10 agosto 2016

Letture estive... con qualche domanda 3

Intervista a Davigo, Presidente ANM
Nelle ore in cui la Commissione Giustizia del Senato ha bocciato l'emendamento presentato da Felice Casson, con il quale si prevedeva lo stop della prescrizione dopo una sentenza di condanna in primo grado, ma ha dato il via libera agli emendamenti Albertini-Bianconi (riformulati) all'art. 9 del ddl di riforma del processo penale, che prevede la sospensione di 18 mesi dei tempi di prescrizione sia dopo il primo grado di giudizio sia dopo il secondo grado di giudizio (il testo della Camera prevedeva uno stop ai tempi di prescrizione di massimo due anni dopo il primo grado di giudizio e di un anno dopo il secondo grado di giudizio), e all'art.161 codice penale, con lo stop alla prescrizione fino a 18 anni in caso di condanna per corruzione, punti sui quali  Ap e Pd hanno raggiunto l'accordo che aumenta della metà la sospensione del decorrere della prescrizione, il presidente dell'Anm, Piercamillo Davigo, ospite di Repubblica Tv, ha risposto alle domande dei lettori proprio su intercettazioni, prescrizioni e giustizia. "Non servono pene severe se non si sa a chi darle", ha ribadito Davigo, che lamenta: "La corruzione è un reato che non viene denunciato praticamente mai".

Corruzione: "Non servono pene severe se non sai a chi darle"

Per corruzione, stop di 18 anni a prescrizione. Stop alla prescrizione fino a 18 anni in caso di condanna per corruzione (articolo 319 codice penale): sono questi i termini dell'accordo di maggioranza che ha portato la Commissione Giustizia a dare il via livera all'emendamento di Area popolare, che aumenta della metà la sospensione del decorrere della prescrizione. Questo il calcolo: punto di riferimento è il massimo della pena del reato (ora 10 anni) cui bisogna aggiungere la metà (5) a questi si sommano i 3 anni previsti già dal testo per celebrare, in caso di condanna confermata, i processi fino alla Cassazione. Il testo della Camera prevedeva una prescrizione fino a 21,6 anni. Ma viene fatto notare, non si teneva conto dell'aumento delle pene stabilito dal ddl anticorruzione. Con la norma approvata in Commissione si modifica l'articolo 161 del codice penale e si prevede che l'aumento della metà si verifica al compimento di un atto interruttivo del processo.

"Prescrizione, nostro sistema anomalo "

Prescrizione. Sul tema caldo della prescrizione, il presidente Anm ha sottolineato che "la prescrizione è un istituto di civiltà, che esiste in tutti i Paesi al mondo, prima del giudizio. Ma una volta che le prove sono state acquisite, una volta che è l'imputato condannato che appella, perché non si acquieta  della sentenza di primo grado, perché deve decorrere la prescrizione? - si chiede Davigo -. A parte la Grecia, non ci sono altri Paesi europei in cui la prescrizione decorre in questo modo. E quindi c'è qualcosa che non va. È un sistema anomalo quello italiano". E insiste sul fatto che si confondono spesso le cause con gli effetti. "Si dice che l'allungamento dei termini di prescrizione o la mancanza di termini di prescrizione farebbe durare di più i processi e non ci si rende conto che i processi durano di più proprio perché esiste la prescrizione. Molti imputati, se non ci fosse la prescrizione, forse non appellerebbero. Appellano perché sperano che arrivi la prescrizione".

Corruzione. È un gravissimo male del nostro Paese e il governo Renzi ha promesso molto. Per far emergere la corruzione, spiega Davigo, "è stata prevista una riduzione di
pena per chi collabora, ma è blanda. Non solo, la corruzione dà vita a mercati illegali criminali talora gestiti dalla criminalità organizzata. Sarebbe più sensato estendere le normative dei collaboratori giustizia della criminalità organizzata" a chi parla. Bisogna "proteggere chi parla perche altrimenti subirà rappresaglie", ha detto il presidente dell'Anm. Contro la corruzione, ha aggiunto, la "repressione non basta, ma intanto bisogna farla, perché se non si fa non c'è nulla. Poi bisognerebbe aggiungere altre cose. La corruzione non è un reato visibile, non si commette davanti a testimoni. Non la rileva ad esempio una pattuglia". Perché emerga occorrono "strumenti invasivi di cui dispone l'autorità giudiziaria". Per questo occorre un "diritto premiale forte, una normativa analoga a quella dei collaboratori di giustizia, premi per chi collabora". Ma cosa funziona contro la corruzione? "Scoprirla - risponde Davigo -. Se non si scopre, non è possibile fare nulla. E per scoprirla c'è bisogno degli strumenti giusti".

