Le principali notizie politiche a cura dell'Ufficio Circoli nazionale del PD.
1. BERLUSCONI DILAGA IN TV CON LA COMMEDIA DEL NONNO BUONO. LA MAGGIORANZA VA IN TILT SU RUBY E COMPAGNE. E INTANTO I PROBLEMI DEGLI ITALIANI RESTANO AL PALO.
Questa mattina il presidente della giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere, Pierluigi Castagnetti, rimuoverà i sigilli dal plico che ha inviato a Roma la procura della Repubblica di Milano sul caso Ruby-Berlusconi: centinaia di pagine con telefonate, prove, dati e testimonianze. Castagnetti e i suoi vice, Giuseppe Consolo di Fli e Domenico Zinzi dell`Udc, decideranno quando gli allegati potranno essere esibiti in una sala controllata dove poi i commissari della giunta potranno consultarli. Ma non fotocopiarli. Perché si tratta pur sempre di atti giudiziari di un`inchiesta ancora in corso, appena notificati alla difesa degli indagati. Nonostante tutte le cautele è chiaro che il contenuto degli atti verrà a conoscenza dell’opinione pubblica. E questo semplice fatto sta facendo tremare i polsi alla maggioranza, alle prese in questi giorni con la ricerca di nuovi adepti, ed ha spinto il presidente Silvio Berlusconi a fare una mossa d’anticipo, dilagando in tv con una dichiarazione di innocenza e con la pseudo rivelazione di essere fidanzato. Ugo Magri, giornalista che ben conosce il mondo berlusconiano, descrive così su La Stampa cosa stia accadendo, anche al di là del tentativo di non presentarsi davanti ai giudici nonostante le assicurazioni del primo momento: “Il mondo berlusconiano è in preda al panico. Pochi sanno che cosa c`è davvero nelle 400 pagine inviate dai magistrati alla Camera, ma chi vi ha dato uno sguardo non trova parole per raccontare. Lo stesso premier ha trascorso l`altra notte sfogliando le carte e ne è rimasto «profondamente sconvolto». Per il linguaggio crudo, da fare arrossire qualche scaricatore di porto, con cui le ragazze intercettate descrivono i festini di Arcore. E per i giudizi spietati, gonfi di sprezzo, che mandano in briciole il suo ego, che trasformano il Cavaliere umanamente in un mostro. A questo punto l`aspetto penale verrà dopo. Non per nulla gli avvocati Longo e Ghedini nemmeno sanno dire così, su due piedi, se il loro cliente dovrà appellarsi a qualche cavillo legale per schivare le domande della più terribile tra le inquisitrici, Ilda Boccassini. Prima della difesa legale, per Berlusconi viene quella urgente, urlata, disperata, della propria dignità di politico, di imprenditore, di padre e di nonno. Da domani sapremo quali orrendi segreti stanno nel plico su cui, ironia del destino, metterà la sua firma Fini da presidente della Camera. Ma soprattutto misureremo le reazioni collettive di indifferenza o di sdegno, e dunque le chances del Cavaliere di sopravvivere come in altri frangenti gli era miracolosamente riuscito. Una parte dei suoi ci crede ancora. Da Micciché alla Gelmini, da Bondi a Sacconi, da Cicchitto a Frattini, tutti si dichiarano pronti a immolarsi nell`ultima resistenza. Lo seguirebbero perfino all`inferno. Eppure, proprio nella guardia scelta berlusconiana si diffonde la sensazione di una battaglia inutile, senza speranza, senza la minima prospettiva strategica. Perché nessuno crede seriamente che basteranno trovate mediatiche come quella di ieri, l`annuncio nel videomessaggio dell`anima gemella, per arginare una marea di fango. In altri momenti sarebbe stato tutto un darsi di gomito, «hai visto Silvio che grande genio della comunicazione? Ha già fatto passare in secondo piano l`inchiesta»; ora invece solo sorrisi a denti stretti, e dubbi («cosa dici, funzionerà?») oppure sarcasmi velati («ma questa donna esiste davvero?»). Tra i collaboratori più intimi del premier non ce n`è uno, uno soltanto, che possa dire: io la conosco, ne ero al corrente. Se Berlusconi voleva tenere il nome della fortunata al
