30 gennaio 2012

La scomparsa di Scalfaro. Il cordoglio del Partito Democratico.

Bersani: "Non abbandoneremo le sue battaglie".



Grande il cordoglio del Partito democratico, tanti esponenti del PD hanno voluto esprimerlo pubblicamente.

Per il segretario del PD, Pier Luigi Bersani “Sono moltissimi i ricordi che Oscar Luigi Scalfaro lascia a chi ha avuto la fortuna di conoscere la sua umanità, la sua intelligenza, i suoi valori, la sua passione per la Costituzione e per l'Italia. I democratici oggi inchinano per lui le loro bandiere e ricordano soprattutto un grande presidente della Repubblica, che seppe guidare il nostro Paese in una delle sue stagioni più difficili e difese le istituzioni nel mezzo di una delle crisi più gravi. Lo fece con una decisione, una lucidità e un equilibrio impossibili da dimenticare.

La Costituzione, che aveva contribuito da giovanissimo a scrivere, era per lui, uomo di profonda fede religiosa, qualcosa di laicamente sacro. In nome della Costituzione ha difeso la centralità del Parlamento, il rispetto della legalità e la dignità delle istituzioni. Verso di lui come italiani e come democratici abbiamo una riconoscenza infinita e un grande dovere: non abbandonare le sue battaglie, ricordando sempre che la nostra è la Costituzione più bella del mondo, e continuare a impegnarci per l'idea di Italia che ha prima costruito e poi difeso nel corso di tutta la sua vita”.

"Giovani, non arrendetevi mai" furono le parole con cui Scalfaro si rivolse ai giovani nella sua ultima intervista, trasmessa da Youdem il 22 dicembre 2012.

E' morto Scalfaro, dalla parte della Costituzione.

L'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro è morto ieri notte a Roma. Era nato a Novara il 9 settembre 1918 ed era stato il nono presidente della Repubblica italiana, dal 1992 al 1999. Laureato in giurisprudenza e brevemente magistrato a metà degli anni Quaranta, durante il fascismo, entrò in parlamento per la prima volta nel 1946 e fece parte dell’Assemblea Costituente, eletto nella Democrazia Cristiana. Nel corso della sua lunghissima carriera politica e parlamentare (fu deputato dal 1946 al 1992) fece parte della cosiddetta “ala destra” della Democrazia Cristiana, quella più conservatrice e anticomunista, di cui facevano parte Mario Scelba (che ne fu il politico di riferimento tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta) e Guido Gonella.

Scalfaro fu diverse volte sottosegretario nel corso degli anni Cinquanta e, in seguito, ministro: dei Trasporti, nel primo governo Andreotti (febbraio-giugno 1972) e della Pubblica Istruzione, nel secondo governo Andreotti (giugno 1972-luglio 1973). Negli anni Settanta fu decisamente contrario al divorzio e sostenitore del referendum abrogativo della legge. Tornò agli incarichi di governo nel 1983, nominato ministro dell’Interno da Craxi. Rimase ministro dell’Interno per quattro anni, dal 1983 al 1987.

Venne eletto presidente della Repubblica in una delle votazioni più celebri e più discusse della storia repubblicana: Scalfaro era presidente della Camera dei deputati da circa un mese quando iniziarono le votazioni, dopo le dimissioni di Francesco Cossiga, e non era considerato tra i favoriti. Ma continuava a mancare un accordo tra i parlamentari (ci furono quindici votazioni senza che si arrivasse a un accordo) fino a quando, il 23 maggio 1992, Giovanni Falcone, la moglie e tre agenti della scorta vennero uccisi in un attentato vicino allo svincolo autostradale di Capaci, a pochi chilometri da Palermo. Il 25 maggio 1992 Scalfaro venne eletto a larghissima maggioranza, al posto dei ben più quotati Spadolini e Andreotti.

