15 gennaio 2011

La nota del mattino del 15/01/'11

Le principali notizie politche del giorno a cura dell'Ufficio Circoli Nazionale del PD.

CON LA DIREZIONE DI GIOVEDI’ 13 GENNAIO IL PD HA FISSATO LA ROTTA.
LA RELAZIONE DI BERSANI. IL DIBATTITO CON DECINE E DECINE DI INTERVENTI.
LE CONCLUSIONI. IL VOTO CON DUE CONTRARI E DUE ASTENUTI.
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha fissato nella riunione della direzione nazionale del Pd svoltasi giovedì 13 gennaio la proposta del Pd in una lunga relazione (in fondo alla nota la sintesi in dieci punti) con la quale ha confermato la linea indicata ormai da tempo.
Bersani ha ribadito l’analisi sulla profondità della crisi italiana, che non è solo contingente, ma è il frutto di un declino economico e di un arretramento della democrazia nell’ultimo decennio. Da qui è partito per rilanciare l’idea di proporre al paese, alle forze sociali e alle forze politiche di centrosinistra e di centro una proposta di una riforma repubblicana (di ricostruzione e di rivitalizzazione democratica della Repubblica) e un’alleanza per la crescita e il lavoro: una proposta per affrontare i cambiamenti necessari nei prossimi anni, non per un semplice cambio di governo, e che resterà valida al di là di ciò che può accadere in questo momento; una proposta che vede il Pd elaborare un progetto per la riscossa del paese e lavorare per costruire il superamento del decennio berlusconiano; una proposta che comporta una riflessione sulla democrazia anche all’interno del Pd, sulla forma partito, tema che sarà al centro di una conferenza nazionale con tutti i segretari di circolo entro il 2011.
Nella sua introduzione al dibattito Bersani, prendendo lo spunto dall’analisi sulla gravità della situazione italiana e dalla battaglia che aspetta il partito quest’anno, ha tuttavia chiesto ai dirigenti del partito un’assunzione di responsabilità per evitare che le forze interessate a fermare e frenare il Pd possano utilizzare il dibattito interno. E per questo ha chiesto alla direzione di esprimersi con chiarezza sulla linea politica.
Il presidente del gruppo parlamentare alla Camera, Dario Franceschini, ha chiesto per lo stesso motivo di chiudere i lavori con un voto. E Franco Marini ha reso più esplicita la ragione di questa esigenza nel suo intervento: «Se il segretario non può fare il miracolo di ridurre il numero delle dichiarazioni sulla stampa, allora c’è nella democrazia un solo metodo per indicare ai nostri militanti ed ai nostri quadri che c’è una linea chiara, condivisa dalla grandissima maggioranza del gruppo dirigente, pur nel dibattito e con l’esistenza anche di posizioni di minoranza: il voto».
I lavori della direzione si sono svolti per otto ore, con interventi che il presidente Rosy Bindi ha rigidamente contenuto nei 5 minuti l’uno. Tutti hanno riconosciuto la ricchezza del dibattito e il livello dell’analisi.
Ad esprimersi con insoddisfazione sulla relazione del segretario sono stati alcuni interventi dei dirigenti che si riconoscono nell’area Modem, in particolare Paolo Gentiloni, Giuseppe Fioroni e Marco Minniti, che hanno rivendicato il tema della vocazione maggioritaria con la quale il Pd è andato alle elezioni nel 2008, oltre che una posizione più marcatamente a favore dell’accordo Fiat. Due rappresentanti del Pd in Calabria, contrari al commissariamento del partito. E due parlamentari, Santagata e Zampa, di area prodiana. I membri della direzione che alle primarie si riconobbero nell’area di Marino hanno apprezzato la relazione ma chiesto alcuni espliciti chiarimenti e interventi sui temi dei diritti civili e delle primarie.
