29 novembre 2017

Una nuova stagione per la Lombardia

Un sorteggio ha negato a Milano e alla Lombardia di diventare sede di una delle principali agenzie europee, l'EMA, European Medicins Agency.
Solo qualche mese fa, la sfida di Milano sembrava impossibile, ma le istituzioni locali e nazionali decisero di lavorare assieme per tentare di contrastare le più quotate candidature nord-europee. Tutti ci hanno messo del loro e, settimana dopo settimana, le quotazioni del capoluogo lombardo sono salite. Alla fine, il dossier milanese è stato universalmente riconosciuto come il migliore e la città ha ottenuto grandi riconoscimenti internazionali. Purtroppo non è bastato: pur essendo risultata in testa per tutte e tre le votazioni previste, Milano è stata superata da Amsterdam solo grazie a un beffardo sorteggio.
Un vero peccato, ma il percorso fatto dimostra come una solida collaborazione tra le diverse istituzioni possa rendere molto competitiva l'area milanese e lombarda.
In questi giorni si è insediato a Milano anche il tavolo di trattativa con il Governo sulla possibile maggiore autonomia della nostra regione. All'ultimo piano di Palazzo Lombardia le delegazioni di Lombardia ed Emilia Romagna hanno incontrato il sottosegretario Gianclaudio Bressa, accompagnato dai tecnici ministeriali. Si è respirato un clima di grande collaborazione, ben lontano dalle bellicose affermazioni che hanno portato al referendum dello scorso 22 ottobre, che pare ormai molto lontano. Bisogna dare atto a Maroni di aver scelto un atteggiamento di collaborazione con Roma, lasciando Zaia solo con le sue rivendicazioni di autonomia speciale e affiancandosi a Bonaccini, che con l'Emilia Romagna ha preferito intraprendere un percorso rigorosamente nel solco tracciato dalla Costituzione. Si tratterà con Roma e lo si farà sul serio, abbandonando la retorica cripto-secessionista del residuo fiscale e le velleità di ottenere una surrettizia autonomia speciale che avevano tanto il sapore di un nuova edizione del "Roma ladrona" di bossiana memoria.

25 novembre 2017

IN PIEDI, SIGNORI, DAVANTI AD UNA DONNA:

Pensiamo al nostro paese, all'Europa, ma anche a tante parti del mondo....

Per tutte le violenze consumate su di lei
per tutte le umiliazioni che ha subito
per il suo corpo che avete sfruttato
per la sua intelligenza che avete calpestato
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata
per la libertà che le avete negato
per la bocca che le avete tappato
per le ali che le avete tagliato
per tutto questo
in piedi, Signori, davanti ad una Donna.
E non bastasse questo
inchinatevi ogni volta che vi guarda l’anima
perché Lei la sa vedere
perché Lei sa farla cantare.
In piedi, Signori, ogni volta che vi accarezza una mano
ogni volta che vi asciuga le lacrime
come foste i suoi figli
e quando vi aspetta
anche se Lei vorrebbe correre.
In piedi, sempre in piedi, miei Signori
quando entra nella stanza e suona l’amore
e quando vi nasconde il dolore e la solitudine
e il bisogno terribile di essere amata.
Non provate ad allungare la vostra mano per aiutarla
quando Lei crolla sotto il peso del mondo.
Non ha bisogno della vostra compassione.
Ha bisogno che voi
vi sediate in terra vicino a Lei
e che aspettiate che il cuore calmi il battito
che la paura scompaia
che tutto il mondo riprenda a girare tranquillo
e sarà sempre Lei ad alzarsi per prima
e a darvi la mano per tirarvi su
in modo da avvicinarvi al cielo
in quel cielo alto dove la sua anima vive
e da dove, Signori, non la strapperete mai.

(William Shakespeare)

23 novembre 2017

LA NEWSLETTER DI ENRICO BRAMBILLA


Sabato 18 Novembre 2017

Il palo di Darmian
La mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali di calcio è conseguenza di una serie di errori ampiamente esaminati durante tutta la settimana appena trascorsa. Come in tutte le vicende umane alle cosiddette “cause di fondo” si sovrappongono poi gli episodi, spesso decisivi. I pochi centimetri che hanno fatto sì che il tiro del nostro terzino sbattesse sul palo anzichè finire in rete separano gloria e vergogna. Lunedì, poche ore prima del dramma nazionale si è tenuta la Direzione del PD, cui spettava cercare di evitarne un altro ancor più pesante: la sconfitta alle urne. Il primo tempo si è chiuso richiamando dalla panchina uno dei nostri ex-bomber: Piero Fassino. Centravanti di razza anche se un po’ arrugginito cui spetta il compito arduo di rimettere insieme una squadra. Troppo tardi, forse: le occasioni vere sono già state sciupate, l’ultima con la pessima legge elettorale. Eppure io tifo perchè stavolta la palla entri: passi pure un’estate senza Italia ai mondiali, ma col duo Salvini-Berlusconi rischiamo una retrocessione definitiva.