La sua presidenza della Repubblica fu molto controversa, per il modo in cui gestì alcune situazioni di difficoltà politica e istituzionale nei primi anni Novanta, quelli di Tangentopoli e della fine della Prima Repubblica. Suscitarono molte polemiche e contrapposizioni molto nette le sue scelte di nominare Giuliano Amato presidente del Consiglio, nel 1992, il suo rifiuto di firmare il decreto legge Conso che avrebbe depenalizzato il finanziamento illecito ai partiti (1993), e un suo discorso del 3 novembre 1993, che pronunciò in televisione a reti unificate (interrompendo una partita di Coppa UEFA) per difendersi da uno scandalo sulla gestione di fondi pubblici che coinvolgeva sua figlia, il ministro dell’Interno Mancino e i servizi segreti del SISDE: il celebre discorso dell’”Io non ci sto”.

Tra i molti momenti controversi della sua presidenza ci furono poi l’opposizione alla nomina di Cesare Previti a ministro della giustizia nel primo governo Berlusconi, e il rifiuto, nel dicembre del 1994, di sciogliere il parlamento, che aprì la strada alla nascita di un governo guidato dall’ex ministro del Tesoro Lamberto Dini (il cosiddetto “ribaltone”). Dopo la fine del suo mandato presidenziale divenne senatore a vita, e in quanto senatore più anziano (dopo Rita Levi Montalcini, che rifiutò l’incarico) nell’aprile del 2006 fu brevemente (un paio di giorni) presidente del Senato, prima che venisse eletto il presidente (che sarà Franco Marini). Fu uno degli ultimi momenti di notorietà nazionale della sua attività pubblica, che però continuò anche dopo quella data: a metà dicembre del 2011 concesse un’intervista con alcuni giovani del Partito Democratico, trasmessa da YouDem. Quattro anni prima aveva dichiarato il suo appoggio al Partito Democratico, pur senza iscriversi.

Fonte il Post



La nota del mattino del 30/01/2012.

1. LA BATTAGLIA DELL’EURO. OGGI IL CONSIGLIO D’EUROPA DECIDE SU FISCAL COMPACT, RILANCIO DELL’OCCUPAZIONE E CRISI GRECA. CRESCE IL RUOLO DELL’ITALIA.
Si riunisce oggi a Bruxelles il Consiglio d’Europa, cioè il summit tra i capi di Stato e di governo dei 27 paesi dell’Unione. L’obiettivo di questo vertice è di varare finalmente una strategia europea che disinneschi la mina della tempesta finanziaria e avvii una nuova fase verso una maggiore integrazione tra i paesi comunitari. Più in particolare all’ordine del giorno dell’incontro vi sono: l’accordo sul cosiddetto fiscal compact, cioè il trattato sul rigore nella tenuta dei bilanci pubblici e nel rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo di ciascun paese; la soluzione per la crisi greca (per aprire ad un maggiore impegno finanziario, la Germania ha chiesto il commissariamento della Grecia, ma questa richiesta è stata respinta al mittente); decidere a quanto deve ammontare la dotazione dell’Esm, il fondo salva Stati definitivo; varare un piano per la crescita e l’occupazione, accanto alle decisioni caratterizzate dal rigore. Da quest’ultimo punto di vista la novità è rappresentata dalla possibilità che una rivisitazione nella gestione dei fondi strutturali europei possa liberare 82 miliardi di euro da impegnare per tale finalità. L’Italia potrebbe utilizzare 7,9 miliardi di euro. Un jolly per Mario Monti, come scrive oggi La Stampa.
All’Italia e a Mario Monti tutto il resto d’Europa ora guarda per il ruolo di mediazione tra Germania e Francia, ma anche tra Europa continentale e Gran Bretagna. Sarkozy ha annunciato che dall’estate la Francia applicherà la Tobin tax, cioè la tassa sulle transazioni finanziarie che in tutta Europa i progressisti propongono da tempo per recuperare le risorse da utilizzare per fronteggiare il problema dei dediti sovrani.

