20 settembre 2011

Standard & Poor's declassa l'Italia.

Questa notte S&P ha tagliato il rating dell'Italia, da A+ ad A.

Nelle motivazioni si legge che la fragilità del Governo e la situazione politica italiana limitano la capacità di rispondere efficacemente alla crisi.
Le prospettive per l'agenzia di rating sono decisamente negative.
In questo contesto gli obiettivi fissati dalla manovra difficilmente saranno raggiunti.



Il Governo per difendersi e giustificarsi ha così dichiarato: "Le valutazioni di Standard and Poor's sembrano dettate più dai retroscena dei quotidiani che dalla realtà delle cose e appaiono viziate da considerazioni politiche".

Insomma siamo alle solite: se la colpa non è di ordine psicologico, non è dei soliti inguaribili pessimisti, non è dei magistrati, certamente è dei giornalisti e dei media nemici, che complottano contro di loro!".

Per sapere cosa sono le agenzie di rating, cliccare qui.

Anna Finocchiaro:"Ritrovare dignità".

di Simone Collini - fonte sito de l'Unità.



«Il punto è la perdita di dignità, il fatto che in tutto il mondo ormai siamo oggetto di scherno. E la principale causa è il nostro presidente del Consiglio». Per Anna Finocchiaro non c’è più tempo da perdere: «Questo governo non esiste più, ormai è una accozzaglia politica che sta in piedi solo con i voti di fiducia in Parlamento. C’è un urgente bisogno di un nuovo governo e un nuovo premier per portare l’Italia fuori da questa immonda palude».

Alfano fa sapere che “Berlusconi non ha alcuna voglia di dimettersi” e che il Pdl non vuole “larghe intese”.
«Ha perso una buona occasione per fare qualcos’altro che il portavoce del presidente del Consiglio. Peccato. Da un giovane segretario di partito ci si sarebbe aspettati più lungimiranza».

Ma ha senso continuare a invocare un nuovo governo, se questa è la controparte?
«E allora cosa, vogliamo tenerci uno che fa “il premier a tempo perso” e svergogna il nostro Paese agli occhi dell’opinione pubblica? Un ministro della Repubblica che dimostra di essere incompatibile col suo ruolo, che invoca la secessione del Nord per paura di perdere i propri elettori e per ricattare il suo alleato? C’è un’enorme discrepanza tra il Paese, i suoi problemi, le difficoltà degli italiani, e questa pantomima del tutto incompatibile con l’interesse dell’Italia. È necessario che Berlusconi, che ormai vive ossessionato dai suoi processi e dalle sue “bambine”, lasci con urgenza il governo. Se non lo capisce da solo glielo faccia capire chi in questi anni gli è stato attorno, ha governato, ha legiferato».

Una spinta ulteriore potrebbe venire anche dalla classe dirigente diffusa, da chi ha ruolo di direzione o di orientamento nella società?
«Segnali importanti cominciano ad arrivare. La stessa posizione di Confindustria ha registrato dei toni e una determinazione che non avremmo sospettato in altri momenti. Ma adesso bisogna capire se la classe dirigente del centrodestra si può definire tale, se qualcuno dimostra cioè di pensare all’Italia, che in questo momento di grave crisi deve anche sopportare il macigno ulteriore della perdita di credibilità e di prestigio in sede internazionale».

Nel caso in cui Berlusconi si decidesse a fare un passo indietro, per il Pd la via maestra sarebbe il voto o un governo di transizione?
«Si farà ciò che è più utile al Paese e che sarà possibili nelle condizioni politiche che si dovessero creare. Ma ciò che è evidente è che l’Italia non può sopportare più questo governo. Noi siamo il primo partito e mai il centrodestra è stato così debole, quindi siamo i meno preoccupati dall’ipotesi del voto anticipato. Ma ogni decisione andrà presa pensando non al bene del partito ma al bene dell’Italia».

Dai sondaggi emerge che il Pd sta pagando la vicenda-Penati.
«Noi pagheremo tutto, è ovvio. Ma abbiamo una sola strada e l’abbiamo già percorsa, dimostrando un comportamento trasparente e coerente. Abbiamo deciso di sospendere dal partito chi è indagato per fatti gravissimi, non abbiamo mai attaccato la magistratura e non abbiamo mai fatto nulla per sottrarre qualcuno ai processi con leggi e leggine. E stiamo lavorando per rendere ancora più rigoroso il nostro codice etico e più penetranti i poteri della commissione di garanzia».

Come giudica l’atteggiamento dell’Udc verso il Nuovo Ulivo?
«L’Udc sta giocando una partita più da spettatore che da attaccante. Ha deciso di fare del terzismo la sua chiave. In un momento di grave difficoltà per il Paese i cittadini chiedono a ciascuna forza politica di assumersi delle responsabilità, e l’Udc non lo sta facendo. Ma ora deve essere chiaro a tutti che non ci sono alibi per nessuno. O da una parte o dall’altra. Terzismi possono essere utili in altre fasi, non in questa».

Però anche nel Pd c’è chi esprime perplessità sull’accelerazione impressa alla festa dell’Idv sull’alleanza a tre. «Ma Bersani lo ha detto chiaramente, prima si definisce il programma, poi vengono le alleanze e infine si sceglie il candidato premier».

E l’Udc va coinvolto in questo percorso fin dal primo passo? «Noi abbiamo tentato e tenteremo ancora di coinvolgere nella definizione del programma tutte le forze politiche di opposizione. Ma non tutto è nelle nostre mani. Spero però ora si rendano tutti conto che di fronte alla gravità della situazione certi atteggiamenti rischiano di diventare stucchevoli».

Il Pd ha depositato al Senato una proposta di legge elettorale, mentre sembra certo che saranno raccolte le firme necessarie per un referendum che farebbe tornare il Mattarellum. «Lavoriamo perché si avvii il processo in Parlamento. La nostra proposta garantisce la possibilità di formare governi più stabili di quanto non fossero quelli nati dal Mattarellum, che non prevedendo il doppio turno spinge verso alleanze non omogenee. Dopodiché, se non si riuscisse, ben venga il referendum perché tutto è meglio del Porcellum».
19 settembre 2011