Nella replica, il segretario Bersani ha dichiarato la propria soddisfazione per la ricchezza e il livello del confronto. «Noi siamo l’unico partito che ha forze ed idee per unificare l’Italia e dargli una prospettiva di riscossa». Ha ribadito la propria linea: «La proposta mette al centro le nostre idee e da queste parte per offrire al paese, alle forze sociali, alle forze politiche di centrosinistra e di centro perché ciascuno possa assumersi le proprie responsabilità. Non ho capito quali sono le proposte alternativa. Quali sono? In che cosa consistono? D’altra parte, che cos’è questa nostra strategia se non una vocazione maggioritaria?». Sulla Fiat Bersani ha ricordato che è sbagliato prendere posizione come in un derby. E’ una questione complessa ed ha dato ragione ad Ichino sul fatto che, con o senza il caso Fiat, il tema della globalizzazione e del rapporto tra lavoro e democrazia sarebbe esploso. Ha preso alcuni impegni di riflessione comune in vista dei prossimi appuntamenti parlamentari sui temi dei diritti civili, in particolare sul fine vita, ed ha rinnovato il richiamo all’unità del partito. Infine, sul caso di uno scontro nato da una dichiarazione alla stampa di un parlamentare sugli incarichi di partito affidati ad esponenti della minoranza e che aveva spinto Gentiloni e Fioroni a parlare di rimettere il proprio mandato di presidenti dei rispettivi Forum del Pd, Bersani ha detto: «Erano in minoranza anche prima di oggi. Io sono il segretario e non ho mai chiesto o detto nulla. Vedano loro».
In sede di votazione Marco Minniti ha dichiarato che la replica del segretario aveva chiarito molte cose e che dunque i dirigenti che si riconoscono nell’area Modem sarebbero usciti, senza votare, invece di votare contro o di astenersi, come segno di apprezzamento. Michele Meta, per conto dei dirigenti vicini a Ignazio Marino, ha annunciato il voto favorevole.
La relazione del segretario con la linea del partito (la sintesi si può leggere qui di seguito) è stata approvata con soli due voti contro e due voti di astensione.
SINTESI RELAZIONE BERSANI
1. Nei prossimi mesi si deciderà che cosa faremo e saremo in Italia nei prossimi anni. Siamo ad un tornante storico. Per questo le proposte contenute nella relazione tengono conto di tutte le sensibilità presenti nel partito, in uno sforzo di massima unità, ma è opportuno che la direzione concluda i propri lavori con una posizione chiara e con un’assunzione chiara di responsabilità.
2. L’iniziativa politica del Pd che ha portato al voto sulla mozione di sfiducia del 14 dicembre è stata giusta. Certo, Berlusconi non è caduto, ma indiscutibilmente si è indebolito. Ne è uscita non una soluzione di vita, ma di mera sopravvivenza del governo. I problemi che si affacciano di fronte al paese Berlusconi dovrà scioglierli. Ma il presidente del Consiglio lo farà seguendo le ragioni personali, non gli interessi del paese. Potrà tentare uno strappo. Noi non