Rimedi inefficaci. Davigo individua nei 'cartelli' di imprese che si spartiscono gli appalti "uno dei problemi seri", e sottolinea che "le normative servono a ben poco di fronte ai cartelli". E quando gli viene fatto rilevare che forse Cantone, il presidente dell'Anac, non sarà d'accordo su questo, il presidente di Anm replica "Cantone non sarà d'accordo su questa mia convinzione, però io la penso così...", e quindi suggerisce di infiltrare un ufficiale di polizia giudiziaria all'interno del sistema dei 'cartelli' di imprese e che possa intervenire non appena si palesa - concretamente - il reato di corruzione. Quando al Codice degli appalti, Davigo ha sostenuto "è imposto da una direttiva comunitaria, però se non si smontano i 'cartelli' serve a poco...".

Poco personale... Anm ha annunciato uno sciopero sulla mancanza del personale. "La situazione rischia di sfuggire di mano, mancano 1.000 magistrati su 9.000. Ci sono scoperture di personale oltre il 50% - ha spiegato, riferendosi al reparto amministrativo -. C'è il pericolo che gli uffici restino chiusi. Trovo che sia dissennato pagare un magistrato per fare le fotocopie, ma se il governo preferisce che io faccia questo, piuttosto che lezione all'Università, io lo faccio, ma costa molto di più". Sullo sciopero Davigo è perplesso: "Se facciamo uno sciopero, ci costa un sacco di soldi, ma non interessa a nessuno. Dobbiamo pensare ad altre forme più efficaci". Ma non si spinge oltre: "Ci penseremo", taglia corto.

...e troppi appelli. Sulle Corti d'Appello italiane si abbatte un numero di procedimenti molto più alto che in altri Paesi. "Appellarsi non costa nulla: in Italia tutte le sentenze vengono appellate. Se non ci sono freni all'impugnazioni e c'è poi la prescrizione, è normale che i tempi si allunghino", ha detto il presidente dell'Anm, che ritiene che sia proprio la presenza di questi strumenti nella procedura del nostro Paese a determinare una mole immensa di cause da smaltire. Se ci fosse, ha sottolineato il magistrato, il rischio di un inasprimento di pena per chi ricorre, probabilmente ci sarebbe un freno.
Intercettazioni: " In Italia sono più regolate che in altri Paesi"

Più intercettazioni che in altri Paesi.

E, come ci sono più processi, in Italia pare ci sia un numero di intercettazioni maggiore che negli altri Paesi. Il motivo, spiega Davigo, è che "in Italia ogni intercettazione deve essere sottoposta ad autorizzazione giudiziaria. È per questo motivo che risulta un numero di 'intercettazioni giudiziarie' molto più elevato che in altri Stati, dove l'esecutivo procede direttamente". Non è possibile, dunque, fare un confronto. Una cosa, però, è sicura: "Non è vero che in Italia si fanno più intercettazioni che in altri Paesi".

Nessun incontro in vista con Renzi. Data la situazione, si potrebbe ipotizzare un incontro a breve con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi? "Nella prassi dell'Anm non c'è stato mai un incontro con il presidente del Consiglio: il nostro interlocutore è il ministro della Giustizia. Non intendiamo richiedere incontri", ha chiarito Davigo che, però, non esclude la possibilità di un confronto, qualora il premier ne manifestasse la volontà.

In Turchia arresti così rapidi possibili solo con liste già pronte"

Anche la situazione in Turchia è stata oggetto di riflessione da parte del magistrato: "Che io sappia non ci sono precedenti nella storia moderna d'Europa di comportamenti di questo genere - ha detto Davigo, riferendosi alla reazione dopo il fallimento del golpe -. Anche perché le modalità in cui" sono avvenuti gli arresti in Turchia "fanno pensare che non ci sono state attività di indagine a monte". E ha proseguito: "Se si arrestano 2mila persone il giorno dopo il golpe, evidentemente le liste erano pronte da prima. Per questo abbiamo chiesto alle autorità politiche nazionali di intervenire presso il Consiglio d'Europa".