25 ottobre 2011

Bersani incontra la stampa:" Ecco come uscire dalla crisi".


Ieri pomeriggio mentre Berlusconi era impegnato in un Consiglio dei Ministri urgente terminato ancora con un nulla di fatto, Bersani ha incontrato la stampa e presentato le proposte per affrontare la crisi e rimettere il Paese "sulla via della riscossa democratica".

Bersani:"Loro dovrebbero prendere atto della situazione e dire basta. I tempi e i modi li deciderà il presidente della Repubblica. Sono convinto che se il governo lasciasse si creerebbero dei presupposti nuovi di fiducia e credibilità".

Video: "Questo Governo passi la mano." Clicca qui.



Vaticano:"Autorità mondiale per il governo della finanza". Chiede multilateralismo e primato della politica su economia e finanza.

La autorità mondiale che governi la finanza, e la riforma del sistema finanziario che, in prospettiva dovrebbe portare a una "Banca centrale mondiale", per il Vaticano deve "avere una impostazione realistica", essere "messa in atto con gradualità", per giungere a sistemi monetari e finanziari efficienti ed efficaci, mercati liberti e stabili, disciplinati da un "adeguato quadro giuridico". Deve nascere da un "accordo libero e condiviso" e con una "fase preliminare di concertazione" per far emergere una "istituzione legittimata" e "super partes".


Tutto ciò viene prospettato nel documento "Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di una autorità pubblica a competenza universale", del Pontificio consiglio per la giustizia e la pace, una quarantina di pagine che sviluppano intuizioni e prospettive della dottrina sociale della Chiesa, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI, presentato in sala stampa vaticana dal cardinale Peter Turkson e dal mons. Mario Toso, presidente e segretario di Giustizia e pace.

"Logica vorrebbe" per il Vaticano che questa autorità mondiale si sviluppasse "avendo come punto di riferimento l'Organizzazione delle Nazioni Unite". Nella nuova autorità politica mondiale, dovrebbero convivere politiche di "governance" e di "shared government", cioè il coordinamento orizzontale e una autorità super partes".

Premesse per la riforma del sistema finanziario mondiale è un "corpus minimo condiviso di regole necessarie alla gestione del mercato finanziario globale", dopo che è entrato in crisi il sistema di Bretton Woods, il Fondo monetario internazionale ha perso il carattere di stabilità per la finanza mondiale, e "non si dispone più di quel 'bene pubblico universale che è la stabilità del sistema monetario mondiale".

Il testo chiede di riflettere su "misure di tassazione delle transazioni finanziarie, forme di ricapitalizzazione delle banche, anche con fondi pubblici, e "condizionando il sostegno a comportamenti virtuosi e finalizzati a sviluppare l'economia reale", definizione "dell'ambito di attività del credito ordinario e di Investment Banking". Altre disfunzioni denunciate dal documento vaticano - che si muove sullo sfondo della Caritas in veritate , enciclica sociale pubblicata da Benedetto XVI il 7 luglio del 2009 - sono la diminuzione della "qualità del credito" e la tendenza a definire orientamenti strategici della politica economica e finanziaria "all'interno di club o di gruppi più o meno estesi di Paesi più sviluppati", cosa che non rispetta il "principio rappresentativo, in particolare dei Paesi meno sviluppati o emergenti".

fonte sito Avvenire.

La nota del mattino del 25 ottobre 2011.