temiamo le elezioni anticipate. Ma non intendiamo togliergli le castagne dal fuoco: le elezioni anticipate sarebbero la dimostrazione del suo fallimento politico. In questa fase non ci impressionano i giochi tattici. Per esempio quello della Lega Nord sul federalismo: noi abbiamo la nostra proposta sul federalismo. Abbiamo le nostre discriminanti e non accetteremo un federalismo sgangherato e delle nebbie. Naturalmente la vicenda di dicembre ha allargato ulteriormente la divaricazione tra i cittadini e la politica, confermando che la colpa più grave di Berlusconi è di aver deformato l’agenda delle cose da fare: si parla di tutto, fuorché dei problemi degli italiani.
3. E’ da questi problemi che invece deve partire il nostro ragionamento politico, che deve riguardare la proposta da fare al paese ma anche il Pd. La situazione del paese non può essere una giaculatoria, dopo la quale si parla di altro. L’analisi sulla situazione del paese è la base sulla quale poggia la nostra strategia. La situazione del paese è grave e può essere riassunta in pochi dati, a cominciare dal fatto che nell’ultimo decennio il Sud si è drammaticamente allontanato dal Nord e però anche il Nord dell’Italia ha perso rispetto al resto dell’Europa. Basti pensare anche alla finanza pubblica: con un debito pubblico così elevato e una crescita così scarsa è chiaro che correremo rischi, che saremo esposti. La crisi italiana è di fondo, strutturale. Il declino di un decennio, testimoniato da tutti i dati statistici, e i problemi accumulatisi negli ultimi anni nella società italiana non si rimuovono in un mese. Per rimontare ci vorranno anni di impegno. Mettere mano a una strategia di riscossa è dunque un tema che non è ordinario. Se si pensa di essere di fronte ad un problema ordinario sia sul piano della democrazia, sia sul piano economico e sociale, è chiaro che il ragionamento può essere diverso. Oggi invece siamo di fronte ad un tornante ineludibile, profondo, di sistema, un passaggio storico per l’Italia. Il ragionamento deve essere conseguente.
4. Questa situazione viene percepita in modo molecolare nella vita comune, ma si traduce in sfiducia e disaffezione. Certo in Italia ci sono anche forze importanti, positive. Il tema è come metterle in campo. Ma l’idea che basti solo risvegliarle per risolvere il problema non tiene conto della profondità della crisi. E’ un’idea pre-crisi. Oggi le forze vitali del paese hanno bisogno di orientamento e di politiche positive, incisive. Questo sta avvenendo in tutto il mondo. E’ un portato della crisi.
5. Se tutto questo è vero e il paese si trova di fronte ad un tornante in cui sono in gioco il ruolo dell’Italia nella divisione internazionale del lavoro, il welfare, le prospettive delle nuove generazioni, è con autonomia di giudizio e capacità di assumere le proprie responsabilità, come un grande partito riformatore, che il Pd deve presentare un progetto al paese. E’ in atto in questo periodo una campagna di attacco sulle possibilità riformiste dell’opposizione. Da un lato va respinta al mittente, perché negli ultimi quindici anni solo il centrosinistra ha mostrato di essere in grado di apportare riforme. Dall’altro va presa come uno stimolo. La proposta sul progetto del Pd è tutto il contrario di un ragionamento politicista. Si parte da una proposta sui contenuti per affrontare i problemi del paese e lanciare una riscossa dell’Italia. E’ una proposta di sistema basata su due pilastri, una riforma repubblicana e un patto per la crescita e il lavoro. Riforma istituzionale, una riforma delle legge elettorale (doppio turno con quote proporzionali), il federalismo secondo il Pd, una riforma della giustizia perché funzioni per i cittadini, la riduzione dei costi della politica (l’esempio dell’Emilia Romagna può essere utile), la cancellazione delle leggi ad personam e delle leggi a favore della cricca, l’approvazione delle norme sul conflitto di interesse e di nuove norme antitrust per l’informazione, civiltà dell’immigrazione, la riforma della Rai… Ecco che cosa significa riforma repubblicana: un pacchetto di riforme democratiche, per la Repubblica, avendo come punto di riferimento l’Europa e che il posto dell’Italia che è e deve essere in Europa. Stabilità, crescita e lavoro. Il lavoro nella globalizzazione: se è necessario decentrare e flessibilizzare, allora bisogna che l’Italia si dia un modello fatto di regole di partecipazione e che abbia una sponda nelle leggi del paese. Contro la precarietà, contro i sottosalari. Bisogna