2. LA BATTAGLIA DEL WELFARE. MERCOLEDI’ E GIOVEDI’ RIPRENDE IL CONFRONTO GOVERNO-PARTI SOCIALI. E I GRANDI GIORNALI TIFANO PER L’ABBATTIMENTO DELL’ARTICOLO 18. LA PROPOSTA DEL PD SU OCCUPAZIONE, PRECARIETA’, MERCATO DEL LAVORO E AMMORTIZZATORI SOCIALI.
Riprende questa settimana il confronto sull’occupazione, sulla precarietà e sul mercato del lavoro tra governo e parti sociali. I più importanti quotidiani italiani, Il Corriere della Sera e La Repubblica, fanno esplicitamente il tifo per un superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. L’ex segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, oggi ribalta la visione descritta nei giorni scorsi da due quotidiani. L’articolo 18 divide anche la Confindustria: i due candidati alla successione di Emma Marcegaglia hanno posizioni completamente diverse sull’argomento. Bombassei punta dritto all’abolizione dell’articolo 18. Squinzi sostiene che è un falso problema. La proposta del Pd, articolata in diversi punti di intervento e derivata dalle assemblee territoriali e nazionali svolte nei mesi scorsi, è il contributo del Pd al tavolo delle trattative tra governo e parti sociali.
Da L’Unità. Articolo di Guglielmo Epifani. “Il confronto tra governo e parti sociali sul riordino del mercato del lavoro è oggetto di forti pressioni da parte dei due principali giornali del Paese. L`editoriale di ieri del «Corriere della sera» invitava il governo a procedere speditamente per non dare l`impressione di usare due pesi e due misure nei
confronti delle costituency sociali di centrodestra e centrosinistra. L`abolizione della cassa integrazione e il superamento dell`articolo 18, insomma, dovrebbero riequilibrare gli interventi sulle liberalizzazioni. Si tratta evidentemente di una tesi senza capo né coda: infatti i durissimi interventi sulle pensioni come e dove andrebbero collocati? E l`inopinato aumento delle accise sui carburanti con il conseguente effetto sull`inflazione? E come si può pensare di fare un confronto prescindendo dal merito e dal rapporto che questo ha con la condizione dell`occupazione, su cui la crisi continua a incidere, o con l`assenza confermata dal governo delle risorse necessarie per una profonda riforma che allarghi le tutele e non le riduca? Ma anche Eugenio Scalfari su Repubblica ha ripreso ieri il tema della responsabilità del sindacato in occasione delle più gravi crisi del Paese, invitando la Cgil e le altre confederazioni a fare anche adesso la loro parte e a sostenere lo sforzo del governo. L`esortazione di Scalfari è comprensibile, ma meno convincente è mettere assieme stagioni politiche e sociali tanto diverse e soprattutto non affrontare i temi di merito e la natura delle questioni che possono dividere sindacati e governo. Entrambi gli articoli in realtà sono figli di una medesima preoccupazione ma rimuovono il merito, mentre sarà proprio questo a segnare l`esito del confronto, tanto più necessario in quanto non è la concessione a un rito nostalgico o alla difesa di interessi corporativi, bensì il rispetto che si deve a chi da tre anni, giorno dopo giorno, è impegnato a governare crisi, ristrutturazioni e licenziamenti. C`è infatti una grande distanza tra gli schemi astratti e la realtà che si vive. Ad esempio: superare la cassa straordinaria in questa crisi vuol dire licenziare centinaia di migliaia di lavoratori. Si vuole questo? Si abbia il coraggio di dirlo. Non lo si vuole? Allora si discuta. La stessa questione della precarietà che va sradicata deve partire dal superamento delle 46 forme e tipologie di contratti oggi esistenti e dai differenziali di costo che rendono troppo conveniente il loro uso. In sostanza bisogna affrontare i punti di merito del documento unitario Cgil, Cisl, Uil e poi lavorare per trovare le soluzioni condivise. Circola una strana teoria del tabù. Può qualcuno spiegare perché, a proposito di esperienze europee, nessuno mai fa riferimento al modello tedesco (che nella crisi ha perso meno lavoro e tiene i lavoratori in azienda, riducendo gli orari di lavoro con lo Stato che integra le retribuzioni)? E ancora: se si aumenta l`età di permanenza al lavoro, quando si affronta il tema della seniority e cioè delle nuove tutele e possibilità dei lavoratori ultrasessantenni per evitare che le aziende li mettano fuori dall`organizzazione produttiva? E quando si parla di mobilità a cosa ci si riferisce? Ai licenziamenti? Alla mobilità di un lavoratore sardo o siciliano? A una presunta rigidità del lavoro italiano, magari a causa dell`articolo 18? Perché, se fosse così, è evidente la