28 luglio 2018

Il quinto anno in Siria senza una verità su padre Dall'Oglio

Continua il mistero sulla sorte del gesuita con cui si sono persi i contatti il 29 luglio del 2013. Il fratello Giovanni: «La profezia di Paolo ora è riconosciuta da tutti»

Era, probabilmente, il disperato soccorso alla “Primavera siriana” quella «mediazione» cui padre Paolo Dall’Oglio non si era sottratto. «Torno in Siria. Questo è il numero dei miei, se dovesse servire», diceva salutando i giornalisti amici pochi giorni prima. Le ultime immagini sul Web ritraggono il gesuita fra studenti inneggianti alla Siria libera davanti a una chiesa armena di Raqqa. Erano i giovani di padre Paolo, cui aveva legato la sua vita, fino a tentare quella «mediazione». Poche ore dopo, il 29 luglio 2013, iniziava il silenzio che dura sino ad oggi. Forse una trattativa per un ostaggio rapito, forse il tentativo di aprire un canale di dialogo con lo Stato islamico dell’Iraq e del levante che a Raqqa stava aprendo uffici e insediando milizie: la prima città conquistata completamente dai ribelli al regime non era ancora la “capitale” del Daesh. Un anno dopo, il 29 giugno del 2014, Abu Bakr al-Baghdadi, con il discorso alla moschea di al-Nouri a Mosul, avrebbe messo il suo macabro sigillo anche su un pezzo di storia della Siria. Ma non era quello il disegno dei primi sei mesi della rivolta in Siria.E proprio per questo la scomparsa a Raqqa del prete del dialogo islamo-cristiano espulso dal regime, pare, più che una resa, l’ultimo estremo tentativo di opporsi, con la sua presenza fisica, con il suo corpo, a una deriva che – complice quella che Dall’Oglio chiamava la «criminale indifferenza internazionale» – sembrava una necessità.Cosa sia stato per la Siria questo lustro di silenzio di padre Paolo Dall’Oglio, lo dimostra plasticamente la stessa Raqqa. Per tre anni centrale del terrore “nazi-jihadista” del Daesh, e ora, dopo mesi di assedio, rasa al suolo. Un gorgo di violenza, mentre regime e forze russo-siriane, procedevano alla “riconquista”, che ha sventrato in altri assedi medievali Homs, parte di Aleppo, la Ghouta orientale, oltre che la capitale dei jihadisti. Un indistinto, per fare di ogni opposizione un «terrorista». Una tragedia che ha quasi cancellato una nazione e prodotto una bomba migratoria incontenibile nel Mediterraneo. Negata ormai qualsiasi ragione a chi nel 2011 da Daraa aveva iniziato a marciare dietro alle insegne di «pane e libertà». E ieri a Sweida, non lontano da Daraa, il Daesh, ufficialmente sconfitto, si è all’improvviso rimaterializzato: assalti kamikaze in serie a villaggi capaci di fare oltre 220 vittime, di cui 127 civili. Un rigurgito, forse l’ultimo, della guerra civile. Ma da 5 anni, nell’attesa del ritorno di padre Paolo Dall’Oglio, la sua profezia inerme e spietata invoca un’altra Siria.