24 dicembre 2010

La nota del mattino del 24 dicembre 2010.

Le principali notizie politiche del giorno secondo il PD.

1. DA OGGI A IN ITALIA SI PARLA INGLESE.

Raggiunto l’accordo tra la Fiat, la Fim, la Uilm, la Fismic, l’Ugl per lo stabilimento di Mirafiori, il
cuore e il simbolo dell’industria italiana. La Fiom non lo ha firmato. L’intesa prevede l’investimento di un miliardo di euro nello stabilimento, l’impegno produttivo negli anni a venire e la garanzia dell’occupazione da parte della Fiat. Ora sarà sottoposto al referendum tra i lavoratori. L’intesa prevede tuttavia anche norme che toccano la valenza del contratto nazionale e il fatto che i sindacati che non hanno firmato non potranno far eleggere propri rappresentanti in fabbrica. Da qui, la prudenza con la quale, pur esprimendo un giudizio positivo perché si salva il lavoro a Mirafiori e la sopravvivenza dell’occupazione a Torino, il sindaco Chiamparino e il candidato sindaco, Piero Fassino, hanno lanciato un avvertimento. La Repubblica: “Chiamparino, parla di «intesa positiva non solo per la fabbrica ma per l`intera città», però auspica che «nella gestione dello stabilimento venga coinvolto anche chi non ha firmato». Il candidato sindaco del Pd, Piero Fassino, evidenzia che l’accordo è «importante», però avvisa: «Chi non ha firmato non deve essere oggetto di discriminazione». Al di fuori di Torino, invece, i commenti sull’accordo sono stati divisi nettamente. Positive le reazioni dei firmatari, della Fiat, del ministro Maurizio Sacconi. Ma mentre i sindacati hanno sottolineato che la positività dell’accordo sta nell’aver ottenuto la garanzia del futuro produttivo a Mirafiori, nelle parole di Marchionne e di Sacconi vi è stata anche la soddisfazione per un obiettivo di tipo più generale. Ed è proprio questo aspetto “generale”, e cioè il venir meno della valenza generale del contratto nazionale e il fatto che siano gli imprenditori e i sindacati che firmano accordi aziendali a decidere chi può essere eletto come delegato di fabbrica, ad aver preoccupato tutti coloro che si sono schierati in modo critico. Sergio Cofferati (La Repubblica): “Diventa chiaro il tentativo di stravolgere tutto il sistema contrattuale e delle relazioni sindacali. La Fiat, con la sua fabbrica simbolo, si pone come punto di riferimento negativo, con un accordo autolesionista per chi l`ha firmato». Stefano Fassina, responsabile economico del Pd: «Accordo regressivo», che «nessuno può considerare un successo» e che «apre alla negazione della democrazia sindacale». Il Foglio, quotidiano di Giuliano Ferrara, ha sintetizzato l’importanza dell’accordo in un lungo articolo a tutta pagina. “Torino. La rivoluzione marchionnesca è compiuta. Le nuove relazioni all`americana fra azienda e lavoratori sono pronte. La svolta "storica", parola di Sergio Marchionne, c`è. Da Torino inizia una nuova era. L`accordo per Mirafiori è stato raggiunto ieri
sera, senza la Fiom che non sarà più parte della rappresentanza sindacale aziendale nella Casa
torinese. La Fiat fa dunque a meno della Cgil, non succedeva dai tempi di Vittorio Valletta. Non solo: il gruppo automobilistico procede per la propria strada fuori da Confindustria e applica condizioni di lavoro non previste dal contratto nazionale dei metalmeccanici. Era accaduto solo negli anni Venti del secolo scorso, ricordano gli osservatori più attenti. I rapporti con il presidente della confederazione degli industriali, Emma Marcegaglia, diventano sempre più difficili. Il maggior punto di frizione è proprio la rappresentanza sindacale: il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, nell`intervista al Foglio di mercoledì, aveva confermato il proprio dissenso. Ieri sera, comunque, Marcegaglia ha plaudito all`accordo innovativo. Arduo dire altro. L`intesa si basa su uno scambio così sintetizzato in casa Cisl: "Non possiamo buttare a mare l`investimento in nome dei diritti del sindacato", ha detto ieri Claudio Chiarle, segretario della Fim-Cisl di Torino. Scelte difficili che segnano una svolta nella storia delle relazioni industriali in Italia dalle ricadute ancora indefinite seppure inevitabili nei rapporti di potere che solcano la politica, l`industria e i sindacati”.

