Primo appuntamento domenica 17 marzo ore 16 - Oreno/Vimercate MONS. LUIGI BETTAZZI vescovo emerito di Ivrea "Il Concilio Vaticano II: la primavera della Chiesa. Il racconto di un testimone."
Nel tempo si sono sgretolati tutti i partiti. Ora sta per toccare al Partito Democratico, l'ultimo rimasto più o meno in piedi sia pure cambiando nome e bandiera. Si sono svuotati mentre si andavano trasformando le tradizionali classi sociali di cui erano referenti politici. La piramide delle differenze culturali è crollata, sostituita da quella delle differenze economiche. Anche a causa della televisione, l'Italia si è omogeneamente alfabetizzata e padroneggia un lessico comune costruito sul mito del benessere. Sono caduti molti pregiudizi che distinguevano i ceti sociali: assunti basilari che li caratterizzavano e li qualificavano, ereditati da un lungo passato rurale. L'espansione delle città e le immigrazioni interne hanno consolidato, e per certi versi sistematizzato, gli zodiaci di riferimento della borghesia, della piccola borghesia, e di quelli che una volta chiamavamo proletariato e sottoproletariato. I partiti rappresentavano in Parlamento i loro diversi e contrastanti interessi. Distanti visioni del mondo si confrontavano nel momento di varare una legge. In assenza del senso dello Stato (per le note ragioni storiche legate alla controversa nascita dell'Italia unita), i partiti hanno assunto per molto tempo un ruolo sostitutivo delle istituzioni: il cittadino in difficoltà, piuttosto che recarsi al Municipio, preferiva rivolgersi alla sezione del suo Partito, dando nutrimento al malcostume del sottogoverno. Andreotti, ad esempio, costruì la sua popolarità attraverso le famose "lettere di raccomandazione". I partiti erano vere e proprie fortificazioni, quasi militarmente organizzate, con uffici ed efficienti apparati burocratici. I cosiddetti "gruppi dirigenti" gestivano il funzionamento della macchina mantenendo in equilibrio la dialettica delle correnti interne.