di Sarah Brizzolara -
ImmaginaLe elezioni presidenziali di quest’anno sono da molte persone definite come “climate elections”.
Il primo dibattito televisivo tra Donald Trump e Joe Biden che si è svolto il 29 settembre scorso, è stato anche il primo dibattito presidenziale del Ventunesimo secolo in cui sono state presenti domande relative alla crisi climatica.
Trump dall’inizio del suo primo mandato nel 2016 ha da sempre definito la crisi climatica come “una bufala inventata dai cinesi per minare la competitività dell’industria americana” e “an expensive hoax”, ovvero una bufala costosa (fonte: https://www.bbc.com/news/world-us-canada-51213003 ). Arrivando a notificare l’uscita dagli Accordi di Parigi.
Uscita che avverrà il 4 novembre 2020, il giorno successivo alle prossime elezioni presidenziali degli Stati Uniti, creando un precedente per altri Paesi.
La presenza di un negazionista climatico alla Casa Bianca e l’assenza degli USA non invaliderebbero comunque l’Agreement, ma renderebbe ancora più difficile rimanere sotto l’aumento di temperatura media di 2 gradi che gli scienziati dell’IPCC segnano come soglia da non superare per evitare effetti incontrollabili legati alla crisi climatica, tra cui la scarsità di risorse idriche e alimentari, migrazioni e guerre civili.
Joe Biden, invece, si è collocato sul versante opposto, annunciando un piano che porterebbe gli USA a diventare leader globale nella mitigazione della crisi climatica, con investimenti di 1750 miliardi di euro per riuscire a raggiungere le zero emissioni nel 2050 e cessare la dipendenza dalla fonti fossili già nel 2035.