17 dicembre 2020

Populismo vs buon senso. Cosa si nasconde dietro i meccanismi che governano alcuni social

di Donato Apollonio - Immagina

“È molto semplice. Abbiamo disattivato Twitter. Ne siamo rimasti alla larga. Sapevamo che il paese si trovava in uno spazio mentale diverso da quello dei social network”. Queste le parole di un collaboratore di Joe Biden confidate al corrispondente politico di CBS News Ed O’Keefe in merito alla strategia di comunicazione adottata durante la corsa alla Casa Bianca. Il senno del poi gli ha dato ragione. In effetti sono sempre più frequenti i pareri di vari comunicatori politici specie di sinistra che convergono verso un sostanziale abbandono dei social.

Ma per comprendere bene la questione è necessario analizzare a fondo i meccanismi che governano alcuni social. Purtroppo però non essendoci manuali in proposito, possiamo solo fare deduzioni basandoci su osservazioni empiriche e ipotizzando che l’obiettivo prevalente dei proprietari delle varie piattaforme sia il profitto, la cosiddetta monetizzazione per usare un termine in voga.

Ciò premesso, le direttrici lungo le quali si articolano le strategie sono essenzialmente due. La prima conduce verso l’arcinoto fenomeno delle bolle mediatiche. Le intelligenze artificiali sono straordinariamente brave a trovare affinità tra utenti alimentando noti bias cognitivi di cui tutti noi, volenti o nolenti, siamo vittime. Se venti anni fa qualcuno provava a sostenere al bar che la Terra è piatta, veniva preso in giro dagli altri avventori e la cosa finiva lì. Se adesso quella stessa persona dice la stessa cosa in un post sui social, il lungo sguardo di una gigantesca rete neurale, come l’occhio di Sauron, fa in modo che quel post sia visto da altri terrapiattisti sparsi su tutto il globo terrestre.