L'Editoriale Ma non era come nelle favole?
Nel giro di poche ore siamo passati dallo sconcerto per la
fine della favola di Ilary e Totti allo stupore per la scelta di Mario
Draghi di dare le dimissioni per la non sfiducia dei senatori del
Movimento 5 Stelle. Ma come, allora le favole non esistono? Non ha
ragione Vasco quando canta: “Quello che potremmo fare io e te, senza
pensare a niente, senza pensare sempre; quello che potremmo fare io e
te, non si può neanche immaginare”? Pensavamo che la favola di Ilary e
Totti potesse sopravvivere a tutto e che le reciproche libertà fossero
un modo per farci sognare che la responsabilità possa essere sempre di
altri e mai nostra. Pensavamo che, quando si è coperti dalla
credibilità di uno come Mario Draghi, si potesse dire e fare un po’
quello che si vuole, perché, in fin dei conti, quello che conta in
politica è prendere i voti, mica risolvere i problemi. Pensavamo che a
quelli ci pensasse super Mario. Pensavamo che agli italiani
piacessero le favole e che noi potessimo vivere proprio come nelle
favole, dove qualsiasi cosa accada, un lieto fine lo si trova sempre,
senza pensare a niente. Ma sì, anche la guerra, il cambiamento
climatico, la pandemia, la crisi economica, prima o poi, sarebbero
passati e noi avremo potuto, come nelle favole, continuare a raccontare
cose che piacciono a chi le ascolta e ci fanno sembrare simpatici. Draghi
si è preso la responsabilità di darci uno scossone e di ricordarci che
le favole sono belle, ma la politica serve a dare risposte ai cittadini e
per questo deve prendersi la responsabilità di scegliere. I sogni
sono fondamentali per spingere le persone a impegnarsi per un futuro
migliore, ma trovano gambe solide in chi fa scelte responsabili, non in
chi racconta favole. D’altronde, non si può mica solo e sempre sperare
che arrivi il Principe Azzurro o, come spera il presidente Fontana, la
pioggia.
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