7 dicembre 2018

“Con il dl sicurezza si rischia più irregolarità”. Parla il presidente Acli

Intervista di Democratica al presidente delle Acli Roberto Rossini: “Il fenomeno dell’immigrazione va gestito in maniera bipartisan”

Dopo la formalità del voto finale alla Camera, il dl sicurezza di matrice salviniana è legge. Un provvedimento criticato fin dal principio da un vasto mondo, dai sindaci ai sindacati al mondo dell’associazionismo, insomma da quella rete che dei problemi dell’integrazione si occupa ogni giorno per strada, e non con post e selfie. A tirare le somme di una legge che rischia di avere effetti devastanti è, con Democratica, il presidente delle Acli, Roberto Rossini.

Presidente voi avevate già preso posizione sul dl sicurezza, denunciando il rischio di maggiore irregolarità, è così?
Sì è così. Abbiamo da subito assunto una posizione molto critica, insieme al Tavolo asilo. Il fatto di aver smontato il sistema degli Sprar, per noi il modo giusto di affrontare il tema dell’integrazione, e avere invece propeso per una visione solo difensiva, ci ha fatto dire subito che quelle norme andavano nella direzione sbagliata. La nostra preoccupazione è che con una legge così aumenti l’irregolarità. La cosa più preoccupante è il passaggio dai permessi umanitari a un numero stabilito di permessi “speciali”, un approccio che tralascia del tutto il tema dell’accoglienza.

Le stime parlano di oltre 100mila irregolari in più nelle nostre città, senza le risorse sufficienti per i rimpatri. Sono cifre che confermate?
Non abbiamo numeri particolari, ma dalla Caritas sono queste le elaborazioni che arrivano. Il problema è che è come un cane che si morde la coda, perché se aumentiamo l’irregolarità, i cittadini chiederanno giustamente più regolarità e questo porterà a una ulteriore restrizione delle norme. Per noi gli Sprar restano la soluzione giusta, perché consentono un’integrazione per piccoli gruppi, anziché la concentrazione di molte persone in grandi centri, attorno a cui si manifestano anche elementi di illegalità. Se creo dei ghetti è chiaro che il cittadino medio chiede maggiore sicurezza.

Potrebbe esserci una volontà precisa da parte del governo in tal senso?
Questo vorrebbe dire che c’è un nesso diretto fra politiche e irregolarità e non mi spingo a tanto. Diciamo che di fronte a fenomeni di questo tipo c’è sempre una via che va verso una maggiore restrizione, e un’altra che vuole praticare un’altra strada e cerca, con un’apertura intelligente, di gestire il fenomeno. Perché il fenomeno dell’immigrazione o lo rifiutiamo, cosa difficile, o lo gestiamo.

Riguardo all’immigrazione l’Italia è il Paese europeo con lo scarto più alto tra percezioni e realtà. Secondo lei perché?
È vero che i media soffiano molto su quello che è diventato un tema prevalente, un po’ come quei giornali che parlano di un’emergenza furti negli appartamenti, mentre nella realtà il numero dei furti cala. Ma c’è anche un’altra cosa che va detta: fin dagli anni ’90 il fenomeno è stato sempre gestito solo dal punto di vista dell’emergenza, a partire dalla legge Martelli del 1990. È da allora che parliamo di emergenza, ma possibile che la classe politica di un Paese come l’Italia non riesca a dire che si tratta di un problema da gestire in modo bipartisan? Perché senza una via condivisa ogni volta si fanno solo passi indietro. Dunque forse la percezione è anche frutto dei vuoti della politica. Detto questo, ripeto, c’è certamente anche un problema di disinformazione.

Come vi attrezzerete con la vostra rete?
Penso che ci sarà una riflessione del Tavolo asilo, la legge non piaceva a nessuno dunque sicuramente ci saranno delle iniziative. Il Tavolo ha il pregio di parlare di immigrazione anche in termini positivi, e una legge così non va sicuramente in questa direzione.

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