20 aprile 2019

Migranti, così Roma comanda la Libia. La verità sui respingimenti

Alcune registrazioni nelle comunicazioni interne tra Italia e Tripoli svelano anomalie e irregolarità che rischiano di trascinare le autorità italiane davanti alle corti internazionali
Nello Scavo - Avvenire.it

La nave Mare Jonio aveva soccorso 49 persone a 40 miglia dalle coste libiche il 18 marzo, poi aveva fatto rotta su Lampedusa a causa di condizioni meteomarine avverse. La nave aveva ricevuto il divieto (mai formalizzato) di avvicinarsi alle coste italiane, ma il capitano Pietro Marrone si era rifiutato: «Abbiamo persone da mettere in sicurezza, non fermiamo i motori». Poi alle 19.30 del 19 marzo i migranti erano stati fatti sbarcare a Lampedusa.

«Ma in questi casi non c’è una procedura?», domanda sbigottito un ufficiale italiano a un collega delle Capitanerie di porto. «No - risponde l’altro - è una decisione politica del ministro, stiamo ancora aspettando le direttive». Intanto, però, senza ordini formali la nave Mare Jonio subisce un tentativo di blocco. Poche ore prima, sulle linee telefoniche Roma-Tripoli, si era consumato l’ennesimo riservatissimo scaricabarile a danno dei migranti.

L’inchiesta giornalistica che viene pubblicata oggi in contemporanea da un pool di testate internazionali e per l'Italia Avvenire e Repubblica svela anomalie e irregolarità. Tra questi alcune registrazioni audio (disponibili sul canale Youtube di Avvenire) ottenute nel corso di indagini difensive, che rischiano di trascinare le autorità della penisola davanti alle corti internazionali che stanno investigando sui respingimenti e i morti in mare.

L’ascolto di tutte le registrazioni audio e l’esame della documentazione lasciano sul campo molte domande. A cominciare da quelle sulla reale capacità della Guardia costiera libica di intervenire, ma che segretamente ottiene la supplenza di militari italiani. Abbiamo ricostruito i momenti ad alta tensione con vite alla deriva, mentre tra Roma e Tripoli passano minuti e ore prima che qualcuno provi a darsi davvero una mossa. L’unica certezza è che bisognava fare il possibile perché non intervenissero i soccorritori della missione civile italiana.

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