Aiuto, mi si svuota anche il PD.
Vincenzo Cerami - Il Sole 24 ore.Nel tempo si sono sgretolati tutti i partiti. Ora sta per toccare al Partito Democratico, l'ultimo rimasto più o meno in piedi sia pure cambiando nome e bandiera. Si sono svuotati mentre si andavano trasformando le tradizionali classi sociali di cui erano referenti politici. La piramide delle differenze culturali è crollata, sostituita da quella delle differenze economiche.
Anche a causa della televisione, l'Italia si è omogeneamente alfabetizzata e padroneggia un lessico comune costruito sul mito del benessere. Sono caduti molti pregiudizi che distinguevano i ceti sociali: assunti basilari che li caratterizzavano e li qualificavano, ereditati da un lungo passato rurale. L'espansione delle città e le immigrazioni interne hanno consolidato, e per certi versi sistematizzato, gli zodiaci di riferimento della borghesia, della piccola borghesia, e di quelli che una volta chiamavamo proletariato e sottoproletariato. I partiti rappresentavano in Parlamento i loro diversi e contrastanti interessi. Distanti visioni del mondo si confrontavano nel momento di varare una legge. In assenza del senso dello Stato (per le note ragioni storiche legate alla controversa nascita dell'Italia unita), i partiti hanno assunto per molto tempo un ruolo sostitutivo delle istituzioni: il cittadino in difficoltà, piuttosto che recarsi al Municipio, preferiva rivolgersi alla sezione del suo Partito, dando nutrimento al malcostume del sottogoverno. Andreotti, ad esempio, costruì la sua popolarità attraverso le famose "lettere di raccomandazione". I partiti erano vere e proprie fortificazioni, quasi militarmente organizzate, con uffici ed efficienti apparati burocratici. I cosiddetti "gruppi dirigenti" gestivano il funzionamento della macchina mantenendo in equilibrio la dialettica delle correnti interne.
Uno alla volta, nella società di massa, i partiti, culturalmente scarnificati, dove i valori formativi erano diventati flatus vocis, hanno perso di senso e hanno cambiato segno. Sono diventati scatole vuote. Dentro l'involucro non è rimasto quasi più nulla. Il loro lavoro si è esaurito in attività autoreferenziali, per sopravvivere e difendere interessi molto particolari. Gli italiani politicamente impegnati, che non ritrovavano più nel partito un riferimento credibile e un orientamento anche etico, si sono dispersi per incontrarsi soltanto negli appuntamenti elettorali. Tanto è vero che sono cominciati a sparire i luoghi d'incontro come le sezioni, i circoli e le case del popolo. Il definitivo abbassamento delle serrande è avvenuto in occasione degli scandali della prima repubblica, quando è stato evidente a tutti lo scollamento della politica dai problemi reali del Paese.
Ecco allora apparire sulla scena proprietà private, come la Lega, Forza Italia, l'Italia dei Valori eccetera (ultimo il Movimento 5 Stelle) mentre democristiani, socialisti, repubblicani e liberali sopravvissuti organizzano incontri politici in casa di uno o dell'altro. I grandi numeri non erano prioritari nella ricerca del consenso, bastava conquistare spazi in televisione (vedi le lotte sanguinose per mettere le mani sulle reti televisive). Alla direzione di questi singolari partiti c'è un Pantocratore che tutto decide. Dietro etichette patriottiche si muovono interessi smaccatamente (o troppo segretamente) pedestri. Gli scandali della seconda repubblica, ancor più virulenti e trasversali di quelli passati, mettono in luce la loro intrinseca funzione strumentale.
L'ex Partito Comunista ha tenuto duro ridipingendo i muri del Palazzo ma restando sostanzialmente immobile, ingessato in una logica interna ben sperimentata e oliata nel tempo. Si è barricato fino all'asfissia, fino a quando Veltroni, con il discorso del Lingotto, cosciente del rischio di isolamento e di estraneità dal reale che stava correndo il partito, ne ha inaugurato l'ultima stagione, fondando poi il Pd. A Torino è stato prefigurato un nuovo linguaggio politico, depurato dagli arcaismi e dai vezzi ottocenteschi da cui era ancora appesantito. All'epoca si parlò di un partito aperto, di una sorta di "movimento" popolare, di piazza in cui tutti, cattolici e laici, iscritti e non iscritti, avrebbero raccolto ed elaborato politicamente i bisogni autentici dei cittadini.
Veltroni durò poco: fu costretto alle dimissioni da giochi e trabocchetti consumati negli angoli bui del palazzo. I burocrati dell'apparato, spaventati dall'idea di perdere il controllo del partito, hanno dissotterrato i coltelli. E poi è arrivata la restaurazione, con l'ambigua trasparenza delle Primarie. Le ultime elezioni politiche ci raccontano una sconfitta non dovuta tanto alla qualità dei contenuti programmatici, quanto all'uso di un linguaggio (inteso in senso vasto) stonato, fuori dal tempo, e spesso muto. Tutto ciò che di vecchio è rimasto incancrenito nel Pd impedisce ai polverosi "quadri dirigenti" di guardare e capire quel che succede fuori dal portone.
Il Pd, dopo queste elezioni, per evitare un devastante "rompiamo le righe", è costretto dai fatti a una rivoluzione interna. È l'ultimo partito rimasto: sulla carta una forza, non una debolezza, uno strumento politico da reinventare, moderno ed efficace, ma a patto che scenda in strada con spirito di servizio.
Quest'anno 16 milioni di italiani hanno cambiato voto. Nessuno può più contare su patti di fedeltà. Per la ricerca del consenso la televisione serve a poco, è linguaggio illusorio, perfetto per la pubblicità: menzogne e verità vestono gli stessi abiti. Una forza moderna deve immergersi nelle tre dimensioni della realtà, dove si svolge la vita dei cittadini ignorata dai teleschermi, e dove i nuovi bisogni sono in grado di modificare completamente il quadro umano e culturale del Paese. Non c'è teleschermo e non c'è sondaggio capace di fare da specchio alla realtà. Altrimenti succede, come è successo, che un urlo assordante come quello del popolo a cinque stelle sconvolga tutto senza offrire una soluzione concreta e fattiva dei problemi.
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