12 giugno 2015

Gli imbarazza(n)ti diversivi di Maroni

Durante una conversazione, quando ci si trova in imbarazzo su qualche argomento, si ricorre solitamente a un diversivo, si cambia discorso, si tenta di parlare d'altro per distogliere l'attenzione e la discussione dall'argomento che potrebbe creare problemi.

Anche nel discorso pubblico della politica il diversivo trova spesso la sua applicazione.

Lo ha dimostrato in questi giorni il presidente di Regione Lombardia Roberto Maroni, che ha imboccato la strada del diversivo per tentare di sviare l'attenzione mediatica che si stava facendo insistente e impertinente sulle sue vicende giudiziarie. Cose di poco conto, dirà qualcuno, al cospetto di scandali ben più gravi come Roma Capitale o la richiesta di arresto di un senatore in casa NCD, ma l'immagine del governatore e la sua autorevolezza rischiavano di subirne un grave pregiudizio.

La vicenda giudiziaria, comunque, continua e rischia di provocare un grattacapo di nome Severino a Maroni che le tenta tutte pur di non far parlare i media di sms, intercettazioni e deposizioni varie sul caso Paturzo. Ma veniamo ai diversivi.

Il primo, a dire il vero abbastanza vago e ancora informe, è il reddito di cittadinanza o di inclusione o di autonomia. La definizione deve per forza di cose essere generica, così come sono state le parole spese da Maroni in consiglio regionale sull'argomento. Il governatore spiega di avere un tesoretto da 500 milioni di euro tra fondi europei e quattrini spuntati da un bilancio regionale che fino a qualche mese fa sembrava privo di qualsiasi risorsa. Quando tenta però di illustrare le caratteristiche del provvedimento, non dice granché, limitandosi ad elencare idee già proposte da altri negli ultimi anni e chiedendo l'aiuto di tutte le forze politiche in consiglio per individuare la misura giusta da applicare in Lombardia a partire dal prossimo mese di ottobre. Tanto fumo, magari anche profumato, ma poco arrosto.

Ma il fuoco di sbarramento più rumoroso è quello che Maroni ha lanciato sull'immigrazione diffidando il governo dall'invio di nuovi profughi in Lombardia, minacciando i comuni che intendessero offrire la disponibilità ad ospitarne qualcuno e scrivendo ai prefetti per avere collaborazione nel controllo sanitario degli immigrati.
Le ha sparate un po' grosse il governatore, ma l'obiettivo non era certo di ottenere qualcosa di diverso rispetto a qualche titolo di giornale che distogliesse l'attenzione dalla sua vicenda su nomine e raccomandazioni.

L'ufficio propaganda di Maroni è da mesi impegnato a pieno regime nel tentativo di coprire l'inerzia e l'inconcludenza del presidente, ma questa volta ha davvero pescato dal mazzo il carico pesante nella speranza che possa sparigliare il gioco.
L'impressione è che Maroni sia sempre più in difficoltà nel gestire la sua litigiosa maggioranza e che punti tutto, sotto la copertura del fuoco di sbarramento, sulla possibile approvazione prima dell'estate di qualche provvedimento simbolico, tipo la riforma sanitaria.

Basterà per mettere in sicurezza il suo ruolo in attesa delle decisioni della magistratura?
Difficile dirlo. Ma difficile anche che i lombardi se la bevano.