26 giugno 2019

INCONTRO PUBBLICO CON L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE


O Capitano, mio Capitano

di Massimo Gramellini | 22 giugno 2019 - Corriere della Sera
Ci sono momenti in cui essere ultimi significa essere uomini. Quando il palazzo comunale è stato espugnato dalle fiamme, il sindaco di Rocca di Papa ha preso la direzione opposta rispetto a quella suggerita dall’istinto di sopravvivenza e dal buonsenso. Mentre impiegati e cittadini si affrettavano verso l’uscita, lui fendeva la corrente al contrario per setacciare le stanze invase dal fumo, in cerca di qualche ritardatario bisognoso di aiuto. Sospingeva gli altri verso la salvezza e intanto si dimenticava della propria. Per indole, certo: l’anno scorso aveva inchiodato l’auto in mezzo alla strada per soccorrerne un’altra che aveva preso fuoco. Ma anche per rispetto del ruolo. La nave del Comune stava andando a picco e lui era il Capitano. Nessuno ha dovuto intimargli di ritornare a bordo. Ci è rimasto con semplicità, quasi con disinvoltura (l’epica diventa tale solo nel racconto), nonostante tutto gli bruciasse intorno e dentro. Come se restare fosse l’unica cosa da fare.

L’unica e l’ultima. Oltre a devastargli la pelle, l’incendio gli ha intossicato i polmoni. Dopo dieci giorni di agonia, il sindaco Emanuele Crestini, barista laureato, si è spento al reparto Grandi Ustionati del Sant’Eugenio di Roma. Lo useranno come esempio da contrapporre ai comandanti vigliacchi di terra e di mare. Gli daranno medaglie. Gli diranno: eroe, uomo di Stato. Io preferirei ricordarlo semplicemente come un uomo. Siamo un Paese incattivito, ma non del tutto, non in tutti.