1. L’EUROPA IN BILICO. LE SCELTE SULLA RICAPITALIZZAZIONE DELLE BANCHE, SUL FONDO SALVA-STATI, SULLA GRECIA SONO L’ULTIMO APPELLO PRIMA DEL G20 DI INIZIO NOVEMBRE. I LIMITI E I PROBLEMI DI SARKOZY E DI MERKEL.
L’Europa sta attraversando un momento cruciale. Prima ancora dell’Italia lo sguardo deve rivolgersi alla soluzione dei problemi che da un anno stringono in una morsa tutto il Vecchio Continente. Domani si riunirà l’Ecofin, il consiglio dei ministri europei dell’economia, e l’Eurogruppo, i capi di Stato e di governo dell’area euro. Obiettivo, arrivare a una decisione condivisa sul fondo salva-Stati, sulla ricapitalizzazione delle banche europee impombate dai titoli di stato greci e non solo, sul fallimento governato ( con perdite dal 50 al 60 per cento) per il debito pubblico greco. Non sarà facile raggiungere un accordo che vada bene al parlamento tedesco che fin dalla prima ora con le sue impuntature ha costretto la cancelliere Merkel a negare un sostegno che, dato un anno fa alla Grecia, avrebbe risolto il problema alla radice. E non sarà facile nemmeno per Sarkozy risolvere un problema della capitalizzazioni delle banche francesi impiombate dai titoli di Stato greci. Ma non sarà facile soprattutto per l’Italia, considerata “il” problema dell’Europa, perché se fallisce la Grecia il colpo si può reggere, se fallisce l’Italia si porta dietro tutto il continente.
Da La Repubblica, articolo del premio Nobel per l’economia Paul Krugman. “Se non fosse drammatica, vista con la lente di un umorismo tragico, la crisi europea sarebbe quasi buffa. Il fatto è che a mano amano che uno dopo l`altro i piani di salvataggio si rivelano inefficaci, i Molto Seri Europei appaiono sempre più ridicoli. Prima di affrontare l`aspetto tragico, mi soffermerei su quello tragicomico e sulla vecchia canzoncina per bambini, C`è un buco nel mio secchio», che continua a venirmi in mente. Per chi non la conosce, è la storia di un contadino pigro che si lamenta del buco nel suo secchio. La moglie gli chiede di aggiustarlo, ma ogni azione che la donna suggerisce richiede un`azione precedente. Quando alla fine la moglie gli chiede di prendere l`acqua dal pozzo, lui risponde: «Ma c`è un buco nel mio secchio, cara Liza, cara Liza». Che cosa ha a che fare ciò con l`Europa? La Grecia, il paese da cui è partita la crisi, è diventata una desolante questione secondaria. Il pericolo adesso è rappresentato da un attacco di un qualche tipo ai titoli dello Stato italiano, la terza economia dell`area euro. Gli investitori, temendo un default, per finanziare il debito italiano ora chiedono interessi più alti. Gli alti tassi d`interesse, rendendo più oneroso il servizio del debito, rafforzano il rischio bancarotta. Autoalimentandosi in un circolo vizioso, il timore di un default aumenterebbe il rischio che esso si avveri. Per salvare l`euro, occorre contenere la minaccia. Come? La risposta implica giocoforza la creazione di un fondo in grado di concedere, se si rendesse necessario, prestiti all`Italia (e alla Spagna, anch`essa sotto minaccia) per un ammontare sufficiente da permettere all`Italia di non doversi finanziare agli alti tassi del mercato. Le risorse di un tale fondo non sarebbero poi probabilmente utilizzate, perché l`esistenza stessa del fondo dovrebbe riuscire a spezzare il circolo vizioso della paura. E necessario però che ci sia la disponibilità potenziale per erogare possibili prestiti su larga scala, sicuramente oltre i mille miliardi di euro. Qui sta il problema: le varie proposte per creare questo fondo richiedono in ultima istanza l`avallo dei governi dei principali paesi europei, le cui promesse agli investitori dovranno essere credibili, se si vuole che il piano abbia
