Maroni porta dunque a casa l'agognata e travagliata riforma sanitaria e,
sornione, ringrazia le opposizioni, perché, dice, se ci fosse stato lui
al loro posto, si sarebbe andati sicuramente a settembre.
Ma che cosa porta di nuovo questa riforma?
Maroni sostiene che offra un modello per i prossimi 20 anni di sanità e
welfare in Lombardia. Il tutto passerebbe da un fortissimo legame degli
ospedali con il territorio a partire dal quale si potrà dare risposte
innovative e sviluppare l'eccellenza del sistema sanitario lombardo.
Noi siamo propensi a credere che sia in agguato il rischio di un grande
equivoco: va bene rinsaldare il legame degli ospedali con i territori,
ma attenzione a non farli soffocare nell'erogazione di prestazioni che
avranno sempre più a che fare con la cronicità e le lungo degenze e non
saranno in grado di stare al passo con le grandi partite della sanità
europea e internazionale. La sanità territoriale va fatta rinascere,
dopo la vera e propria decimazione che i servizi di prossimità ai
cittadini hanno progressivamente subito nella stagione formigoniana e
post-formigoniana, ma non va persa di vista la necessità che ricerca e
sviluppo non siano esclusivamente appiattite sulle necessità del
territorio.
Da questo punto di vista, come ha sottolineato nel suo intervento
conclusivo in aula il nostro capogruppo Enrico Brambilla, questa riforma
è una grande incompiuta, perché si limita a disegnare un più che
ipotetico nuovo sistema di governance e non offre reali prospettive di
sviluppo e innovazione di un sistema sanitario che rischia di rimanere
ostaggio dei precari equilibri di forza della maggioranza maroniana.
Il presidente Maroni ha replicato con una metafora artistica: incompiuta
forse sì, ma, come la Pietà Rondanini di Michelangelo, un'incompiuta
che è un capolavoro. Ma le metafore, si sa, sono molto pericolose e
vanno spesso al di là delle intenzioni di chi le propone, evocando
scenari imprevisti. In questo senso, vale la pena di ricordare come
Michelangelo, secondo quanto riferisce il suo biografo Vasari, si fosse
dedicato alla scultura citata da Maroni solo occasionalmente e per scopi
quasi esclusivamente personali, pare volesse infatti utilizzarla per la
sua tomba. Non basta, la Pietà Rondanini fu l'ultima opera del grande
Michelangelo che scomparve proprio nei giorni successivi alle
scalpellate estreme al capolavoro incompiuto.
Metafora per metafora, non vorremmo che, come la Pietà Rondanini per
Michelangelo, la riforma sanitaria, approvata più per rafforzare la
propria posizione personale che per il bene dei cittadini, sia uno degli
ultimi atti di vita politica della giunta Maroni. Ovviamente
esageriamo, ma… non troppo. Quella che sembra una prova di forza, non a
caso imposta sul limite della da tutti desiderata pausa estiva, potrebbe
in realtà trasformarsi in una grande ammissione di debolezza di una
compagine che ha bisogno di forti atti simbolici per trovare la forza di
andare avanti in un'opera di governo sempre più autoreferenziale e
asfittica.
Non vorremmo che, in cuor suo, Maroni, cosciente della fragilità del
testo approvato, si augurasse un qualche ostacolo o impugnazione romana
per poter rilanciare la sua polemica contro Renzi e alimentare l'unica
prospettiva politica che pare aver elaborato in questa prima metà di
legislatura, il mitico referendum autonomista, la madre di tutte le
battaglie padane.
Si parla di evoluzione della sanità, ma si certifica l'involuzione di
una maggioranza che ha accolto la riforma con molti musi lunghi e la
sensazione che in troppi l'abbiano ingoiata più che approvata.
Ora il consiglio e la giunta vanno in vacanza.
Alla ripresa ci sarà subito quella che Maroni ha definito la fase due
della rivoluzione del welfare lombardo. La fase uno, che poi era la
riforma della sanità, crediamo non porti poi molto ai cittadini; vedremo
se la due, il reddito di autonomia o cittadinanza, porterà a qualcosa
di più utile e concreto.
Buone vacanze.
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