Negli ultimi due anni il Partito Democratico, dopo la drammatica sconfitta del 2018, è tornato politicamente centrale, è salvo e più forte, ha governato l'Italia con risultati positivi e, grazie a donne e uomini straordinari, è tornato a vincere in molti Comuni e Regioni. Un Pd autonomo e forte in coalizioni competitive. Questa è stata ed è la strategia da perseguire. La vocazione maggioritaria che dobbiamo coltivare, non significa isolamento o settarismo.
Ciò che si è realizzato in questi anni costituisce un patrimonio di tutti.
Eppure puntuali, quando le cose stavano migliorando, sono tuttavia tornati i soliti rumori di sottofondo e permanenti. Nessuna reale proposta politica alternativa, ma un lungo e strisciante lavorio distruttivo che stava allontanando il PD dalla realtà. Non c'entra niente il pluralismo o la collegialità, che rappresentano condizioni essenziali di un partito e che anzi in questi due anni hanno avuto nel PD una nuova cittadinanza: quello che si è affermato è stato il rifiuto di sviluppare il confronto nelle sedi proprie per poi promuovere continue polemiche pubbliche. Mentre gli altri partiti rilanciavano il loro progetto, noi rischiavamo di implodere.
Non si poteva andare avanti così.