2. CHIACCHIERE, PARRUCCHINO, CIELI AZZURRI E MINACCE: BERLUSCONI RIPETE LO
SHOW, MA I PROBLEMI NON SI POSSONO NASCONDERE PIU’.
In una conferenza stampa fiume, il presidente del Consiglio ha ripetuto ieri tutto ciò che gli italiani gli sentono dire da anni. Tutti i problemi sono stati risolti al meglio e quando il governo non c’è riuscito è stata colpa dei complotti. Il presidente è stato il principale mediatore dei più importanti accordi a livello internazionale. L’Italia sta meglio di altri paesi, nonostante la crisi. La maggioranza c’è. Si faranno le riforme, i giovani universitari sono stati incontrati ….fino alla minaccia di istituire una commissione bilaterale per verificare la condotta dei pubblici ministeri o la considerazione che un eventuale decisione della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento (le norme che gli consentono di evitare di presentarsi ai processi per corruzione dove i coimputati sono già stati condannati) sarebbe un attacco politico. Insomma, il solito show. Con tanto di finte aperture a Casini. Al di là del palcoscenico, però, alcune cose sono state chiare: Berlusconi considera i problemi concreti del paese un accidente marginale. A gennaio, le pressioni della Lega, le decisioni della Corte Costituzionale e la possibilità o meno di acquistare sul mercato qualche altro parlamentare per sopravvivere al potere, a Palazzo Chigi, decideranno il futuro della legislatura. Tutto il resto non conta.

3. UNA PIATTAFORMA DI PROPOSTE CONCRETE PER RILANCIARE L’ITALIA, IL
LAVORO, LA CRESCITA: LA PROPOSTA DEL PD ALLE OPPOSIZIONI PER
RICOSTRUIRE LA REPUBBLICA E SUPERARE IL DECENNIO BERLUSCONIANO.
“Io voglio parlare dell’Italia” ha detto il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, che ha tenuto una conferenza stampa insieme al presidente Rosy Bindi ed al vicesegretario Enrico Letta. I problemi del paese sono drammatici. Dopo un decennio di egemonia berlusconiana, l’Italia è in declino e oggi, nel mezzo di una crisi internazionale che sta ridisegnando il ruolo e posizione dei diversi paesi, rischia di cadere ancora più in basso. Il governo della destra non è in grado di dare risposte vere ed ha già chiaramente fallito. Da qui la proposta del Pd, che ha l’ambizione di creare le condizioni per unificare le opposizioni.
Con l’assemblea nazionale di Napoli, a gennaio, il Pd completerà il proprio percorso di messa a punto del programma. E sulla base di una piattaforma di proposte per una riforma repubblicana e per un’alleanza per la crescita e il lavoro chiederà un impegno a tutte le forze politiche dell’opposizione, ma anche a tutte le forze sociali, ai sindacati, agli imprenditori, alle associazionismo. L’obiettivo sarà di tipo costituente, perché bisogna superare l’era berlusconiana e dare nuovo slancio all’Italia, sia dal punto di vista dell’economia sia dal punto di vista dello spirito democratico.
Riforma repubblicana significa riforma elettorale, riforma istituzionale, riforma della giustizia perché sia efficiente e funzioni bene. Alleanza per la crescita e il lavoro significa una riforma fiscale che riduca il peso su lavoro, impresa, famiglia e lo sposti su rendite ed evasori fiscali; significa una riforma delle norme sul lavoro, contro il precariato e per una legge sulla rappresentanza sindacale; significa un programma di investimenti per dare lavoro e un pacchetto di liberalizzazioni. Questa sarà dunque la piattaforma e l’offerta. Quanto alle primarie, Bersani è stato chiaro: quelle in corso per le elezioni amministrative si faranno come previsto. Solo in seguito si aprirà una riflessione per rendere più efficaci rispetto all’obiettivo di aprire e includere forze nuove. Le primarie per la leadership nazionale invece si potranno fare solo alla fine, come prevede lo statuto del Partito Democratico: “Prima viene il programma, poi l’alleanza e solo alla fine si decidono le primarie. Chi vuole partire dalle primarie vuole ribaltare la logica e insegue il modello berlusconiano del personalismo. Noi vogliamo un altro film”.