successo. L`Italia, però, è uno di questi paesi importanti e non è in grado di salvarsi con prestiti propri. La Francia, la seconda economia dell`area euro, è sembrata ultimamente traballare, suscitando il timore che la creazione di un fondo per i salvataggi dotato di ingenti risorse, appesantendo il debito francese, potrebbe avere innanzitutto l`effetto di aggiungere la Francia alla lista dei paesi in crisi. C`è un buco nel secchio, cara Liza, cara Liza. È chiaro ora quello che intendo per una situazione che richiama un umorismo tragico? Ciò che rende questa storia davvero dolorosa è che le cose non sarebbero dovute andare così per forza. Si pensi a paesi quali il Regno Unito, il Giappone o gli Stati Uniti, che sono in grado di finanziarsi a tassi d`interesse bassi, nonostante debiti e deficit ingenti. Come mai? Il segreto sta per buona parte nell`aver mantenuto la valuta nazionale: gli investitori sanno che in ogni momento questi paesi potrebbero finanziare il deficit stampando nuova moneta. Se la Banca centrale europea potesse fornire un simile sostegno ai debiti sovrani europei, la crisi si ridimensionerebbe drasticamente. Si genererebbe inflazione in questo modo? Probabilmente no. Inoltre, all`Europa potrebbe giovare una leggera inflazione generale, perché un tasso di inflazione generale troppo basso condannerebbe i paesi del Sud dell`Europa a una deflazione distruttiva, rendendo certo il perpetuarsi di alti tassi di disoccupazione e una catena di default. Considerare quest`opzione, si continua a ribadire, è impensabile. Gli statuti con i quali è stata istituita la Banca centrale vieterebbero questo tipo di politiche, anche se, viene da pensare, dei bravi professionisti troverebbero sicuramente un modo legale per aggirare l`ostacolo. Il fatto che il sistema euro nel suo insieme sia stato concepito per combattere l`ultima guerra economica costituisce invece un problema più serio. Il sistema dell`euro è una linea Maginot costruita per evitare un ripetersi degli anni Settanta ed è quindi assolutamente inutile ora che il vero pericolo è una ripetizione degli anni Trenta. Questo sviluppo degli eventi è, come ho detto, è tragico. La storia dell`Europa del dopoguerra ha un profondo valore di ispirazione. Sulle rovine della guerra, gli europei hanno costruito un sistema di pace e di democrazia, creando delle società che, seppure imperfette - e quale società non lo è? - sono probabilmente, da un punto di vista morale, le migliori mai generate dall`intera storia dell`umanità. Questa conquista ora è a rischio perché l`élite europea, nella sua arroganza, ha rinchiuso il Continente in un sistema monetario che ha ricreato le rigidità dello standard aureo e che si è trasformato, come il gold standard degli anni Trenta, in una trappola mortale. L`amara verità è che sempre più il sistema dell`euro sembra condannato. E una verità ancora più amara è che, dati i risultati che il sistema ha prodotto ultimamente, se si risolvesse presto forse per l`Europa sarebbe meglio”.