distribuire lo sforzo per aumentare la produttività, senza pensare che debbano farlo solo coloro che stanno alla catena di montaggio. E dunque: nuovo patto fiscale; liberalizzazioni; analisi dettagliata e intervento nella spesa pubblica corrente, cosa che il centrosinistra aveva cominciato a fare; politica industriale; economia verde; premi veri, non alla maniera del ministro Gelmini, per incentivare la ricerca; rivisitazione della politica per il Mezzogiorno, selettiva e che salti le intermediazioni amministrative, con diritti di cittadinanza, favorendo la legalità. Su tutti questi interventi e su altri ancora il Pd ha già lavorato nei mesi scorsi. Il lavoro ora va completato mettendoci anche un forte tasso di innovazione. L’assemblea nazionale che si svolgerà il 28 e 29 gennaio a Napoli (la terza dopo quelle di Roma e di Varese) deve essere anche riassuntiva di questo lavoro.
6. Prima viene la predisposizione di un progetto per la riscossa del paese. Questo progetto poi il Pd lo presenterà alle forze sociali e alle forze politiche, per andare non contro Berlusconi, ma oltre Berlusconi. E questo andare oltre ha dentro anche aspetti ricostruttivi e costituenti, dopo la cura subita dall’Italia negli ultimi anni: bisogna riallestire un modello di democrazia non populista e non plebiscitaria. E sui problemi economici e sociali si vede chiara l’esigenza di mettere elementi regolativi: socialità, patto fiscale, patto sociale. Non si ipotizza dunque un cambiamento di governo in una situazione normale, fisiologica. La proposta è di dare vita ad un cambiamento di fondo. Questa tensione costituente e ricostruttiva deve impegnare tutte le forze dell’opposizione che devono responsabilizzarsi se vogliono oltrepassare il berlusconismo, anche forze che hanno tra loro prospettive non collimanti. Noi vogliamo discutere questo progetto sia con le forze di sinistra e di centrosinistra interessate a una reale, stringente e non ambigua prospettiva di governo, sia con le forze di opposizione di centro e che si dichiarino di centro. Ovviamente il Pd non è interessato invece a forze impegnate nella ristrutturazione del centrodestra. Il Pd è interessato a dialogare con forze che abbiano una posizione moderata e che rifiutano la deriva plebiscitaria. Ma attenzione, noi non siamo quelli che bussano alle porte per vedere chi ci fa entrare: la proposta è per il paese, noi diciamo quello che secondo il Pd serve al paese. Alla fine si tireranno le somme, senza venir meno, però, in ogni caso, a questa prospettiva larga e coinvolgente, perché questo tipo di impostazione corrisponde alle necessità poste dai problemi del paese: una impostazione che resterà vera anche a prescindere dalle condizioni contingenti che si verranno a creare. Bisogna avere uno sguardo rivolto al futuro, anche al di là di ciò che accade in un determinato momento. Alle spalle abbiamo una cultura politica che questo ha saputo farlo. Basti pensare ad Aldo Moro, che ragionava sulla terza fase mentre in Italia c’era la strategia della tensione. Il problema del cambiamento non si esaurisce nella fase contingente, è il problema del prossimo decennio. Chi si sottrae a questa responsabilità spieghi, non a noi ma al paese, che cosa altro serve. E’ pensabile per esempio condizionare Berlusconi, sapendo da subito che lui ci porterà inevitabilmente ad una drammatizzazione del bivio costituzionale? Oppure restringere il campo già nella premessa all’idea che sia meglio chiudersi nel campo dei duri e dei puri, lasciando quelli che si ritengono moderati esposti alla sirena del populismo, favorendone lo schieramento dall’altra parte? Lo spieghino al paese. I tempi stringono e bisogna essere chiari. E che bisogna essere chiari riguarda anche il Pd. Tutte le proposte sono perfezionabili e migliorabili. Se si intende contestarle, bisogna presentarne altre e che si capiscano.
7. Fiat. La scelta che avverrà in queste ore è da rispettare. Noi teniamo all’investimento per Torino e per l’Italia. L’accordo prevede condizioni nuove non semplici per l’organizzazione del lavoro, ma su queste decideranno i lavoratori. In questa vicenda ci sono però anche riflessioni ed iniziative che toccano alla politica. A cominciare dalla solitudine estrema in cui si svolge questa scelta che rischia di coinvolgere tutti, mentre il governo o è assente o lavora per favorire soluzioni corporative e arretrate che in altri settori non contribuiscono alla produttività. Basti pensare al ministro della Giustizia che sta facendo fare la riforma delle professioni di fatto agli ordini professionali. Non è giusto che gli sforzi per l’aumento della produttività debbano gravare solo sulle spalle dei lavoratori. Le regole che derivano da