4. AL SENATO PASSA LA LEGGE GELMINI. UNA LETTERA AL CORRIERE PER CAPIRE CHE COSA SIGNIFICA.
Ieri pomeriggio il Senato ha votato la legge Gelmini, dopo una dura opposizione da parte del
Partito Democratico e dell’Idv. Oggi una lettera pubblicata da il Corriere della Sera e firmata da tre professori universitari che sono anche senatori del Pd (Mauro Ceruti, Massimo Livi Bacci, Tiziano Treu), ne spiega i limiti e i contenuti veri. “Autonomia, Valutazione e Merito: sono i principi fondanti per la riforma del sistema universitario condivisi da chi vuole un rapido e vigoroso cambiamento. Una riforma che l`attuale Governo nonostante la sua (finora) schiacciante maggioranza non ha avuto il coraggio di affrontare, ripiegando su un pavido bricolage dell`esistente. Ebbene questi principi sono traditi dal disegno di legge Gelmini, che li evoca, ma non li persegue. E noi di autonomia, valutazione e merito ne vogliamo di più, molto di più: da qui la nostra netta opposizione. Una premessa: non si può riformare radicalmente un sistema, diffuso e complesso come quello universitario, riducendo le risorse e seguendo le ricette degli antichi cerusici. Non si risana l`ammalato salassandolo di qualche pinta di sangue! Sottrarre risorse al comparto della conoscenza all`istruzione primaria, a quella superiore, all`università, alla ricerca - ha tre effetti negativi che si rinforzano a vicenda.
Primo: aggrava la malattia, anziché curarla. Secondo: deprime il capitale umano, insostituibile
risorsa per crescere e prosperare. Terzo: chi consegue meno conoscenza è anche più vulnerabile
e più debole. E così i risparmi di oggi in cultura e istruzione si pagano domani con minore crescita,
maggiore disuguaglianza e maggiori spese per sostenere i più deboli. E questa l`interpretazione
della modernità dell`attuale maggioranza? Ma passiamo ai tre pilastri di una vera riforma, invisibili nel DDL Gelmini. Se vogliamo essere coerenti col principio dell`Autonomia, e riteniamo che la distribuzione di risorse pubbliche debba commisurarsi alla capacità degli Atenei e dei Dipartimenti di formare bene i propri studenti e di fare ricerca di buona qualità, allora occorre un sistema di Valutazione efficiente e rigoroso. A questo scopo dovrebbe servire 1`ANVUR, agenzia di valutazione indipendente che ancora risulta privo degli organi direttivi. E che per funzionare
seriamente - per valutare cento atenei, sessantamila docenti e due milioni di studenti - ha bisogno di esperti valutatori, economisti, sociologi, psicologi, statistici (l`ETS, agenzia privata di valutazione negli Stati Uniti ne ha più di mille!) e di costruire standard, metodi, procedure. Ma l`ANVUR non ha né testa né risorse, e quindi nemmeno ha cominciato a scaldare i motori. Dunque, la Valutazione è un fantasma. Ed è un fantasma l`Autonomia, perché la legge è prescrittiva fino nei minimi dettagli sull`articolazione dell`istituzione universitaria. Avremo università al guinzaglio, anziché istituzioni autonome, che si organizzano in funzione della loro storia, del contesto nel quale operano e della loro vocazione. Infine il Merito. Qui siamo di fronte ad un altro colossale bluff del DDL Gelmini. Il Fondo per il Merito, gestito dal Ministero dell`Economia, dovrà essere alimentato da risorse private perché non un euro pubblico è previsto. Un Soros o un Gates italiano sicuramente gestirebbero in proprio le loro donazioni, invece di affidarle alla burocrazia ministeriale. E se si volesse davvero sostenere il merito, occorrerebbe rafforzare il diritto allo studio che è oramai al lumicino: solo la
metà del già modestissimo numero di assegnatari gode di una borsa di studio!”

1 commento:

  1. A proposito del primo punto non resta che fare gli auguri per un felice 2011 a tutti i lavoratori di Mirafiori, in particolare a quelli della Fiom. Il prossimo anno purtroppo capiranno ancora meglio il significato della globalizzazione.
    Tra Chiamparino, Fassino, Cofferati, Fassina,..,ho capito un accidente; mi sembrerebbe corretto che su questa questione la direzione del PD si esprimesse.

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