riparo della curiosità (e dei pm), c`è riuscito fin troppo bene. Ma forse l`annuncio è solo un modo per far sapere al mondo: «Ho messo la testa a posto. Tutto quello che leggerete nei prossimi giorni è acqua passata, appartiene al vecchio Silvio che non c`è più, morto e sepolto». E` la prima linea difensiva. La seconda barricata del premier consiste nel negare in via preventiva, nel contestare ancora prima che diventino pubblici i racconti boccacceschi delle ragazze, nel presentarli come vanterie, fanfaluche, bugie da comari, del resto tante se ne dicono al telefono quando mai si penserebbe di venire ascoltati. La terza trincea del premier sta nell`orgogliosa rivendicazione della sua privacy. A chiunque lo chiami, ripete come un vecchio 33 giri in vinile: «In casa mia io ho il sacrosanto diritto di fare quello che credo, guai se si entra nelle camere da letto, se mi va di fare regali li faccio, nessuno può obbligarmi a perquisire le mie ospiti perché non scattino foto». Nel passaggio più scabroso della sua quasi ventennale, carriera, Berlusconi sfodera perfino con gli amici la solita sfrontata sicurezza. Sostiene che l`indagine su Ruby «fa acqua da tutte le parti, manca la prova per incastrarmi». Salvo precipitare poi nel patetico quando sempre in privato confida: «Solo un uomo terribilmente solo, tutto questo succede perché vivo in questa condizione da cinque anni, ogni tanto anch`io sento il bisogno di una festa, desidero vedere gente... Invitavo quelle ragazze per scambiare un rapporto di affetto, con loro sono stato sempre paterno, a una ho fatto imparare l`inglese, un`altra l`ho fatta assumere a Mediaset...». Mai che abbia pronunciato, finora, la parola fatale: dimissioni. Eppure chi gli circola intorno giura che sta bene al centro dei suoi pensieri. Aleggia come uno spettro nella villa di Arcore. Qualcuno comincia a parlarne, sottovoce si capisce. Fa testo il giudizio di un ministro tra i massimi, che naturalmente non vuole essere nominato: «Il danno internazionale è insopportabile. Fosse Berlusconi accusato di violazione dell`articolo 2550 del codice civile, all`estero direbbero che è una storia italiana. Ma in questo caso si parla un linguaggio universale, sesso con una prostituta minorenne, lo capiscono anche in Cina. Tentare difese tecniche o andare in tivù è semplicemente ridicolo». Perfino tra i colonnelli più fedeli si va spargendo il dubbio: non sarebbe preferibile un passo indietro ora, subito, prima che tutto precipiti? L`argomento ha una sua forza seduttiva. Rinunciando a Palazzo Chigi, Berlusconi potrebbe contestualmente indicare un successore, quantomeno condizionare pesantemente la scelta di Napolitano. E poi restare dietro le quinte a difendersi dai processi, a tirare i fili della politica con un potere pur sempre smisurato. I vecchi leader democristiani, quelli immarcescibili, loro sì sapevano quando uscire di scena per ritornare al momento giusto. Tremonti, Alfano, Letta...Nessuno dei tre faticherebbe a trovare appoggi nell`Udc. Specie il primo, sarebbe la migliore garanzia per la Lega. Resistere a oltranza, invece, a che pro? Tra gli strateghi Pdl si fatica a trovare una risposta convinta. Qualcuno (Osvaldo Napoli) scuote la testa: «Qui non si fanno prigionieri, possiamo solo combattere, andrà come dio vuole». I più tacciono, sospirano, fremono e se la cavano con un «aspettiamo di leggere le carte, vediamo che cosa succede». Con un leader «sputtanato» non si può certo correre alle urne, questo risulta chiaro ai gerarchi del Cavaliere. Allora sì che Bossi diventerebbe padrone del Nord... Qualcuno più pessimista si spinge a paventare l`esilio di Bettino nella Tunisia. Anzi, «di questo passo Silvio farà la fine di Ben Ali». La sensazione è che in pochi giorni si consumerà tutto”.
Governo e maggioranza, insomma, come denuncia da tempo il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, sono attorcigliati e bloccati dalla vita privata del premier, mentre il paese avrebbe bisogno di affrontare i notevoli problemi posti dalla globalizzazione, dalla crisi economica e sociale, dalla disoccupazione, dal reddito delle famiglie, dal debito pubblico…..
2. SETTIMANA DECISIVA: FEDERALISMO IN PARLAMENTO. SENZA UN SI’ LA LEGA STACCA LA SPINA AL GOVERNO.
In parlamento questa sarà la settimana decisiva per capire se il Federalismo passa o no: va in discussione infatti il decreto applicativo sulla finanza locale. Il ministro Roberto Calderoli, della Lega nord, ha tentato diverse mediazioni per cercare di avere i voti necessari al varo delle norme contenute nel provvedimento. Il Pd è stato chiaro: “Noi – ha detto il segretario Pier Luigi Bersani – abbiamo la nostra proposta di federalismo, i nostri paletti. Siamo pronti a confrontarsi. Ma non un federalismo se è pasticciato e includente”. Sì al confronto, no al voto su testi che il Pd giudichi in modo negativo.
