21 maggio 2017

LA NEWSLETTER DI ENRICO BRAMBILLA


Sabato 20 Maggio 2017

Muri a 5 stelle
L'unico comune della Città Metropolitana milanese amministrato dal M5S (Sedriano) non ha firmato il protocollo d'intesa con il Ministero degli Interni per la gestione dei profughi, siglato mercoledì a Milano da una settantina di sindaci, quasi tutti di centrosinistra (con la lodevole eccezione di Paderno Dugnano). Nessuna giunta a 5 Stelle (a partire da Vimercate) ha aderito alla manifestazione di oggi “#20maggiosenzamuri”. Non c'è da stupirsi, vista l'ambiguità (per usare un termine morbido) con cui quel movimento da sempre ha affrontato il problema delle migrazioni. Il cinismo col quale i grillini piegano altrui tragedie a propri interessi di consenso non è dissimile da quello salviniano. Apparentemente meno becero, ma per me addirittura più inquietante: la violenza della polemica contro le ONG è esemplare. Di un giacobinismo ideologico privo di qualsiasi spiraglio di umanità.

La settimana in Regione
Le primarie semiclandestine della Lega hanno lasciato evidenti strascichi anche in Regione Lombardia. Maroni, come noto, ha sostenuto lo sfidante di Salvini, l'assessore lumbard all'agricoltura Fava. La maggior parte del gruppo consiliare non ha gradito, e la riconferma di Bobo per la prossima legislatura non è più così scontata, al di là degli esiti del suo processo (nuovamente rinviato a metà giugno). Nella seduta settimanale del Consiglio, dedicata alla legge di Semplificazione, per tenere a bada la propria maggioranza il Governatore è dovuto ricorrere ad una norma regolamentare che gli ha consentito di impedire il voto segreto. Due soprattutto erano i punti sensibili: la modifica alla legge per rendere possibile il referendum anche in caso di elezioni anticipate ed il rifinanziamento della Fondazione per la ricerca biomedica. Col nostro lavoro ostruzionistico siamo riusciti almeno a sventare una norma che avrebbe surrettiziamente reso possibile l'aumento delle tariffe ferroviarie.

Il referendum per la finta autonomia
Ieri sera a Bergamo il PD ha discusso dell'autonomia regionale differenziata, oggetto dei referendum che Maroni e Zaia vorrebbero indire in Lombardia e Veneto il prossimo 22 ottobre. Erano presenti esponenti del Governo (Martina e Baretta), sindaci dei comuni capoluogo, presidenti di provincia, consiglieri delle due regioni interessate, oltre che una delegazione emiliano-romagnola guidata dal Presidente Bonaccini. Il dato più evidente che è stato da tutti ribadito è la assoluta inutilità del costoso ricorso alle urne (46 milioni per la sola Lombardia). Il 23 ottobre non sarà cambiato nulla rispetto al giorno prima. Maroni dovrà prendere carta e penna e scrivere quella lettera per avviare le trattative che ben avrebbe potuto spedire quattro anni fa, col solo costo del francobollo. Con una differenza: che allora ci sarebbe stato tutto il tempo per trovare soluzioni: nel prossimo autunno le legislature regionale e nazionale volgeranno al termine (se non già sciolte), col rischio (certezza) di dover ricominciare tutto daccapo.

La Direzione regionale del Pd
Lunedì scorso la Direzione regionale ha dato mandato al segretario Alfieri di avviare il percorso per la scelta del candidato alla Presidenza della regione, attraverso primarie di coalizione. Quel che viene negato a livello nazionale (necessità di tenere insieme tutto il centrosinistra senza chiusure preconcette) è fortunatamente invece riconosciuto come condizione imprescindibile per poter vincere in Lombardia. La legge elettorale maggioritaria obbliga ad una scelta in tal senso, avvalorata però dal riconoscimento di un lavoro comune che non ha visto in questi anni emergere sostanziali differenze a sinistra. Primo passo ora sarà la stesura di una carta dei valori, affidata ad un comitato di “saggi”, sulla base della quale promuovere la presentazione di candidature, da chiudere entro l'estate. Tra settembre ed ottobre si torna ai gazebo, sempre che non ci siano improvvise accelerazioni.

L'accordo K-Flex
Dopo 110 giorni di presidio, i lavoratori della K-Flex hanno dovuto capitolare. Al Tribunale di Monza è stato firmato l'accordo: 187 lavoratori licenziati al prezzo di 8 milioni di euro, circa 42.000 a testa. Volendo fare un po’ di demagogia potremmo dire che con un terzo dei soldi incassati in questi anni dallo Stato l'azienda ha avuto mano libera, mentre la collettività ora si dovrà ulteriormente far carico dei costi di Naspi e ricollocazione. Mi verrebbe troppo facile aggiungere che questi sono i frutti avvelenati di un job act nato da presupposti sbagliati ed i cui effetti, finita la droga degli incentivi, si stanno rivelando quasi tutti negativi. In realtà la questione è decisamente più complessa e riguarda il ruolo sempre più marginale che assume il lavoro nei rapporti di forza delle società 4.0. Trattato come una merce qualsiasi, e pagato al prezzo di un magazzino da rottamare.

Appuntamenti
Martedì 23 maggio seduta del Consiglio regionale con all'odg la legge sul consumo di suolo.

Enrico Brambilla

www.enricobrambilla.it

Nessun commento:

Posta un commento