18 febbraio 2021

LAVORO - Intervista al prof. Pietro Ichino: «Blocco dei licenziamenti? Ha nascosto la polvere sotto il tappeto»

di Lorenzo Maria Alvaro - Vita

Al 31 marzo, con la fine del il divieto di recesso in vigore ormai da un anno, si stima che ai 444mila occupati in meno del 2020 se ne aggiungeranno altri 400mila. «Una disoccupazione che noi fingiamo di non vedere, ma che è già esplosa. L’urgenza non è continuare a nasconderla, ma affrontare il problema seriamente, magari aumentando la durata e l’entità del trattamento di disoccupazione assicurando l’80 per cento a tutti, senza tetto o con un tetto nettamente più alto rispetto all'attuale di circa 1.200 euro al mese», spiega il giuslavorista. 

Le ripetute flessioni congiunturali dell’occupazione registrate dall'Istat tra marzo e giugno 2020, unite a quella di dicembre, hanno portato l’occupazione a un livello più basso di quello registrato nel dicembre 2019 (-1,9%, pari a -444mila unità). La diminuzione coinvolge uomini e donne, dipendenti (-235mila) e autonomi (-209mila). Uno scenario ancora più drammatico se si considera che fino al 31 marzo sono bloccati i licenziamenti. «Si stima che si siano congelati circa 400mila disoccupati », sottolinea il giuslavorista Pietro Ichino che sottolinea come sulle due fasce più colpite, donne e giovani, «è necessario per provare a ripartire innanzitutto investire nei servizi alla famiglia, che facilitano la scelta delle madri di continuare o riprendere a lavorare e costruire un servizio di orientamento scolastico e professionale efficace, che raggiunga capillarmente ogni adolescente all’uscita di ogni ciclo scolastico». L'intervista

Professor Ichino, il quadro provvisorio sui dati del lavoro del 2020 parla per ora di una perdita di occupati di oltre 650mila unità. Una flessione attesa che però rischia di non rappresentare ancora un dato reale. L'Italia è l'unico Paese europeo che infatti ha bloccato i licenziamenti. Quale sarà presumibilmente il quadro che ci dobbiamo aspettare?
Si stima che il divieto di recesso per motivo economico in vigore ormai da un anno abbia, per così dire, “congelato” fra i 300 e i 400mila licenziamenti: tutte persone che dovrebbero già oggi considerarsi sostanzialmente disoccupate, anche se formalmente il loro contratto di lavoro è ancora in vita. Per queste persone quel divieto è molto dannoso, perché ritarda il momento in cui esse incominceranno ad attivarsi per trovare una nuova occupazione e riduce, ogni mese che passa, la loro occupabilità.