clamorosa inversione tra cause ed effetti nel leggere la situazione produttiva e sociale italiana. Altri sono i temi da affrontare più utilmente: la formazione, la formazione permanente, l`apprendistato per i giovani e i contratti di inserimento per le persone svantaggiate, la flessibilità nell`organizzazione del lavoro. Tutti temi che possono far crescere la produttività aziendale insieme con gli investimenti e l`innovazione di prodotto. Il governo ha di fronte a sé due strade: aprire un confronto vero, ascoltare le ragioni di chi giorno dopo giorno si sforza di governare gli effetti di una crisi devastante, ricercare le migliori soluzioni che su questa materia sono quelle condivise; oppure procedere secondo le proprie convinzioni, magari dopo una serie di incontri rituali. In queste ultime settimane il Paese è stato attraversato da tanti e complessi movimenti di protesta, molti dei quali tuttora in corso. L`Italia non ha bisogno di altre divisioni e conflitti, semmai di coesione e giustizia nei sacrifici. Ci vuole perciò
responsabilità e misura anche in questa occasione e in questo confronto. Anche perché una divisione sociale più profonda non lascerebbe inalterato lo stesso quadro politico”.
Il Contributo del Partito Democratico al confronto tra forze sociali e governo sul tema del lavoro, in coerenza con le proposte approvate dall’Assemblea Nazionale del Pd del maggio 2010 e dalla Conferenza per il lavoro di Giugno 2011.
Il cambiamento della politica macroeconomica nell’area euro per uno sviluppo sostenibile è condizione necessaria per aumentare l’occupazione e contrastare la precarietà, in particolare giovanile e femminile. A complemento di tale strategia, in Italia si possono prevedere alcuni interventi specifici per il mercato del lavoro:
 la definizione di un contratto per l’ingresso dei giovani e per il reingresso dei lavoratori e delle lavoratrici deboli al lavoro stabile (sostituisce il “contratto di apprendistato professionalizzante”, il “contratto di apprendistato di alta qualificazione” ed il “contrato di inserimento”). Uno strumento di inserimento e reinserimento formativo caratterizzato da durata da 6 mesi a tre anni definita dalla contrattazione collettiva, livello contributivo inferiore a quanto in vigore per i “contratti atipici”, retribuzione crescente fino ai livelli delle qualifiche corrispondenti previsti nel contratto collettivo nazionale di riferimento, agevolazioni contributive per il triennio successivo alla trasformazione in contratto a tempo indeterminato secondo le regole vigenti (incluso art. 18 dello Statuto dei Lavoratori). Durante la fase iniziale, il licenziamento prevede una compensazione monetaria crescente in riferimento alla durata del rapporto di lavoro;
 la drastica riduzione delle forme contrattuali precarie (contratto di collaborazione coordinata e continuativa, contratto a progetto limitato alle alte qualifiche, associazione in partecipazione, rapporti a partita Iva in mono-committenza o a committenza prevalente, ecc), la limitazione per ogni impresa dell’utilizzo dei contratti a tempo determinato (in riferimento a quote e causali) e l’eliminazione dei vantaggi di costo delle forme contrattuali flessibili residue;
 nel quadro di una complessiva riforma degli ammortizzatori sociali, ad esempio secondo le linee della legge delega del 2007 condivisa da tutte le parti sociali, un’indennità di disoccupazione universale e tutele fondamentali (malattia, infortunio, ferie, congedi parentali, sostegno ai carichi familiari) ridefinite ed estese a tutte le tipologie di lavoro, dipendente, autonomo;
 una retribuzione o compenso minimo orario, determinato in relazione ai minimi dei contratti nazionali di riferimento per i rapporti di lavoro fuori dal contratto nazionale;
 in particolare, per l’occupazione femminile, il potenziamento dei servizi pubblici per conciliare lavoro e maternità ed un significativo aumento della detrazione fiscale per le mamme che lavorano; il ripristino delle norme di contrasto alle “dimissioni in bianco” e l’universalizzazione dell’indennità di maternità.
 Le politiche attive per il lavoro e la riforma dei servizi per l’impiego, al fine di costruire sinergie tra intervento pubblico e privato profit e non profit, e della formazione professionale e della formazione continua.
 la defiscalizzazione per i primi tre anni di attività delle imprese avviate da giovani.
 la regolazione e la remunerazione degli stage.
 La riforma del processo del lavoro.
 l’introduzione di uno Statuto per i lavoratori autonomi ed i professionisti.