La settimana in Regione
Sono state approvate due nuove leggi regionali, a larga maggioranza la prima ed all’unanimità la seconda. Una contiene “disposizioni per la tutela delle persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria”, e si è resa necessaria per adeguare le azioni regionali alle nuove normative in ambito sanitario, socio-sanitario, di istruzione e formazione. Lo scarso interesse della maggioranza ha permesso l’approvazione a sorpresa di qualche emendamento migliorativo, in un provvedimento nel complesso positivo anche se poco finanziato. Piena condivisione, invece, sulla legge che dispone l’adozione di clausole sociali nei bandi regionali. Viene così rafforzata la tutela nei confronti dei lavoratori “uscenti” in caso di cambio del soggetto appaltatore.

22 novembre 2017

NEWSLETTER QUINDICESIMO PIANO

Newsletter 167 / novembre 2017
L'inverno sta arrivando. E non è solo il motto tanto caro ai lettori della interminabile saga de "Il trono di spade". Ce lo confermano le giornate sempre più corte, i freddi mattutini, le prime gelate, la voglia di ritornare presto al tepore familiare.
Sarà per questo, sarà per quello, l'attività in Regione Lombardia si è subito conformata alla stagione incipiente. Pochi e ben concentrati gli appuntamenti. Scarse le presenze nella maggioranza che anche nell'ultimo Consiglio regionale ha rischiato di andare sotto.
Questa X legislatura appare sempre più in prossimità del capolinea e ha ormai ben poco da dire ancora. Qualche riunione col governo intorno ai tavoli per l'autonomia, tanto per dare un senso al referendum e l'approvazione a dicembre dell'ultimo bilancio di previsione: poi si chiude.
Agli elettori l'ardua sentenza e il giudizio finale su ciò che poteva essere e non è stato.

13 novembre 2017

Alle radici del mal di sinistra

Ci pare un articolo serio capace di suscitare delle considerazioni utili in questo periodo.

di TOMMASO CERNO  La Repubblica - 13 novembre 2017

La sinistra si gioca oggi, come l’Italia di mister Ventura, la qualificazione al campionato politico di primavera. Si presenta in campo priva di un progetto per il Paese e soprattutto di una visione del mondo. Si presenta divisa e pronta a dare la colpa all’arbitro. Si presenta all’indomani di una scissione che ha spento il nucleo del progetto democratico.

Fatica a trovare un collante capace di rimettere insieme i cocci sparsi sul terreno progressista. Al punto che alla vigilia della direzione del Pd che fa da spartiacque fra la legislatura che si spegne e i riflettori della campagna elettorale che si accendono, sono intervenuti — allo scadere, come si dice in gergo — Romano Prodi e Walter Veltroni, abiurando il voto di starsene fuori dalla contesa che, bluffando un po’, avevano fatto entrambi. Segno che la situazione si è davvero messa male.

Va premesso che Matteo Renzi dal palco non farà un discorso epico, farà un discorso prevedibilissimo. Conterrà un’apertura non formale a sinistra, nessuna abiura su ciò che il Pd ha fatto finora, non imporrà tuttavia agli altri partiti di giudicare buone quelle scelte. Toglierà infine di mezzo la questione della sua leadership nel futuro governo e, in perfetta tradizione italiana, attenderà i commenti. Al termine del suo intervento, ognuno potrà leggere ciò che ha detto come meglio gli comoda. E ne ascolteremo delle belle.

Tutto e il contrario di tutto. Ne deriva che la decisione da prendere — se si tenterà davvero di creare una coalizione allargata, capace di respingere l’avanzata delle destre oppure si deciderà di far passare la Svezia, cioè di arrendersi alla sconfitta — dipende da altro: è una scelta sostanziale che la sinistra, nelle sue mutazioni, deve maturare dentro di sé pensando solo al futuro del Paese e non al proprio. Per farlo, deve porsi una domanda su cosa sia diventata.

Cosa provoca questo mal di sinistra, la sensazione cioè di non saper più penetrare l’animo dell’Italia e del mondo?

Tre ragioni.

La prima ragione è di natura politica: mentre il nazionalismo si fa globale e diventa uno dei motivi politici più potenti del pianeta dai paesi ex-socialisti dell’Unione europea, all’Inghilterra della Brexit, gli Usa di Trump, la Russia di Putin, la Turchia di Erdogan, l’India di Modi, la sinistra rinuncia — più ancora della destra — alla dimensione internazionale. Si richiude dentro i confini della Stato-nazione che contesta, si provincializza mentre fuori marciano populismi e forze antisistema che arruolano milioni di cittadini in tutto il mondo.