2. IL PD LO SOSTIENE DA MOLTO TEMPO. ORA E’ CHIARO A TUTTI: IL GOVERNO DI SILVIO BERLUSCONI E’ DIVENTATO L’OSTACOLO PRINCIPALE ALLA RIPRESA DEL PAESE. BERSANI: CON QUESTO GOVERNO NULLA BASTERA’ MAI.
“Siamo di fronte ad un passaggio cruciale, come lo era un mese fa e come lo sarà ancora di più tra una settimana. E sta avvenendo quello che abbiamo detto tante volte, purtroppo inascoltati”. Così il segretario del PD Pier Luigi Bersani ha introdotto la conferenza stampa per ribadire le proposte del PD in risposta alle sollecitazioni dell'Unione europea sulle riforme immediate da attuare in Italia. “Abbiamo assistito a tre anni di assoluta mancanza di riforme e di idee; a tre anni che non hanno prodotto equità; a tre anni di totale assenza di dignità che ci hanno portato a dove non dovevamo essere. Siamo esposti alla crisi e, purtroppo, siamo considerati il rischio per
l'Europa e per il mondo” ha continuato il leader democratico. “Abbiano perso la stima e il rispetto internazionale. Siamo stati derisi e questo è inaccettabile. Ma gli italiani non sono Berlusconi e vanno rispettati! E naturalmente devono però far tutto ciò che è in loro potere per esserlo”. “Ci vengono richieste riforme strutturali per la crescita. Quelle stesse che andiamo da tempo a proporre: misure economiche e sociali da affrontare con equità a partire da un nuovo assetto fiscale, da qualche misura sul lavoro e gli investimenti e dai carichi sulla rendita a cominciare dai grandi patrimoni. Servono un pacchetto di liberalizzazioni effettive, la riduzione del peso delle istituzioni e rivedere il sistema delle pensioni attraverso un meccanismo flessibile basato su incentivi e disincentivi per l'uscita dal mondo del lavoro”. Il messaggio che il PD trasmette a Palazzo Chigi è lo stesso degli ultimi mesi e delle ultime settimane. "Non è credibile che chi non ha fatto nulla per tre anni, domani mattina faccia ciò che serve. Quello che riusciranno a fare sarà sempre poco rispetto a quello di cui c'è bisogno". “Inventeranno condoni e sanatorie che sono un pugno in un occhio alla riforma del fisco. Noi abbiamo una ragione doppia per creare una discontinuità politica altrimenti non usciremo dalla crisi e non saremo credibili: questo governo deve passare la mano! Una situazione politica nuova ci darebbe il tempo di fiducia dell'Europa e dei mercati”. Le dimissioni di Silvio Berlusconi offrirebbero al Paese un "soprassalto di consapevolezza. Le misure abborracciate non sono più sufficienti”.
Il Pd ha dunque presentato le proprie proposte. “Se oggi, con il ritardo che noi abbiamo denunciato da anni, si vuol mettere mano a misure per la crescita, i capitoli sono quelli che abbiamo indicato più volte e che, per larga parte, abbiamo già presentato in Parlamento sotto forma di proposte e disegni di legge e anche di emendamenti condivisi dalle opposizioni alla manovra approvata a colpi di fiducia dalla maggioranza di centrodestra”.
· Una riforma fiscale che carichi su rendite e evasione per ridurre il peso del fisco su produzione e lavoro, anche anticipando misure immediate contro l’evasione fiscale e di imposizione ordinaria sui grandi patrimoni immobiliari, secondo le proposte che il PD ha presentato concretamente in Parlamento in occasione della manovra di agosto, e di alleggerimento del costo del lavoro per sostenere la crescita anche attraverso questa via.
· Un programma di liberalizzazioni effettive, secondo i provvedimenti che il PD ha più volte presentato in dettaglio con proposte ed emendamenti parlamentari. · Una ripresa degli interventi di politica industriale ed energetica, con particolare riferimento al Mezzogiorno, riprendendo l’ispirazione di Industria 2015 che il governo ha boicottato.
· Una deroga selettiva al patto di stabilità interno per consentire ai comuni che ne hanno la possibilità di avviare immediati investimenti e di procedere ai pagamenti verso le piccole imprese. Questa misura può essere agevolmente finanziata con un contributo straordinario a carico degli scudati.
· Misure sul welfare che, a fronte di interventi di riduzione della precarietà dei giovani, correggano in modo flessibile il meccanismo di uscita dal lavoro con incentivi.
· Un piano di dismissione e valorizzazione degli immobili demaniali, secondo il progetto presentato dal PD.
· Un programma di interventi per ristrutturare l’assetto istituzionale centrale e locale, a cominciare dal dimezzamento del numero dei parlamentari, dallo snellimento degli organi di rappresentanza e di governo di Regioni, Province e Comuni, dall’accorpamento degli uffici periferici dello Stato, dall’eliminazione degli organi societari per le società in house dei comuni (oltre 50 mila incarichi) e così via.

