando alle migliori esperienze europee. Il Pd ha da tempo detto come la pensa: proponiamo che i rendiconti siano sottoposti obbligatoriamente alla certificazione di organismi esterni, siano essi società di revisione o un`autorità indipendente o la Corte dei Conti. Chi sgarra, deve perdere il diritto ai rimborsi elettorali. I rendiconti dei partiti vanno pubblicati non solo sui giornali ma anche su Internet, a disposizione dei cittadini che hanno il diritto di vedere e capire come i partiti si procurano le risorse e come le spendono. La trasparenza non è uno slogan, abbiamo scritto nelle pagine Internet in cui abbiamo messo online i conti del Pd. Oggi è una questione vitale, se vogliamo che i partiti riconquistino la fiducia e il rispetto dei cittadini”.
4. GUERRE MONDIALI. L’UNIONE EUROPEA BLOCCA L’UNIFICAZIONE DELLE BORSE DI NEW YORK E FRANCOFORTE SUI PRODOTTI DERIVATI.
Non è un caso se l’articolo di apertura del Financial Times oggi parla dell’accordo tra la Borsa di New York e quella di Francoforte per creare un’unica piattaforma per i prodotti derivati, gli stessi che hanno trasformato in questi anni la finanza in una torta appetitosa ma anche pericolosissima. Se questa fusione andasse in porto, si verrebbe a creare, gestito unitariamente, il più grande mercato finanziario del mondo su prodotti sui quali le lobby della finanza hanno impedito fino ad oggi che si creasse una vera e forte rete di controllo. La verità è che lontano dai riflettori delle vicende alle quali si appassionano i comuni cittadini si sta svolgendo nel mondo una battaglia durissima per il potere. Da non dimenticare in questo contesto che la Borsa di Milano in realtà da tempo fa capo alla City di Londra.
Da Il Corriere della Sera. Articolo di Luigi Offeddu. “Proprio quando gli sposi stavano per scambiarsi gli anelli, salta il matrimonio da 1o miliardi di dollari fra New York e Francoforte: la Commissione Europea ha bloccato la fusione tra le due più grandi piazze borsistiche al mondo per quel che riguarda la trattazione e gli scambi dei prodotti finanziari derivati (il cui valore «deriva» cioè da attività sottostanti come tassi di cambio e di interesse, valute, prezzo dell`oro e così via). Motivazione della decisione, sottoscritta dal commissario alla Concorrenza Joaquin Almunia dopo non poche discussioni all`interno dello stesso vertice Ue: se la Borsa di New York con la sua piattaforma di scambi Nyse Euronext, e quella tedesca Deutsche Boerse con la sua piattaforma Liffer, si fossero fuse come avevano annunciato il 29 giugno zoi i, avrebbero creato una situazione di «quasi monopolio» perché avrebbero avuto il controllo del go% dei derivati europei scambiati nelle Borse (ci sono anche quelli «over the counter», cioè scambiati al di fuori dei mercati regolamentati). Secondo Bruxelles il «quasi monopolio» avrebbe chiuso il mercato ad altri
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operatori, impedendo loro di diventare «concorrenti credibili»: avrebbe cioè violato le normative comunitarie sulla libera concorrenza. Oggi i due giganti competono fra loro, a beneficio degli investitori che sfruttano la concorrenza fra i prezzi offerti: celebrate le nozze, quegli stessi prezzi avrebbero invece subito una distorsione e gli investitori ne avrebbero pagato il costo. Detta in altro modo, con la parole di un funzionario della Commissione: «È molto semplice. In una savana ci sono due elefanti più grandi e potenti di tutti gli altri. Si disputano i rami più verdi degli alberi, si distraggono, e mentre litigano fra loro anche gli altri elefanti più piccoli hanno il modo di piluccare qualcosa. Ma se i due giganti si accordano, per gli altri è finita». Nel caso della finanza alcuni dei «rami verdi» sono proprio i derivati, usati spesso alla stregua di polizze assicurative. Coprono o trasferiscono i rischi connessi alle fluttuazioni dei prezzi o ai destini mutevoli delle società: sono lodati a volte come fattore di sicurezza e ricchezza, o deprecati come fattori speculativi all`origine delle ultime crisi. In due parole, merce molto sensibile: «Questi mercati sono il cuore del sistema finanziario ed è cruciale per l`intera economia europea che rimangano concorrenziali - ha spiegato ieri Almunia - abbiamo cercato di trovare una soluzione, ma i rimedi proposti erano largamente insufficienti a risolvere le preoccupazioni». Il «no» di Bruxelles è stato pronunciato anche se le due Borse sulle opposte sponde dell`Atlantico avevano saggiato il terreno alla ricerca di un compromesso: avevano infatti proposto di vendere alcune risorse e di aprire a nuovi contratti le loro «camere di compensazione», ma l`offerta non è stata giudicata insufficiente. Ora il Nyse Euronext esprime «delusione». Mentre la Deutsche Boerse non ha dubbi: «E’ un giorno nero per l`Europa e per la sua competitività futura sui mercati finanziari mondiali».