22 dicembre 2020

Vivere in un ambiente sostenibile è un diritto universale, serve un nuovo modello ecologista

di Sarah Brizzolara - Immagina

Il 12 dicembre 2015 è stato approvato l’Accordo di Parigi, il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sulla crisi climatica, che impegna gli Stati membri della Convenzione Quadro delle nazioni Unite sui cambiamenti climatici a mantenere l’aumento della temperatura globale “ben al di sotto di 2 °C e proseguendo l’azione volta a limitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali.” (articolo 2.1 dell’Accordo di Parigi).

Negli ultimi 150 anni il clima della Terra è cambiato in modo significativo a causa dei gas serra e della perdita di foreste e zone umide, conseguenze delle attività dell’uomo. 2 gradi è fissato come il confine ultimo e invalicabile per le politiche climatiche. Cifra che secondo il gruppo di scienziati dell’IPCC (Pannello Intergovernativo sul Cambiamento Climatico) porterebbe comunque sulla soglia di irreversibilità l’esistenza di molti equilibri naturali e ecosistemi terrestri. Perché, secondo gli scienziati, a livello naturale il clima è cambiato di massimo un grado centigrado nell’arco di 150 anni.

Ad oggi, secondo Climate Action Tracker, solo il Marocco e il Gambia hanno presentato degli INDC (Contributi Determinati a livello nazionale) in linea con il raggiungimento degli Accordi di Parigi.