3. LA BATTAGLIA DELLE LIBERALIAAZIONI. IN PARLAMENTO ARRIVA IL DECRETO DEL GOVERNO. IL PD LE DIFENDE E PUNTA AD AMPLIARLE IN MOLTI SETTORI.
Dopo l’approvazione del mille proroghe arriva in Parlamento il decreto sulle liberalizzazioni. Il Pd difende il decreto e prepara l’offensiva per rafforzare le liberalizzazioni. Ecco la sintesi informativa redatta a cura dell’Ufficio Stampa, con l’aiuto del dipartimento economia e dei gruppi parlamentati del Pd.

LE LEGGI PIU’ IMPORTANTI LE HA FATTE IL CENTROSINISTRA. BERLUSCONI HA FERMATO TUTTO. CON MONTI FINALMENTE SI RIPARTE. A cinque anni dalle ultime lenzuolate in favore del cittadino-consumatore approvate dal governo Prodi, e dopo le innumerevoli marce indietro a favore di lobby e corporazioni varie da parte del governo di Silvio Berlusconi, è positivo che si torni, con il decreto “Cresci Italia”, a riaprire il cantiere delle liberalizzazioni. Questo cantiere non si deve più chiudere, anche perché non basta approvare alcune norme per aver risolto la questione. Come insegna l’esperienza e il metodo seguito per dare attuazione alle liberalizzazioni varate dai governi di centro-sinistra, le norme pro-concorrenziali devono essere anche accompagnate, monitorate e se serve corrette per garantire che si realizzino i loro benefici a favore dei consumatori. Il varo del pacchetto Monti, al di là delle proteste corporative, ha riscosso un notevole gradimento da parte dell’opinione pubblica, suscitato un grande interesse e una plateale approvazione da parte dei media. Queste decisioni hanno fatto seguito all’impegno e alle pressioni che negli anni ha profuso il Partito democratico su questo tema. E va rimarcato che troppo spesso in queste settimane ci si è dimenticati che le liberalizzazioni nei settori del commercio, dell’elettricità (compreso lo spacchettamento dell’Enel), del gas, dei trasporti, delle telecomunicazioni (eliminazione delle spese di ricarica, delle spese di recesso nella telefonia), delle banche (per esempio gli accordi per l’estinzione anticipata dei mutui, via i costi fissi per la chiusura dei conti correnti), dei professionisti ( niente obblighi di tariffe minime), dei farmaci (via il monopolio per la vendita dei medicinali da banco), dei notai ( niente notaio per la compravendita di veicoli o la cancellazione di ipoteca) sono state promosse e attuate dall’ex ministro Pier Luigi Bersani durante i governi centro-sinistra, dal 1996 al 2001 e poi dal 2006 al 2008. Negli ultimi tre anni il governo Berlusconi ha fatto marcia indietro, ha lavorato per smontare quanto era stato fatto. Mentre il Pd, anche in questi ultimi tre anni, ha sempre cercato di rilanciare l’iniziativa legislativa sul terreno delle liberalizzazioni. Basti ricordare che nel marzo 2011 il Partito democratico invio una proposta all’ex ministro Tremonti per approvare in modo bipartisan una serie di norme a favore della concorrenza e dei consumatori, all’interno del Piano nazionale per le riforme (PNR), che tutti i Paesi della area Euro devono ogni
anno presentare a alla Commissione europea (il Pd proposte oltre 30 interventi specifici nelle diverse aree, come si può leggere nei testi che si possono trovare anche sul sito del partito). Oggi dunque il decreto Monti segna una riapertura positiva di quel cantiere e il pacchetto varato va nella direzione giusta della crescita economica, stimolando la concorrenza con interventi di liberalizzazione.