È uno scherzo della storia che la forza internazionalista per definizione rischi l’estinzione proprio quando i confini non esistono più. Ma basta ascoltare il dibattito per capire che è così. Perfino quello sulle migrazioni dall’Africa, la questione più difficile del secolo appena iniziato, è declinato all’interno dell’Italia. Si parla solo di leggi, di riforme vuote, di emendamenti e di mozioni. Come se all’improvviso la sinistra fosse diventata un Bignami di amministrazione pubblica e non un pensiero che sogna un mondo migliore.

La seconda ragione è di natura culturale: la sinistra italiana, divisa in cento correnti autodefinitesi tutte riformiste e che si distinguono solo dalle virgole nei comunicati stampa, non è più di sinistra. Non perché Renzi sia un moderato o un destrorso contaminato dalla stima del Cavalier Berlusconi, ma perché ha assunto una visione di se stessa che è animata dagli stessi fantasmi che animano la restaurazione culturale di questo tempo. Se ci riflettiamo la stessa idea della frontiera da chiudere, lasciando fuori gli “altri”, che anima la xenofobia e l’odio del terzo millennio, attingendo a uno dei cardini del nazionalismo storico, e che si dovrebbe combattere, è identica al virus che ha avvelenato la sinistra italiana: il desiderio di chiudersi in un’area più stretta dove tutti si somigliano. Una specie di mito della razza pura in politica. Un modo democratico per odiare l’altro.

La terza ragione è di natura pratica: a sinistra ormai tutti mentono sapendo di mentire. Prendiamo il surreale dibattito sulla riconferma di Ignazio Visco a Bankitalia. Renzi ne contesta l’operato, opinione legittima, ma viene criticato per il “poco senso dello Stato”, l’uomo solo al comando che si fa beffa del tempio istituzionale per eccellenza, rischiando di lordarne il marmo. Tutto giusto. Ma perché allora nessuno si è alzato a contestare quando, in pochi giorni, i presidenti di Camera e Senato hanno deciso per ragioni politiche di dismettere le vesti istituzionali e candidarsi alla guida di nascenti partiti della Nouvelle Gauche all’italiana? Eppure, storia repubblicana alla mano, si tratta della prima volta. Non era mai capitato.

La sinistra va in campo così, appunto come l’Italia di Ventura. Pensando a sostituire l’allenatore e non a vincere la partita. Primitiva ed elementare, in questo sì simile al nazionalismo di destra che a parole vorrebbe sconfiggere.

8 novembre 2017

Obiettivo Lombardia 2018: il PD lavora e Giorgio Gori è ufficialmente in corsa!


Care democratiche, cari democratici,

settimana scorsa a Napoli il PD ha gettato le basi per il lavoro che ci prepariamo a fare per i prossimi anni. Come purtroppo speso capita nel dibattito a cui assistiamo ormai da molto tempo, l'attenzione che si riesce a dare ai momenti di elaborazione culturale, politica, ai famosi temi, contenuti, non pareggia e non supera mai lo spazio delle polemiche, delle schermaglie, dei retroscena. Io penso tuttavia che sia un risultato notevole che un grande Partito abbia tenuto una conferenza programmatica nella quale cominciare a costruire il proprio messaggio per l'Italia.

Allo stesso tempo, la volontà che i contenuti raccolti ed emersi in quell'occasione siano il punto di confronto con le altre forze politiche speriamo possa consentirci di mettere da parte le troppe polemiche che ci accompagnano da un po' di tempo, i personalismi, le chiusure a priori.

Nel nostro piccolo, prosegue il lavoro all'interno dei forum e nelle zone sul programma per le regionali; ieri sera nel vimercatese, oggi a Monza e nell'ovest, settimana prossima in alta Brianza, l'ascolto delle realtà per fare emergere punti di forza e di debolezza, temi locali e temi generali, prosegue. Perché come è giusto che ci siano momenti più simbolici, istituzionali, mediatici, nei quali fare sintesi e presentare il messaggio, allo stesso tempo non dobbiamo dimenticarci che lavorare sul programma, ossia operare un confronto costante tra la propria piattaforma valoriale e la realtà effettiva e le esigenze delle persone, è una sfida quotidiana per chi fa politica, sfida che vogliamo giocare fino in fondo.

Nell'ultima direzione regionale Giorgio Gori è stato ufficialmente scelto come nostro candidato per la Presidenza della Regione Lombardia. Non si svolgeranno dunque le primarie, il nome di Giorgio ha unito tutto il Partito Democratico e ha incontrato il sostegno di numerosi altri soggetti politici che insieme a noi vogliono costruire con il sindaco di Bergamo l'alternativa a questi anni di immobilismo della Regione; rimane il tema di MDP, che non ha ancora preso la sua decisione, se competere insieme a noi o se andare da soli; nella speranza che si possa ulteriormente ampliare la coalizione con cui sfidare e battere il centrodestra, il lavoro di questi anni continua, con l'aggiunta che il nostro candidato c'è ed è ufficiale.

