26 settembre 2016

Maroni sbaglia strada

Una rivoluzione per i trasporti lombardi. Abbiamo disegnato la Lombardia dei prossimi vent'anni. Una data storica per il Consiglio regionale. Martedì scorso la maggioranza ha utilizzato questi toni per salutare l'approvazione del Piano Regionale per la Mobilità e i Trasporti.
Forse ci siamo persi qualcosa.
L'unico dato che potrebbe far parlare di data storica è il fatto che il piano precedente risaliva al 1982. Per il resto di nuovo abbiamo visto davvero poco, se non nulla.
Facciamo davvero fatica a rintracciare un'idea forte e innovativa in ciò che ha approvato la maggioranza. Siamo di fronte a una bella analisi dell'esistente, con relativa individuazione dei problemi della mobilità lombarda, ma poi… Sostanzialmente ci si ferma lì, non facendo altro che confermare quanto si era delineato trentaquattro anni fa. Possibile che da allora ad oggi non sia cambiato praticamente nulla in Lombardia?

Tanto per capirci, il 1982 era l'anno della vittoria ai Mondiali di Spagna e il massimo di tecnologia a disposizione per gestire gli spostamenti e informare gli utenti dei mezzi pubblici erano i notiziari radio e gli annunci degli altoparlanti in stazione o sui treni. Qualcuno sosterrà che anche oggi le cose non sono poi cambiate di tanto, ma le tecnologie potrebbero aprirci prospettive enormi. Possibile che, mentre i colossi di Internet pensano all'auto a guida automatica, la Lombardia rimanga sostanzialmente ancorata a una visione della mobilità e dei trasporti vecchia di tre decenni?
Nessuna idea, dunque, se non la rivendicazione di essere quelli che le opere le fanno.

Già, ma quali opere?
Nastri di asfalto che poi sono cronicamente sottoutilizzati e si mangiano ettari ed ettari di terra? Il lavoro fatto dai tecnici della direzione trasporti e infrastrutture è stato ineccepibile: hanno fotografato l'esistente e delineato come le opere già previste possano essere completate ed eventualmente incrementate.

Di più non potevano fare. Non sono certo i tecnici a dover individuare le scelte strategiche e a dover dare un'anima politica alle infrastrutture e ai trasporti regionali.
Di fronte a una politica che non sceglie, la struttura tecnica non può far altro che continuare a fare ciò che ha sempre fatto. Nel caso della Lombardia questo significa ritenere prioritario il trasporto su gomma e pensare all'intermodalità come qualcosa da aggiungere, non certo da sostituire alla centralità dell'auto privata, con tutte le conseguenze che questo ha in termini di traffico e inquinamento.

L'occasione per ripensare il modello dei trasporti in Lombardia e di adeguare conseguentemente le infrastrutture da completare o progettare ci pare sia stata persa in maniera evidente e sconsolante.
Il dibattito sul PRMT si è così trasformato in una grande trattativa tra i territori e la Giunta con l'obiettivo di inserire sulla mappa della Lombardia di domani tutte le opere possibili, così da poterle rivendicare di fronte ai propri elettori.
Sui quotidiani locali di questi giorni si sono letti moltissimi articoli che davano per fatte opere che rischiano di rimanere scritte sulla carta.

Attorno a Milano fioriscono prolungamenti delle metropolitane, nelle valli sbocciano varianti e raddoppi stradali, nella grande pianura spuntano autostrade, compare persino una sorta di trenino sopraelevato nella brughiera.
E il bello è che per tutte queste opere, al momento, non c'è il becco di un quattrino.
Per non farsi mancare nulla, la maggioranza ha pensato bene di bocciare gli emendamenti con cui il PD chiedeva di inserire nel piano le opere previste nel Patto per Milano siglato pochi giorni fa tra il premier Renzi e il sindaco Sala. Potremmo così essere di fronte a un paradosso: si realizzeranno opere non inserite nel Piano, mentre per quelle lì scritte, campa cavallo…

Se non ci fosse in ballo il futuro della nostra regione, ci sarebbe di che divertirsi a fare l'elenco di sogni che rischiano di morire non prima dell'alba, ma addirittura ancor prima che il sole tramonti su una legislatura che, francamente, si sta dimostrando sempre più priva di idee e prospettive.

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