22 maggio 2013

Ciao Don Galllo.

A 84 anni e' morto don Gallo. 

Tra i tanti articoli on line, per ricordare la figura di Don Gallo, abbiamo scelto quello pubblicato dalla Stampa.

"Io vedo che, quando allargo le braccia, i muri cadono.
Accoglienza vuol dire costruire dei ponti e non dei muri
".
Don Gallo - prete di strada, uomo tra gli uomini.

Il fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto aveva 84 anni
ALESSANDRA PIERACCI
GENOVA
«Sogno una Chiesa non separata dagli altri, che non sia sempre pronta a condannare, ma sia solidale, compagna»: l’ultimo messaggio su twitter datato lunedì sera è quasi un testamento spirituale. Lanciato e lasciato in rete, quella rete che aveva imbrigliato centomila fans. Del resto Don Andrea Gallo si è sempre arrabbiato moltissimo quando lo definivano «prete contro»: «Io sono un prete per...». E quando la rete, dopo le dimissioni di Benedetto XVI, lo voleva «Papa subito», la sua risposta era stata una vecchia battuta di tanti anni fa: «Sono un sacerdote che non potrà mai diventare un Papa..gallo». 

Ma prete da marciapiede sì, prete degli ultimi. Prete, come diceva lui stesso, «con un piede sulla strada e uno in chiesa». Amico di Dario Fo, De Andrè, Celentano, Paoli, Grillo, Vasco Rossi, Subsonica,
Ligabue, Gino Strada, icona della sinistra, uno degli artefici dell’elezione del sindaco di Genova Marco Doria. «Con San Francesco don Gallo ha molte affinità, prima fra tutte la scelta incondizionata e coraggiosa di stare con i disperati» scrive Dario Fo nell’introduzione alla biografia «Don Gallo un prete da marciapiede» di Bruno Viani. 
Andrea Gallo nasce a Sampierdarena, il 18 luglio del 1928. Cresce negli oratori e durante la guerra fa il partigiano al comando del fratello nella stessa brigata con Gianni Baget-Bozzo, con cui manterrà sempre rapporti, pur da opposti fronti politici, tanto da partecipare alle esequie del sacerdote ideologo di Berlusconi. Così come terrà l’orazione funebre per Paride Batini, storico console dei Camalli, cantando alla fine «Bandiera Rossa» con la vedova e i familiari. 

Attratto alla vita salesiana, Andrea inizia il noviziato nel 1948 a Varazze, proseguendo poi a Roma il Liceo e gli studi filosofici. 
Nel 1953 chiede di partire per le missioni e viene mandato in Brasile a San Paulo dove compie studi teologici: la dittatura che vigeva in Brasile, lo costringe, in un clima per lui insopportabile, a ritornare in Italia l’anno dopo. 
Prosegue gli studi ad Ivrea e viene ordinato sacerdote il 1 luglio 1959. Un anno dopo è cappellano alla nave scuola della Garaventa, noto riformatorio per minori: in questa esperienza cerca di introdurre una impostazione educativa diversa, dove fiducia e libertà tentavano di prendere il posto di metodi unicamente repressivi; i ragazzi parlavano con entusiasmo di questo prete che permetteva loro di uscire, poter andare al cinema e vivere momenti comuni di piccola autogestione, lontani dall’unico concetto fino allora costruito, cioè quello dell’espiazione della pena. 

Rimosso dall’incarico dopo tre anni senza spiegazioni nel ’64 Andrea decide di lasciare la congregazione salesiana chiedendo di entrare nella diocesi genovese: «La congregazione salesiana, raccontava Andrea, si era istituzionalizzata e mi impediva di vivere pienamente la vocazione sacerdotale». Viene inviato a Capraia e nominato cappellano del carcere. Due mesi dopo è destinato in qualità di vice parroco alla chiesa del Carmine dove rimarrà fino al 1970, l’anno in cui il sacerdore che radunava intorno a sé i ragazzi con l’eskimo e no e predicava «con il vangelo in una mano e il giornale nell’altra» la fa davvero grossa per l’allora arcivescovo di Genova, cardinale Giuseppe Siri: prendendo spunto dalla scoperta di una fumeria di hashish nel quartiere borghese ricorda nella predica che sono più diffuse altre droghe, per esempio quelle del linguaggio, grazie alle quali un ragazzo può diventare «inadatto agli studi» se figlio di povera gente, oppure un bombardamento di popolazioni inermi può diventare «azione a difesa della libertà». Una posizione, sommata a quella a favore del divorzio nell’anno del referendum, che fa di don Andrea un personaggio da titolo su Le Monde: «Manifestation contre l’archeveque de Genes». Perchè la Curia vuole allontanare il sacerdote scomodo, punto di riferimento per i militanti della nuova sinistra e non solo (ma sempre nei ranghi dell’obbedienza e del rispetto delle gerarchie ecclesiastiche, infatti non sarà mai sospeso «a divinis») e i parrocchiani non vogliono. Don Andrea rifiuta di tornare da parroco alla Capraia. Allora trova accoglienza da don Rebora, parroco della chiesa di San Benedetto al Porto: e dal diktat del Cardinale Siri nasce la Comunità del «prete dei tossici». «La cosa più importante - la sua filosofia - è che tutti noi dobbiamo sempre fare nostra è che si continui ad agire perché i poveri contino, abbiano la parola: i poveri, cioè la gente che non conta mai, quella che si può bistrattare e non ascoltare mai. Ecco, per questo dobbiamo continuare a lavorare!». 

La comunità cresce, i ragazzi lavorano nel ristorante sotto la Lanterna, nelle campagne piemontesi, negli alberghi all’estero. 
Ma non ci sono solo i «tossici»: tra gli ultimi ci sono le prostitute sfruttate (e don Gallo dichiarerà di averne accomagnate alcune ad abortire, piuttosto che vederle morire nelle macellerie degli aborti clandestini), i trans, le «preziose» tanto care a De Andrè. Tra le sue provocazioni, anche lo spinello fumato nel salone di rappresentanza di Palazzo Tursi, contro la repressione penale per il consumo di hashish e marijuana. 
L’ultima sfida? Il corteo contro l’inaugurazione di una sala giochi a Pegli, un mese fa. 

Tra i gesti eclatanti, l’abbandono polemico della Mondadori. Ha scritto «L’Inganno Droga», «Il Fiore Pungente», «Il Prete da Marciapiede», «Il cantico dei drogati», «Angelicamente Anarchico», «Io cammino con gli ultimi», «Così in terra come in cielo». 

Qui un nostro vecchio post :


20 MAGGIO 2011 

Don Gallo : "NESSUNO SI LIBERA DA SOLO".

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