7 agosto 2015

SBAGLIATO NON MANTENERE IL SAN GERARDO, GIUNTA RIMANDATA A SETTEMBRE

Il nuovo assetto di Monza Brianza dopo il voto della riforma sanitaria per il PD è poco funzionale, si attendono i monitoraggi promessi in autunno

La tanto contrastata riforma della governance della sanità lombarda votata mercoledì sera dal Consiglio regionale prevede la revisione dell'assetto della rete ospedaliera e il superamento delle Aziende Ospedaliere attraverso l'istituzione di aziende sociosanitarie territoriali.

Per nulla soddisfatto Enrico Brambilla che spiega: "Il ridisegno della rete ospedaliera approvato dalla maggioranza divide il territorio in maniera poco funzionale e ciò dipende dal non aver voluto mantenere autonoma l'azienda ospedaliera del San Gerardo, come da noi proposto. In tal caso si sarebbe potuta costituire un'unica ASST della Brianza con i due poli ospedalieri di Vimercate e Desio. Già a settembre, grazie a un nostro ordine del giorno approvato all'unanimità, si tornerà a ragionare sull'assetto territoriale. Per la Brianza saranno necessari gli esami di riparazione".

Già in autunno, infatti, sarà valutata la conservazione di alcune AO. Almeno secondo quanto stabilito da una norma transitoria contenuta nella legge di riforma e rafforzata dall'ordine del giorno che il PD ha fatto approvare. Il Niguarda di Milano, gli Spedali Civili di Brescia, il Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il Circolo e Fondazione Macchi di Varese e il San Gerardo di Monza dovranno essere monitorati dalla Giunta al fine di un approfondimento necessario per prevedere la costituzione di specifiche aziende ospedaliere per quelle strutture che ne hanno i requisiti.

Questi 5 ospedali lombardi infatti, come da decreto Balduzzi, si caratterizzano per essere "hub" per via della presenza di almeno 5 alte specialità (EAS) per gli interventi a più elevata intensità e complessità, dedicate all'emergenza urgenza e equipe specializzate.

6 agosto 2015

La grande incompiuta di Maroni

Maroni porta dunque a casa l'agognata e travagliata riforma sanitaria e, sornione, ringrazia le opposizioni, perché, dice, se ci fosse stato lui al loro posto, si sarebbe andati sicuramente a settembre.
Ma che cosa porta di nuovo questa riforma?

Maroni sostiene che offra un modello per i prossimi 20 anni di sanità e welfare in Lombardia. Il tutto passerebbe da un fortissimo legame degli ospedali con il territorio a partire dal quale si potrà dare risposte innovative e sviluppare l'eccellenza del sistema sanitario lombardo.

Noi siamo propensi a credere che sia in agguato il rischio di un grande equivoco: va bene rinsaldare il legame degli ospedali con i territori, ma attenzione a non farli soffocare nell'erogazione di prestazioni che avranno sempre più a che fare con la cronicità e le lungo degenze e non saranno in grado di stare al passo con le grandi partite della sanità europea e internazionale. La sanità territoriale va fatta rinascere, dopo la vera e propria decimazione che i servizi di prossimità ai cittadini hanno progressivamente subito nella stagione formigoniana e post-formigoniana, ma non va persa di vista la necessità che ricerca e sviluppo non siano esclusivamente appiattite sulle necessità del territorio.

Da questo punto di vista, come ha sottolineato nel suo intervento conclusivo in aula il nostro capogruppo Enrico Brambilla, questa riforma è una grande incompiuta, perché si limita a disegnare un più che ipotetico nuovo sistema di governance e non offre reali prospettive di sviluppo e innovazione di un sistema sanitario che rischia di rimanere ostaggio dei precari equilibri di forza della maggioranza maroniana.