9 ottobre 2017

L'oltraggio di Maroni alla patria della Meloni

Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io.
La saggezza popolare colpisce ancora e lo fa in modo imprevedibile, anche in Lombardia.
Tutto si sarebbe aspettato Maroni, meno che sentirsi bocciare sonoramente il referendum dal leader nazionale di una forza che lo ha sostenuto in questi anni senza creargli particolari problemi. Anzi.
Giorgia Meloni, leader indiscussa di Fratelli d'Italia, lo ha bocciato senza mezzi termini. Il ragionamento è malizioso e articolato: "è vero che il referendum è sull'autonomia e non sulla secessione, ma qual è la finalità di parte delle realtà che lo sostengono?". Ma la Meloni non si ferma: "Sono convinta che la Patria, quella vera, sia l'unico argine rimasto alla deriva mondialista e alla globalizzazione incontrollata. Difendere l'unità d'Italia vuol dire difendere la nostra identità, la nostra libertà e la nostra sovranità. Nessuna concessione da parte mia a spinte indipendentiste". Nessuna pietà politica anche per la parte fiscale del referendum, quella del mitico residuo che starebbe mettendo sul lastrico i virtuosi lombardi: "Le rivendicazioni fiscali" continua la Meloni "potrebbero non fermarsi a livello regionale, ma penetrare più in profondità. Per quale motivo, ad esempio, gli abitanti della provincia di Milano dovrebbero condividere la loro ricchezza con quelli della provincia di Pavia che hanno un reddito pro-capite che è meno della metà del loro?". E la considerazione finale è un vero e proprio botto: il referendum è "un oltraggio alla Patria, inutile e pericoloso".
Eppure, Fratelli d'Italia pareva essere l'alleato più fedele della nuova Lega sovranista con la felpa. In nome delle battaglie contro invasori di vario genere e di paure agitate con solerte convinzione, pareva proprio che il duo Salvini-Meloni dovesse essere una delle poche certezze dell'attuale panorama politico e invece… Il richiamo alla patria nazionale ha prevalso sulla piccola patria lombarda e sulle sue ambizioni autonomiste.
Maroni pare aver accusato il colpo. L'ironia sorniona con cui ha reagito fin qui alle stilettate degli avversari a proposito del referendum, questa volta ha lasciato il passo a una reazione furiosa che lo ha spinto fino a mettere in discussione la stessa alleanza lombarda. Il tanto decantato modello lombardo per il centrodestra si è schiantato contro il primo palo che ha trovato di fronte alla sua strada. Ci eravamo abituati a un Maroni nei panni di grande tessitore, di mediatore instancabile tra posizioni spesso divergenti, se non inconciliabili, ma questa volta non ha retto.
Il segnale è indicativo di quello che significhi per il governatore il referendum: è l'ultima possibilità per non dover ammettere il fallimento politico della sua legislatura. L'eventuale legittimazione popolare non serve a rafforzare la posizione della Lombardia, ma a garantire un futuro politico a Maroni.
Rimaniamo fermamente convinti del fatto che il regionalismo differenziato possa essere un'ottima opportunità per la Lombardia, ma la strumentalizzazione messa in scena da Maroni rischia di condurci in un vicolo cieco, fatto di contrapposizione più che di collaborazione con Roma.
Confermano questa lettura due fatti di questa settimana.
Il primo è accaduto in un'altra regione: l'Emilia Romagna. Il presidente Stefano Bonaccini ha ottenuto dal Consiglio regionale il via libera per l'attivazione della procedura di regionalismo differenziato prevista dall'articolo 116 della Costituzione, proprio quella invocata dal referendum lombardo. A Bologna l'hanno presa così sul serio da chiedere subito il confronto con il Governo. Il bello è che l'ok è arrivato dall'intero centrosinistra, mentre Lega e Forza Italia hanno detto no. Alla faccia della coerenza e della voglia di autonomia.
Il secondo è un atto tutto lombardo. La Giunta ha deciso di impugnare presso la Corte Costituzionale la nuova legge nazionale sul Terzo Settore, che quasi tutti hanno salutato come una delle più importanti novità degli ultimi anni. La Lombardia sostiene che lo Stato non potesse legiferare su questa materia, perché di competenza regionale. Peccato che, negli ultimi anni, la regione su Terzo Settore e volontariato non abbia fatto pressoché nulla. Pur di contrapporsi a Roma…
In una settimana si è dunque alzato il velo sulle contraddizioni, le ipocrisie e la strumentalità del referendum sull'autonomia. Mentre in Catalogna si rischia la tragedia, in Lombardia si avanza verso la farsa.

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