Pietro Virtuani

7 novembre 2017

LA NEWSLETTER DI ENRICO BRAMBILLA


Sabato 04 Novembre 2017

Il candidato
La Direzione regionale del PD all’unanimità ha indicato Giorgio Gori quale candidato alla presidenza di Regione Lombardia. Attorno a lui si intende costruire un’alleanza di centrosinistra, la più larga possibile. Niente primarie quindi, e considerato il fatto che avremmo rischiato di farle la settimana di Natale senza una vera contesa a me pare una scelta di buon senso. Questo rischia ora di divenire il pretesto per lo strappo da parte di Art.1-MDP, ma i continui rinvii (era stata invano loro proposta la data limite del 3 dicembre per le primarie) in realtà sottendono nodi politici irrisolvibili, anche col ricorso ai gazebo. Tutti attendono l’esito del voto siciliano ed i suoi possibili contraccolpi. La probabile coincidenza poi di voto regionale e nazionale non aiuta: sarà un Giro di Lombardia costellato di molte salite impegnative. Servirà un Gori alla Nibali per vincere.

La settimana in Regione
La settimana trascorsa è stata monopolizzata dalla predisposizione della Risoluzione per avviare la trattativa col Governo sulle maggiori forme di autonomia oggetto del referendum del 22 ottobre scorso. Il lavoro è stato principalmente svolto dalla conferenza dei capigruppo, salvo poi il passaggio nelle diverse commissioni. Si è dovuto comprimere in pochi giorni un lavoro che si sarebbe dovuto impostare ben diversamente: del resto l’appuntamento con l’Emilia-Romagna al Ministero era stato già programmato per giovedì 9 e la Lombardia per aggregarsi a quel carro ha dovuto correre. Si conferma comunque l’inutilità del referendum visto che alla fine Maroni deve accodarsi a Bonaccini, che nel frattempo ha usato meglio soldi e fatica e si presenta al tavolo con un dossier più ricco ed argomentato e quindi con maggiori chances di successo.

6 novembre 2017

NEWSLETTER QUINDICESIMO PIANO

Newsletter 165 / novembre 2017
Anche se fuori c'è il sole, la settimana che dalla Festa dei Santi e la commemorazione dei defunti si allunga alla ricorrenza del 4 novembre induce alla malinconia. Sarà per i ricordi del passato e delle persone che ci hanno lasciato, per il profumo dei crisantemi, per le foglie a terra e gli alberi spogli... Tutto contribuisce a creare un clima di tristezza.
Ci mette del suo anche Bobo Maroni che, reduce da un referendum dai risultati non proprio brillanti, ha finalmente deciso di percorrere la strada indicata dall'art. 116 della Costituzione per ottenere maggiori forme di autonomia per la Regione. Lo farà attraverso un documento predisposto dalle commissioni in quattro e quattr'otto, quando c'erano mesi e mesi a disposizione per produrre una seria piattaforma.
A riportare la serenità ci ha pensato Giorgio Gori che nei giorni scorsi, con il voto unanime della direzione regionale del PD, è stato designato candidato presidente del centrosinistra alle prossime consultazioni regionali. Non si terranno pertanto le primarie. Adesso possiamo iniziare a giocare la difficile e importante partita per Lombardia 2018.

1 novembre 2017

Di fronte a un bivio

Gli elettori sono molto più saggi di quello che crediamo e molto più realisti di coloro che chiedono il loro voto o li chiamano alle urne.
Lo ha confermato anche il referendum per l'autonomia. Doveva essere una sorta di giudizio universale per il futuro della Lombardia e si è rivelato un chiaro, ma non così forte, segnale di via libera al cammino verso il regionalismo differenziato.
Maroni ostenta soddisfazione, ma tira un sospiro di sollievo benedicendo la sua trovata comunicativa di fissare una soglia più che abbordabile per decretare il successo di una consultazione che non ha certo scaldato il cuore dei lombardi.

Il trionfatore politico del 22 ottobre è il governatore veneto Zaia, che ha incassato una sorta di plebiscito dai suoi elettori e ha subito alzato i toni invocando lo statuto speciale per la sua regione.
Maroni deve accontentarsi del sostegno di un lombardo su tre e ha scelto un atteggiamento più istituzionale, prendendo atto che la maggioranza dei lombardi non lo seguirebbe mai sulla strada dello scontro frontale con Roma.
La partita vera comincia ora ed è tutta in salita.