questo accordo non sono inoltre accettabili in termini sistemici. Non è solo questione di Fiat o di Marchionne, è una questione di sistema. Noi dobbiamo introdurre con urgenza nuove regole sulla rappresentanza. Infine è una vergogna l’assenza di una politica industriale e il silenzio totale del governo: le cose non sono chiare, al di là dell’investimento di Mirafiori, su Fabbrica Italia, su quali siano le condizioni della ricerca Fiat in Italia, su quale sia l’esito di altre scelte, per esempio su Termini Imerese. La posizione del Pd è dunque netta e chiara. Anche se il Pd non accetta di ridurre la propria linea a una questione di tifoseria. La vicenda Fiat non è il derby Milan-Inter.
8. Anche da questo punto di vista è necessario un richiamo alla responsabilità del Partito democratico a non offrire sponde e occasioni a chi vuole descrivere il Pd come inservibile, perché diviso. Se è inservibile il Pd è un problema per tutto il paese. Chi gioca con questo tema, scherza con il fuoco. In nome del paese non dobbiamo offrire argomenti e pretesti a chi vuole azzoppare il Pd prima che la corsa cominci. Su questo punto noi non siamo innocenti. Il problema del partito esiste. Entro il 2011 sarà opportuno organizzare una conferenza nazionale sul partito, coinvolgendo tutti i circoli, dove si discutere del partito. E non si discute partendo dalla coda, ma dalla testa, che è il tema stesso della democrazia. Per 20-30 anni in Europa abbiamo vissuto tutti una fase di ridiscussione dei partiti di massa. Dopo di che, come per tutto il resto dei problemi, in Italia abbiamo avuto una vicenda molto particolare. In Europa i partiti hanno avuto problemi, si sono indeboliti. Ma nessuno ha mai pensato di negare la funzione costitutiva dei partiti, che è quella di unificare, di semplificare la complessità, di collegare istanze parziali a una dimensione nazionale, di garantire maggioranze che possono orientare l’azione del governo. Il problema della stabilità non sta nel «capo», ma nella maggioranza: qui in Italia il problema è sempre stato il venir meno della maggioranza, mica l’assenza dei capi. E dunque questa funzione se non la svolge un partito, dato che in politica il vuoto non esiste, la svolgerà una forma di populismo personalizzata, perché la società civile, per quanto nobile ed essenziale, per definizione non è in grado di offrire questa unificazione. Noi possiamo portare dunque all’Europa una certa idea di partito: un partito molto più in comunicazione con gli elettori e i cittadini, un partito intimamente plurale, un partito trasparente, un partito aperto, ma anche un partito che non venga meno a quella funzione che serva al paese. Pd poteva significare «popolo democratico». Noi abbiamo detto «partito democratico». E dunque questo è il Dna. Il resto viene dopo.
9. Sulle primarie, quelle che ci sono si fanno. Nella conferenza sul partito discuteremo anche di questo. Non capisco gli appelli che ricevo a non cancellare le primarie. Non ho mai pensato una cosa del genere. L’idea è di riformarle per preservarle. Lo strumento ha mostrato una sua vitalità ma anche prodotto alcuni problemi, per esempio l’inibizione all’allargamento della coalizione o al coinvolgimento di personalità della società civile. E’ un tema che va affrontato senza sollevare bandiere e senza spirito di tifoseria. Nessuno vuole cancellare le primarie.
10. In conclusione, bisogna fare un richiamo forte ai comportamenti. Si sentono, purtroppo anche in luoghi non periferici del partito, parole non rispettose, parole che non danno l’idea minima di solidarietà, di rispetto e stima reciproca. E anche parole ambigue sulle stesse prospettive del partito. Questo non è accettabile, soprattutto se si pensa al momento che stiamo vivendo: quello che abbiamo di fronte è un anno di combattimento. Se ci si va con questo tipo di linguaggio, ci si va con le mani legate.

Su www.youdem.tv si possono vedere e ascoltare le dichiarazioni rilasciate in proposito ieri mattina dal segretario Pier Luigi Bersani nel corso della conferenza stampa sulle 150 iniziative del Pd per il 150° anniversario dell’unità d’Italia.

Nessun commento:

Posta un commento