14 giugno 2020

Monumento contestato. Montanelli "predatore", "via quella statua". Chi ha ragione?

A Milano la statua coperta di vernice un anno fa. Ora nuova richiesta di rimozione sull'onda del revisionismo globale. Il grande giornalista "comprò" una ragazzina in Etiopia. Le accuse e la difesa

giovedì 11 giugno 2020 di Andrea Lavazza - Avvenire.it 

Era già nel mirino da tempo. Ma con il revisionismo mondiale di piazza, accesosi dopo i recenti casi di razzismo negli Usa, anche in Italia si è tornati a chiedere di "oscurare" il ricordo di Montanelli. Lo hanno fatto a Milano i Sentinelli, organizzazione antifascista, e l'Arci, chiedendo al sindaco di rimuovere il monumento al giornalista e di revocare l'intitolazione dei giardini dedicati al famoso giornalista. Molte le voci, a favore o contrarie.

L'anno scorso, un secchio di vernice rovesciato su una statua l’8 marzo aveva provocato una piccola onda mediatica e un utile dibattito pubblico (esclusi gli immancabili opposti estremismi da social media). Esponenti del movimento femminista “Non Una Di Meno”, durante la manifestazione di Milano, avevano colorato di rosa il monumento al giornalista e scrittore Indro Montanelli (1909-2001), nei giardini pubblici di Porta Venezia a lui intitolati nel 2002. Non era la prima volta che raid colpivano statua (posta nel 2006) e targa dedicati a una figura amata e anche controversa. Sotto accusa è il comportamento del giovane Indro, accusato non genericamente di maschilismo, ma specificamente di pedofilia e di stupro. E ciò che si diceva nel 2019 vale anche oggi.

Nel 1935, Montanelli fu volontario nella guerra coloniale di Eritrea voluta da Mussolini e durante il soggiorno africano comprò, letteralmente, dalla sua famiglia per 500 lire (o 350, il giornalista diede diverse ricostruzioni) una giovanissima “moglie” chiamata Destà – non vera consorte perché il contratto di cosiddetto madamato prevedeva una scadenza. La ragazzina aveva tra i 12 e i 14 anni, “un animalino docile”, nelle parole che oggi indignano usate da Montanelli in un’intervista televisiva del 1969. In un rapporto imposto e non certo paritario, la giovanissima fungeva essenzialmente da cameriera – portando la biancheria pulita ai combattenti – e da comprensibilmente riluttante compagna d’alcova. Poco dopo Montanelli tornò in Italia e un suo sottoposto gli chiese di poter sposare Destà. Lei ebbe un figlio e lo chiamò Indro. Si reincontrarono nel 1952, durante un viaggio in Etiopia del giornalista, che non spese mai parole di pentimento né di rammarico, ma raccontò più volte apertamente la vicenda, giustificandola con i tempi, le usanze e le circostanze.