3. TRATTATIVE NELLA NOTTE PER EVITARE LA CRISI. MILLE IDEE MA SENZA MAI DIRE LA VERITA’: L’ITALIA DEVE TROVARE ALTRI 15 MILIARDI E FARE UN DECRETO PER LO SVILUPPO CHE BERLUSCONI NON E’ IN GRADO DI FARE.
Pensioni o non pensioni? Dietro il problema dell’età, con la Lega in opposizione, si nasconde in realtà l’ insieme di misure che il governo del centrodestra non è in grado di prendere: mancano dai 15 ai 20 miliardi all’appello per garantire (come segnala Milano Finanza oggi, dopo che ne hanno parlato tutti gli istituti di ricerca, a cominciare dal Nens di Vincenzo Visco) che si arrivi al pareggio quando previsto. L’Europa se ne è accorta ed ha chiesto misure adeguate; non ci sono misure adeguate per la crescita, ma solo un’accozzaglia di micro interventi con pochi effetti. Basti pensare alla riforma degli ordini che dovrebbe essere fatta in un anno, non subito. E non si prevedono norme sulla lotta all’evasione fiscale né interventi sui patrimoni, ma, se possibile, solo sanatorie e condoni. In questo contesto e con l’Europa che aspetta dall’Italia una risposta concreta, ieri notte è andato in onda il grande negoziato per la sopravvivenza.
Da La Stampa, articolo di Amedeo La Mattina. “Trattativa nella notte con lo spettro della crisi dì governo. Il lunedì nero di Berlusconi, dopo il weekend europeo di paura, è affollato di queste voci. Ipotesi circolata a Palazzo Chigi, con lo stesso premier che avrebbe chiesto a Gianni Letta se fosse disponibile a guidare un nuovo esecutivo. Il sottosegretario alle presidenza avrebbe risposto di sì, sottolineando però che bisognerà provare di tutto prima di buttare la spugna. «Gianni, tieniti pronto», sarebbe stata la conclusione pessimista del Cavaliere. Addirittura raccontano che anche il capo dello Stato avrebbe sondato in maniera discreta la possibilità di aprire un paracadute nell`eventualità che non si trovasse un`intesa sulle pensioni. Un`indiscrezione non confermata che contraddice la linea fin qui seguita dal Quirinale, quella di escludere un passaggio di mano di Berlusconi per non esporre l`Italia ad una bufera speculativa. Lo avrebbe escluso pure conversando nei giorni scorsi con la Cancelliera Merkel che chiedeva lumi al presidente della Repubblica. Ma tutto questo è roba dei giorni scorsi, appunto, perché la situazione si è fatta alquanto pesante dopo che a Bruxelles è stato detto a Berlusconi che il problema è lui. Non è un caso che ieri al Consiglio dei ministri, convocato d`urgenza, il nostro premier ha raccontato che in Europa c`è «un clima ostile» nei nostri confronti. Un «clima ostile» che lui avrebbe cercato di ribaltare. «Essere paragonati alla Grecia è una follia». Insomma, siamo al discorso «noi non accettiamo lezioni da nessuno». Detto questo però Berlusconi ha spiegato a Bossi che ci troviamo «con le spalle al muro». «Non possiamo evitare di fare la riforma delle pensioni e se cadiamo non mi salvo né io né tu». Messaggio chiaro del tipo «non pensare che nella Lega continuerai a comandare, perché Maroni non aspetta altro che farti la pelle». Il Cavaliere gli ha fatto presente che certi ambienti non aspettano altro che fare un «Grande centro» in cui non c`è posto per il Carroccio. Sarebbero gli stessi ambienti che «avvelenano i
