9 ottobre 2014

Perchè iscriversi al PD?

Perché iscriversi al Pd? Parliamo del senso di questo partito

Pierluigi Castagnetti - Europa

Per informazioni sul tesseramento nel comune di Sulbiate puoi mandare una mail all'indirizzo: pdsulbiate@alice.it  - ti aspettiamo!!!

di Pierluigi Castagnetti, 
Confesso che sono un po’ in imbarazzo, perché tutto questo dibattito sul tesseramento del Pd lo trovo un po’ déplacé rispetto alla gravità del quadro internazionale e ai problemi economici dell’Europa e del nostro paese. Ma quando un tema diventa così centrale nella discussione politica non ci si può voltare da un’altra parte.

Dico, dunque, la mia. Innanzitutto considero la notizia dei 100mila iscritti (al momento) piuttosto preoccupante, perché significa che neppure tutti gli amministratori locali del partito hanno rinnovato la tessera. Disattenzione? sciatteria? disorganizzazione? Forse un po’ di tutto. Certo il problema esiste, se penso che persino il mio piccolo PPI ne aveva più del doppio. Altri tempi ovviamente. Sbaglieremmo però a pensare che la lentezza con cui procede la campagna del tesseramento dipenda dal nuovo corso del Pd. È del tutto evidente che la militanza nel partito ha cominciato a manifestare problemi “esistenziali” già da diversi anni, se è vero che Veltroni, il primo segretario del Pd, ha coltivato seri dubbi per lunghi mesi circa la possibilità di riorganizzarla come in passato.

Esaurito infatti l’amalgama ideologico che per lunghi anni aveva consentito quel senso di appartenenza che, nei vari partiti allora esistenti, la faceva assomigliare a una sorta di fede laica, occorreva porsi il problema di come “motivare” in un contesto culturale e persino antropologico nuovo l’affiliazione partitica.

Se poi si considera che la spettacolarizzazione della politica, prodotta dalle televisioni e dai nuovi media, ha oggettivamente fatto diventare la politica stessa un bene di consumo e contribuito a trasformare la società civile (soggetto politico primario, come è detto nell’articolo 49 della Costituzione) in opinione pubblica (oggetto destinatario del prodotto politico), si capisce come lo stesso tema della partecipazione politica debba perlustrare percorsi nuovi. Chi frequenta i social network sa bene che c’è una parte crescente di cittadini che ritiene infatti che quelli siano i luoghi nuovi della politica, dove la politica non solo la si partecipa ma la si fa. Tutto questo a prescindere dal nuovo segretario del Pd, se è vero che ai tempi della precedente segreteria nella rete è nato un movimento (M5S) che ha preso alle sue prime elezioni il 25%, metà dei quali probabilmente proveniente dalle varie sinistre “istituzionali”, Pd compreso.

Mi sembra dunque un po’ stucchevole mettere la testa sotto la sabbia per non vedere la profondità del problema.

I circoli (ieri le sezioni) sono ancora luoghi di partecipazione politica, in cui cioè “si fa” la politica? Onestamente no: sono già diversi anni in cui gli iscritti sono convocati solo in occasione dei congressi. E, allora, perché ci si deve iscrivere? Le primarie poi per la scelta dei candidati alle elezioni e persino dei segretari ai vari livelli del partito, hanno ulteriormente indebolito le ragioni della iscrizione.

Per questa serie di ragioni il problema del tesseramento è esploso in questo momento, ma poteva accadere anche prima o forse dopo.

Nel dibattito politico che coinvolge ora i democratici c’è sin troppa carne al fuoco per poterne aggiungere altra ancora. Questa è la ragione per cui penso che se ne dovrà parlare seriamente e approfonditamente appena possibile.
Ritengo peraltro che nel frattempo la segreteria debba intensificare la campagna per le adesioni in modo da arrivare all’obiettivo annunciato dei 300mila perché, in ogni caso, c’è bisogno di solidificare e bonificare (nei purtroppo non pochi luoghi in cui è urgente farlo) la struttura. Sapendo però che stiamo mettendo una pezza, non risolvendo il problema.

Personalmente vivo in una regione in cui pur essendoci ancora un partito abbastanza solido, il candidato alle prossime regionali, Stefano Bonaccini, deve sudare le fatidiche sette camicie per correre da una parte all’altra della regione a cercare in campo aperto gli elettori, là dove sono, anche i nostri di ieri, non potendo contare (come avveniva in passato) sul contributo decisivo dei circoli/sezioni.

A me pare che il segretario Renzi abbia ben presente il problema in tutta la sua consistenza e che non pensi affatto a un modello di partito mero “comitato elettorale”, e stia ponendo a tutti, maggioranza e minoranza, l’esigenza di pensare/inventare un modello che – senza vanificare l’importanza della leadership – sia in grado di strumentare la modalità di sostituirla democraticamente (come insegnano i classici della democrazia), ma soprattutto sia in grado di configurare una linea efficace di rappresentanza della comunità degli elettori.

Del resto il dibattito sulla forma-partito ha attraversato tutta la storia della repubblica. C’è chi aveva pensato al modello (tutti assolutamente democratici) di partito parlamentare, chi al modello di partito dei sindaci o degli amministratori, chi al modello di partito-mosaico in grado di dare unità alle mille esperienze della società che si riconoscono in un progetto politico, chi al modello di partito capace di sintetizzare forme di partecipazione diretta e di partecipazione indiretta, chi a un modello non più territoriale ma ancorato ai luoghi (professionali, di interesse, di associazionismo) della vita reale, chi infine a un modello sempre fondato come oggi sugli iscritti, motivati però su piattaforme non più ideologiche ma programmatiche.

Se vogliamo cominciare a parlarne seriamente, parallelamente – lo voglio ripetere perché non ci siano equivoci – a uno sforzo per irrobustire l’attuale tesseramento, questo è il tempo. Anzi potrebbe essere l’occasione per dare un senso, coinvolgendola finalmente su una scelta tanto decisiva, alla base degli attuali tesserati.

Fonte: Europa

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