6 agosto 2015

La grande incompiuta di Maroni

Maroni porta dunque a casa l'agognata e travagliata riforma sanitaria e, sornione, ringrazia le opposizioni, perché, dice, se ci fosse stato lui al loro posto, si sarebbe andati sicuramente a settembre.
Ma che cosa porta di nuovo questa riforma?

Maroni sostiene che offra un modello per i prossimi 20 anni di sanità e welfare in Lombardia. Il tutto passerebbe da un fortissimo legame degli ospedali con il territorio a partire dal quale si potrà dare risposte innovative e sviluppare l'eccellenza del sistema sanitario lombardo.

Noi siamo propensi a credere che sia in agguato il rischio di un grande equivoco: va bene rinsaldare il legame degli ospedali con i territori, ma attenzione a non farli soffocare nell'erogazione di prestazioni che avranno sempre più a che fare con la cronicità e le lungo degenze e non saranno in grado di stare al passo con le grandi partite della sanità europea e internazionale. La sanità territoriale va fatta rinascere, dopo la vera e propria decimazione che i servizi di prossimità ai cittadini hanno progressivamente subito nella stagione formigoniana e post-formigoniana, ma non va persa di vista la necessità che ricerca e sviluppo non siano esclusivamente appiattite sulle necessità del territorio.

Da questo punto di vista, come ha sottolineato nel suo intervento conclusivo in aula il nostro capogruppo Enrico Brambilla, questa riforma è una grande incompiuta, perché si limita a disegnare un più che ipotetico nuovo sistema di governance e non offre reali prospettive di sviluppo e innovazione di un sistema sanitario che rischia di rimanere ostaggio dei precari equilibri di forza della maggioranza maroniana.

Il presidente Maroni ha replicato con una metafora artistica: incompiuta forse sì, ma, come la Pietà Rondanini di Michelangelo, un'incompiuta che è un capolavoro. Ma le metafore, si sa, sono molto pericolose e vanno spesso al di là delle intenzioni di chi le propone, evocando scenari imprevisti. In questo senso, vale la pena di ricordare come Michelangelo, secondo quanto riferisce il suo biografo Vasari, si fosse dedicato alla scultura citata da Maroni solo occasionalmente e per scopi quasi esclusivamente personali, pare volesse infatti utilizzarla per la sua tomba. Non basta, la Pietà Rondanini fu l'ultima opera del grande Michelangelo che scomparve proprio nei giorni successivi alle scalpellate estreme al capolavoro incompiuto.

Metafora per metafora, non vorremmo che, come la Pietà Rondanini per Michelangelo, la riforma sanitaria, approvata più per rafforzare la propria posizione personale che per il bene dei cittadini, sia uno degli ultimi atti di vita politica della giunta Maroni. Ovviamente esageriamo, ma… non troppo. Quella che sembra una prova di forza, non a caso imposta sul limite della da tutti desiderata pausa estiva, potrebbe in realtà trasformarsi in una grande ammissione di debolezza di una compagine che ha bisogno di forti atti simbolici per trovare la forza di andare avanti in un'opera di governo sempre più autoreferenziale e asfittica.

Non vorremmo che, in cuor suo, Maroni, cosciente della fragilità del testo approvato, si augurasse un qualche ostacolo o impugnazione romana per poter rilanciare la sua polemica contro Renzi e alimentare l'unica prospettiva politica che pare aver elaborato in questa prima metà di legislatura, il mitico referendum autonomista, la madre di tutte le battaglie padane.
Si parla di evoluzione della sanità, ma si certifica l'involuzione di una maggioranza che ha accolto la riforma con molti musi lunghi e la sensazione che in troppi l'abbiano ingoiata più che approvata.

Ora il consiglio e la giunta vanno in vacanza.
Alla ripresa ci sarà subito quella che Maroni ha definito la fase due della rivoluzione del welfare lombardo. La fase uno, che poi era la riforma della sanità, crediamo non porti poi molto ai cittadini; vedremo se la due, il reddito di autonomia o cittadinanza, porterà a qualcosa di più utile e concreto.
Buone vacanze.

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