pozzi in Europa». In ogni caso «chi mi attacca ogni giorno non riuscirebbe mai a mettere insieme una maggioranza parlamentare in grado di compiere quelle scelte storiche che ci consentiranno di uscire dalla crisi». Nella sala del governo è calato il gelo. Sono molti i ministri che non credono più alla possibilità di farcela. E il silenzio dei tre ministri leghisti Bossi, Maroni e Calderoli è stato eloquente sul fatto che la Lega non è disposta a sbloccare la situazione sul versante delle pensioni. Ci ha provato Berlusconi nel vertice prima del Cdm e ha continuato a provarci nella riunione serale con un`ipotesi di mediazione che viene definita «al ribasso», cioè non in grado di consentire al Cavaliere di presentarsi mercoledì a Bruxelles superando l`esame. Letta ha spiegato che invece bisogna mettere le misure nero su bianco sotto forma di una proposta convincente, «altrimenti si rischia di andare a Bruxelles allo sbaraglio». Per il sottosegretario una cosa deve essere chiara: il presidente del Consiglio potrà partecipare al summit Ue solo se ci saranno le condizioni per un`intesa nella maggioranza. «Berlusconi non può diventare il capro espiatorio delle divisioni nel governo».
Berlusconi avrebbe intenzione di inviare un documento di indirizzo all`Ue per indicare punti e scadènze delle misure della crescita allo studio del governo. Per Tremonti però non bisogna scendere troppo nel dettaglio per evitare che siano altri Paesi a determinare scelte che competono all`Italia. A detta dei presenti, il ministro dell`Economia è rimasto sul vago. «Un intervento generico», lo ha definito un ministro. Anzi, l`impressione è stata che Tremonti frenasse sulla possibilità di varare misure prima dell`appuntamento a Bruxelles.
Bossi è rimasto silente per tutta la riunione del Cdm, ma alla fine ha detto che «le pensioni non si toccano, non è giusto far pagare la crisi ai pensionati». Non è però detta l`ultima parola. La trattativa nella notte potrebbe portare ad un risultato perché il Senatur ha ben presente di trovarsi sul ciglio del precipizio. Non vuole che si proceda con decreto: solo un disegno di legge e in ogni caso le pensioni di anzianità non si toccano. Su questo «non cediamo di un millimetro». A questo punto, spiega un ministro, «o Berlusconi accetta di andare a Bruxelles con una proposta equivoca e al ribasso, rischiando di essere bocciato, o rimette il mandato e affida a Letta il compito di tentare un`operazione dolorosa».
Ecco, lo spettro di un nuovo governo ieri sera si aggirava nelle stanze di Palazzo Chigi. Prima che iniziasse il Cdm, mentre Berlusconi e Bossi discutevano in una stanza a parte, alcuni ministri già discutevano di questa eventualità. «Chi metterebbero al posto tuo?», si chiedevano l`un l`altro”.

