2 febbraio 2020

Grazie Gianni Rodari

Il maestro che ci ha insegnato la rivoluzione della fantasia
Trasformare tutto. Sognare in grande.  E non avere paura di sbagliare. A 100 anni dalla nascita dello scrittore che ha portato a scuola un mondo incantato, il ricordo di chi tra i banchi c’era veramente
Tratto da la Repubblica di Donatella Di Cesare

La scuola Piccinnini sembrava lontana, lontanissima, oltre ogni periferia. Solo la via Tiburtina riusciva ad arrivarci. Per il resto era circondata da prati incolti - aridi d’estate, fangosi d’inverno. Percorrerli ogni mattina mi sembrava una punizione ulteriore; si aggiungeva a sventure e tracolli che in quel periodo inseguivano la mia famiglia, da poco rientrata a Roma. L’insofferenza non si stemperava in classe, una quinta elementare frequentata da figlie di operai e disoccupati che nei volti, nei gesti, nelle parole portavano incisi le difficoltà, gli stenti, i soprusi che vivevano quotidianamente fuori.

La maestra si dava da fare. Ma i suoi sforzi non erano ripagati. Ogni tanto perdeva la pazienza - volava qualche schiaffo. Era ancora solo ottobre e la situazione appariva stagnante. Un giorno arrivò un nuovo maestro, o meglio, un maestro ausiliario, che avrebbe dovuto dare una mano. Era un uomo minuto, un po’ timido. Non alzava la voce e sorrideva spesso. Eppure era inflessibile.

In poco tempo tutto fu rivoluzionato. Cambiò l’aula, cambiò l’atmosfera e cambiammo noi. Le ore passavano rapidamente una dopo l’altra. Anzi, restavamo a scuola anche nel pomeriggio. I nostri impegni si erano moltiplicati e noi, prima così riottose e maldisposte, avevamo finito per essere addirittura entusiaste.

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