26 luglio 2016

Maroni ingrana la retromarcia

Chi guida sa che la retromarcia si ingrana solo in pochi casi, ovvero quando si deve parcheggiare, quando si ha di fronte un ostacolo non superabile con una semplice sterzata o quando si deve invertire una rotta di marcia che non si giudica più utile o che pare addirittura pericolosa.
In chiave politica, la retromarcia si configura come l'estremo tentativo di evitare di finire in un vicolo cieco o, per uscire di metafora, come un tornare sulle proprie decisioni per evitare di essere smentiti o di creare danni alla propria amministrazione.

La retromarcia non si ingrana mai quando si è in movimento, richiede che la vettura sia ferma. Queste banali affermazioni a metà tra il politico e l'automobilistico, ben descrivono la situazione in cui si è trovato in questi giorni il presidente Maroni: su temi qualificanti la sua azione politica ha usato proprio la retro.

Il primo è l'ormai mitico referendum sull'autonomia di Regione Lombardia. Un referendum inutile, lo ribadiamo, visto che chiederebbe ai lombardi l'autorizzazione per procedere a una richiesta nei confronti dello Stato che Maroni avrebbe già potuto proporre fin dal primo giorno del suo arrivo a Palazzo Lombardia. Così non è stato e nell'ormai lontano febbraio del 2015 ha ottenuto dal Consiglio regionale (con convinto voto del Movimento 5 Stelle) il via libera alla celebrazione di un referendum che nessuno ha ancora visto. Ora l'ulteriore sorpresa, con la retromarcia che porta Maroni a chiedere alla sua maggioranza di approvare una modifica legislativa che consenta lo svolgimento del referendum stesso ben oltre la scadenza prevista e fino al dicembre 2017. Contrordine compagni! Il referendum non solo non è più così urgente, ma non è neppure detto che sia così necessario. Quella che doveva essere la consacrazione della volontà dei lombardi di essere finalmente autonomi da Roma, diventa un atroce dubbio: e se la percentuale dei votanti fosse troppo bassa, che figura ci faremmo? Da qui la prudente retromarcia del verde torpedone che tenta di trasportare la maggioranza in un'unica,peraltro non troppo chiara, direzione.