4. SI MOLTIPLICANO LE LEGGI AD PERSONAM. ORA ANCHE UNA NORMETTA PER GESTIRE DA UNA POSIZIONE DI FORZA IL DIVORZIO CON VERONICA. UN PAESE APPESO AI PROBLEMI PERSONALI DI UN UOMO SCREDITATO.
Mentre l’Italia e l’Europa sono in bilico, ecco emergere dal testo in bozza dell’ipotetico decreto sviluppo l’ennesima norma ad persona. Questa volta si tratta di eredità: la legittima per i figli può essere ripartita in parti non uguali da chi fa testamento. La ragione? Le trattative per il divorzio tra Berlusconi e Veronica Lario, secondo tutti i quotidiani.
Da La Stampa. Articolo di Paolo Colonnello e Francesco Manacorda. “Chi lo frequenta assicura che tra i molti fantasmi di questi mesi - la magistratura che lo insegue, gli alleati che non lo lasciano lavorare, il risarcimento da 560 milioni alla Cir - ce ne sia uno
che ha ormai le caratteristiche di una vera ossessione. Come potrà mai sistemare il suo asse ereditario - si chiede Silvio Berlusconi - tra i figli avuti dal primo e dal secondo matrimonio? E in particolare come potrà farlo se il divorzio con Veronica Lario non andasse in porto?
La posta in gioco, ovviamente, è uno dei maggiori patrimoni italiani. A marzo di quest`anno, dunque prima della crisi dei mercati finanziari, la rivista Forbes segnalava «Silvio Berlusconi and family» al terzo posto in Italia e al ll8 ° nel mondo con una fortuna di 7,8 miliardi di dollari, che starebbe a dire 5,6 miliardi di euro. Leviamoci pure un miliardo che da inizio anno la Fininvest ha perso per il calo in Borsa delle sue partecipazioni, sottraiamo il mezzo miliardo che veleggia verso l`odiata Cir; restano pur sempre 4 miliardi di patrimonio familiare di cui almeno 3 sono proprio del Cavaliere. L`idea del Berlusconi è sempre stata quella di dividere l`enorme patrimonio personale -per sommi capi il suo 65% di Fininvest che controlla i1 40% di Mediaset, il 50% di Mondadori, il 35% di Mediolanum e tutto il Man, cui si aggiunge un megaimpero immobiliare che spazia da Villa Certosa alle Bahamas - in modo sostanzialmente paritetico tra i figli di primo e secondo letto. Da una parte Marina e Piersilvio, che nell`ultimo decennio hanno contribuito con il loro impegno ad accrescere il patrimonio familiare; dall`altra Barbara, Eleonora e il giovanissimo Luigi, ancora a cavallo tra gli studi e i primi incarichi nei cda, che si sarebbero divisi in tre l`altra metà. Una divisione, però, che ha sempre trovato contraria Veronica: fu proprio lei a spingere, nel 2005, perché Berlusconi assegnasse ai tre figli di secondo letto una quota complessiva del 21,4% della Fininvest equiparandoli di fatto ai due eredi di primo letto che hanno il 7,65% ciascuno. Alla difficoltà di trattare equamente gli eredi si aggiungono le vicende coniugali. Nell`agosto 2010, quando la separazione consensuale tra la ex «first couple» italiana sembrava cosa fatta, proprio da parte di Veronica arrivò un improvviso stop alla soluzione negoziata. Colpa del forte divario tra quanto chiesto inizialmente dalla (ancora oggi) moglie del Cavaliere - oltre 40 milioni lordi l`anno - e i 7 milioni annui invece proposti. Secondo alcune indiscrezioni il cambio di strategia in quell`occasione è stato radicale: contando su innegabili dati anagrafici-la signora Lario è del 1956, il Cavaliere ha vent`anni di più - Veronica avrebbe deciso di negare la consensuale in modo da non escludere un suo ruolo come possibile erede. E se Berlusconi decidesse comunque di andare avanti con il divorzio, visto che nella primavera del 2012 scadrà il canonico triennio di separazione, s`imbarcherebbe in un divorzio per colpa per il Quale - a leggere i giornali - non mancherebbero alla controparte gli argomenti. Con le attuali norme successorie, se per ipotesi Veronica dovesse essere ancora coniugata Berlusconi quando Berlusconi non ci fosse più, a lei andrebbe il 25% dell`eredità, mentre un altro 50% andrebbe diviso in parti uguali tra i cinque figli. Assieme ai tre figli, insomma, avrebbe il 55% del 65% dellaFininvest oggi in mano al Cavaliere, che aggiunto al 21,4% già in possesso dei tre Berlusconi più giovani assicurerebbe la maggioranza assoluta della holding. Ma anche se alla fine divorzio sarà, la norma infilata ieri nel decreto sviluppo servirà – come molti sospettano – proprio a risolvere la vicenda dei Buddenbrook di Arcore? Nell`entourage legale del Cavaliere il testo viene apparentemente disconosciuto. «Non ne ho mai sentito parlare - taglia corto l`avvocato di fiducia e parlamentare Niccolò Ghedini - e comunque non vedo il problema». Di fatto con regole che lasciano maggiore autonomia al genitore nel decidere il Patto di Famiglia e - nel caso in cui a spartirsi l`eredità siano solo i figli - permette di dividere in parti uguali solo un terzo del patrimonio, distribuendo poi in proporzioni diverse il restante terzo, il progetto del Cavaliere di una divisione alla pari tra i due «ceppi» familiari potrebbe essere più vicino