14 novembre 2019

IL FOSSATO ATTORNO A MILANO SI RIEMPIE CON LA VISIONE, NON CON LE RISORSE

di PIETRO BUSSOLATI -  Gli Stati Generali

Il fossato tra Milano e il resto d’Italia di cui ha parlato il Ministro Provenzano, riaprendo un dibattito cruciale per il centrosinistra nei prossimi anni, si deve colmare ma riconoscerne l’esistenza è un primo passo per poter superare la dicotomia dello sviluppo tra le grandi città ed i piccoli centri.

In seguito alla dichiarazione del Ministro, Viesti ha rincarato la dose, con ragionamenti che ritengo del tutto sbagliati, sostenendo infatti che lo sviluppo di Milano derivi da una distrazione di risorse e attenzioni che andrebbero riservate al resto d’Italia e citando a titolo di esempio l’alta velocità e Human Technopole (l’eredità fisica di Expo).

Anche l’autorevole TheGuardian ha affrontato il tema in un articolo dove affronta lo stesso argomento.

Andiamo con ordine rispetto ai rilievi che vengono posti: Milano “ruba” sviluppo ai territori circostanti? In alcun modo no, nel senso che le fabbriche e i capannoni che hanno garantito crescita a basso capitale investito in tante realtà settentrionali non sono attratte dalla città, ma sono superate da un modello di sviluppo che premia la rapidità di connessione economica (e quindi sociale). Rispetto agli investimenti in capitale privato non è affatto vero che Milano sottrae al territorio circostante contenuti replicabili altrove, non si sono spostati i capannoni dalla provincia alla città ma il terziario avanzato si è affermato come traino economico senza eguali.

Si tratta di un fenomeno difficilmente arrestabile, l’80% degli europei vivrà in grandi agglomerati urbani nel 2050 e questo riguarda anche l’Italia. Il motivo è che le connessioni economiche, fisiche e sociali nelle grandi città portano alla costruzione di meta distretti, spesso di natura digitale, sempre più competitivi.