IL DECRETO TOCCA MOLTI TEMI, NON SEMPRE E’ SODDISFACENTE, MA VA DIFESO DAL BOICOTTAGGIO IN PARLAMENTO. E BISOGNA ANCHE RAFFORZARLO. Se si vuole esprimere un giudizio sui contenuti del provvedimento bisogna fare un’attenta verifica, perché spesso la difficoltà applicativa si nasconde nei dettagli e nei termini temporali, eccessivi e spesso solo di tipo ordinatorio. In prima analisi, va detto che il decreto tocca tutti i “titoli”, gli ambiti di intervento, chiesti dal Pd. Ma non sempre in modo soddisfacente. Il Pd, dunque, in sede di conversione parlamentare del decreto si adopererà per estendere la portata delle misure per rafforzare gli effetti delle norme in favore del Paese, dei lavoratori, delle imprese e dei consumatori, oltre che per difendere l’impianto normativo da possibili attacchi di tipo corporativo. In particolare, secondo quanto è emerso dal lavoro avviato dal Dipartimento Economia e Lavoro del Partito in stretto raccordo con i Gruppi parlamentari di Camera e Senato, andrebbero estese le norme in materia bancaria e assicurativa per consentire benefici immediati agli utenti di questi servizi. In seconda analisi, va specificato che nel decreto “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” sono stati aggiunti una cinquantina di articoli che contengono norme eterogenee (che vanno dal pagamento dei debiti della PA ai siti nucleari). In ogni caso, le misure sulle liberalizzazioni dovranno essere rafforzate e che poi andranno adeguatamente seguite nella fase di applicazione per evitare l’effetto boomerang: molte di esse non determineranno con molta probabilità effetti immediati, sia dal lato dei benefici per i consumatori, sia da quello dello sviluppo degli investimenti e dell’occupazione; se dunque non daranno risultati nel tempo prestabilito, si rischia che la grande aspettativa suscitata nell’opinione pubblica sul decreto possa essere facilmente disattesa.

I PUNTI POSITIVI. E CIO’ CHE NON CONVICE. I principali interventi previsti dal decreto-legge per la parte che riguarda le liberalizzazioni vanno nella direzione di quanto auspicato dal Pd, con l’avvertenza di evitare che tutto si scarichi alla fine solo sulle condizioni del lavoro. È positiva l’istituzione dell’Autorità di settore sui trasporti, e il fatto che rientri tra le competenze previste anche quelle sul comparto dei servizi autostradali, seppur in modo parziale. Non è invece apprezzabile che, in attesa della costituzione dell’Autorità di settore, le funzioni e le competenze di regolazione dei rispettivi mercati vengano, seppur temporaneamente, assegnate all’Autorità per l’energia e il gas che vigila in tutt’altro ambito di mercato e che non ha ancora reso funzionante le sue nuove attribuzione nel campo dei servizi idrici. Positiva la decisione sulla separazione proprietaria della rete di trasporto del gas, anche se l’iter previsto per la separazione di Snam rete gas da Eni prevede, entro sei mesi, l’adozione di un provvedimento specifico. Si doveva invece intervenire in tempi più rapidi visto che la separazione di Snam da Eni era già prevista fin dalla Finanziaria 2007 del governo Prodi. Anche la decisione di modificare i parametri di riferimento delle tariffe del gas, tenendo conto dell’andamento dei prezzi europei, al fine di contenere i prezzi per i
clienti vulnerabili è da ritenersi soddisfacente. Sui carburanti è positiva l’abolizione del vincolo di esclusiva nell’approvvigionamento di carburanti da parte dei gestori delle stazioni di servizio, anche se la norma così come è prevista inciderà solo su pochi impianti e quindi rischia di produrre scarsi effetti per gli automobilisti. Non tutto quello che veniva chiesto dal Pd e dalla stessa Autorità Antitrust è stato recepito dal decreto. Inoltre alcune norme risultano essere ridondanti rispetto a provvedimenti precedenti e altre ancora vengono presentate per nuove, come ad esempio l’abolizione delle tariffe per i servizi professionali, mentre invece erano state oggetto di interventi precedenti.

ALCUNI DEGLI EMENDAMENTI POSSIBILI. Chiariti questi punti, l’impegno del Pd sarà quello di difendere il provvedimento, ma anche di lavorare con degli emendamenti per rafforzare la portata delle misure e per renderle pienamente applicabili. Banche, assicurazioni, farmaci, tutela dei consumatori, professioni, carburanti, ferrovie, sono i “titoli” che necessitano di uno svolgimento più ampio e incisivo. Ecco alcune delle ipotesi di intervento che sono emerse dal lavoro degli esperti e dei parlamentari del Pd. Farmaci. La pura e semplice rivisitazione della pianta organica delle farmacie, senza la liberalizzazione dei farmaci di fascia C, rischia di far saltare il secondo canale, quello delle parafarmacie. Con un duplice rischio: senza la fascia C in parafarmacia non ci sarà concorrenza e quindi sconti sui medicinali pagati completamente dai cittadini; la mancata liberalizzazione, rischia di mettere in grave difficoltà più di 3mila esercizi farmaceutici che assicurano dal 2006 occupazione ad oltre 7mila farmacisti. Per quanto riguarda invece i concorsi previsti per l’apertura di nuove farmacie nel rispetto del nuovo parametro di una farmacia ogni 3mila abitanti, occorre vigilare affinché i concorsi vengano svolti davvero, entro tempi ragionevoli, visto che, dal 1993 ad oggi, non è stato mai indetto un nuovo concorso, pur essendo disponibili una migliaio di sedi di farmacia. Banche. Il decreto interviene in maniera sbagliata sulle polizze-vita che le banche richiedono per l’accensione di un mutuo. Prevede che gli istituti che richiedono tale assicurazione debbano presentare almeno due preventivi. Una norma facilmente aggirabile da parte degli istituti che inoltre vanifica il provvedimento Isvap in vigore dal prossimo 2 aprile che vieta alla banca di vendere una polizza di cui ne è contemporaneamente “distributrice” (venditrice) e beneficiaria. Il Pd intende presentare delle modiche al decreto per riassumere in un’unica norma il provvedimento Isvap (la fine del conflitto di interesse per le banche venditrici e beneficiarie della copertura assicurativa) e quanto prevede la legge francese in materia, ovvero qualora la banca richieda un’ulteriore garanzia alla concessione del mutuo, il mutuatario deve essere libero di contrarre sul libero mercato la polizza al miglior prezzo. Per le banche il Pd intende intervenire per una riduzione dei costi per e-money e carte di credito. Rc-auto. Norme parziali e di dubbio impatto sulla reale esigenza di far scendere i premi annuali pagati dagli automobilisti, richiedono di essere modificate durante l’esame parlamentare del decreto. In particolar modo ci si concentrerà sulla riforma del sistema bonus-malus in modo tale da concedere a chi è già nelle prime tre classi di merito (più del 90% degli assicurati) di poter ottenere sconti in assenza di incidenti, valorizzando il sistema della patente a punti. In secondo luogo dovranno essere approfondite le misure per favorire la confrontabilità delle offerte e l’indipendenza degli agenti assicurativi dalle compagnie, anche perché la norma del decreto che obbliga gli agenti che vendono esclusivamente le polizze di una sola compagnia a presentare al cliente il preventivo di almeno tre diverse compagnie sarà difficilmente applicabile sul piano pratico. Ferrovie. È certamente da correggere
la deroga al contratto nazionale nel settore dei trasporti. La concorrenza non si deve fare sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici. Carburanti. Occorre creare maggiori occasioni di con concorrenza all’ingrosso e al dettaglio nella vendita dei carburati per favorire la discesa dei prezzi a favore dei consumatori. Separazione tra Eni e Snam. Come si è detto, la gestione della rete gas non dovrebbe essere affidata a un decreto ministeriale da definire. La separazione andrebbe realizzata nel minor tempo possibile. Notai. Ai notai i democratici vorrebbero chiedere di rinunciare all'esclusiva su alcuni atti, a cominciare dalla compravendita di abitazioni civili fino a un determinato ammontare. Queste stipule entrerebbero nel mercato aperto di altri professionisti come commercialisti e avvocati.