Sarà un passaggio decisivo, questo del federalismo, anche per il futuro della legislatura. Se la Lega non avrà la certezza di portare a casa un provvedimento che è diventato la sua bandiera, staccherà la spina al governo.
3. FIAT. DOPO IL REFERENDUM, COMINCIA LA BATTAGLIA PER VARARE NUOVE NORME SULLA RAPPRESENTANZA.
Bisogna approvare subito nuove norme sulla rappresentanza sindacale, ha ripetuto anche ieri il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ricordando che su questi temi il Pd ha lavorato a lungo, ha predisposto una proposta nelle sue assemblee nazionali, e una proposta di legge. Dopo l’accordo separato su Mirafiori e il referendum che l’ha confermato sia pure di stretta misura questo passaggio è diventato indispensabile.
La Cgil ha già invitato la Confindustria e gli altri sindacati a confrontarsi su questo tema. Ed ha annunciato che sul diritto di sciopero si potrebbe addirittura sollevare un problema di costituzionalità dell’accordo raggiunto a Torino.
Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, da tempo fautore di una svolta alla Marchionne ha ribadito invece di essere contrario a norme di legge, auspicando la moltiplicazione di accordi sulla scia di Mirafiori e di accordi sulla rappresentanza solo tra le parti sociali.
Nel dibattito sul dopo Mirafiori sta crescendo anche il tema della partecipazioni dei lavoratori o ai profitti (quando ci sono) delle imprese o (modello tedesco) alla gestione.
4. MENTRE L’ITALIA E’ BLOCCATA DALLE AVVENTURE DEL PREMIER IL MONDO CORRE ALLA VELOCITA’ DELLA LUCE: TUNISIA NEL CAOS; MEDIO ORIENTE IN FIBRILLAZIONE; USA E CINA, CHIARIMENTO AL VIA TRA GIGANTI. L’EUROPA STA A GUARDARE, MA INTANTO MERKEL LANCIA IL SUO CANDIDATO PER LA GUIDA DELLA BANCA CENTRALE.
Guerra civile in Tunisia. Dopo la fuga del premier Ben Ali (il cui insediamento molti anni or sono fu favorito dagli italiani) l’esercito sta cercando di controllare gli ultimi reparti fedeli al leader fuggito, ma nel paese è il caos: i ribelli hanno attaccato le residenze di familiari e sodali di Ben Alì, ma il caos ha favorito anche le banche di criminali che hanno colto l’occasione per spadroneggiare nel paese. In Tunisia vi sono molte imprese italiane, a cominciare da colossi come Benetton.
Anche in Algeria, Marocco ed Egitto (in questo caso per motivi religiosi) la tensione è alta. Così come in Medio Oriente, in particolare in Libano, dove traballa la fragile stabilità raggiunta dopo l’ultima guerra civile.
Alle porte dell’Italia, sull’altra sponda del Mediterraneo, stanno cambiando molte cose. L’Italia sarà in ogni caso interessata a tali cambiamenti.
Domani sera una delegazione cinese sarà a Washington per incontrare Barack Obama. E sarà un’incontro storico. Gli Stati Uniti stanno facendo fatica a collocare una massa crescente di titoli di Stato per coprire un debito pubblico in espansione (e se dovessero tagliarlo in modo drastico non potrebbero mantenere consistenti spese per gli investimenti in armamenti, cosa che consente agli Usa di restare la prima potenza mondiale, anche se economicamente insidiata dai nuovi giganti). Per questo hanno bisogno del sostegno cinese sul mercato finanziario (la Cina possiede titoli pari al 21 per cento del debito Usa, per un ammontare di oltre 850 miliardi di dollari). E dei consumi cinesi per esportare di più. Due articoli su La Repubblica (ieri ve ne erano su Il Sole 24 Ore) oggi spiegano bene questo passaggio. Scrive Giampaolo Visetti (l’altro articolo è di Federico Rampini): “Quarant`anni dopo l`avvio delle relazioni diplomatiche tra Cina e Stati Uniti, il presidente Hu Jintao atterra domani a Washington con un`agenda inimmaginabile, rispetto a quella che Mao Zedong presentò a Richard Nixon. Nel 1972 il leader di una nazione fallita chiese esplicitamente all`America un piano di aiuti per salvare 820 milioni di contadini dalla fame. Domani il capo del Paese dei record, che si appresta a salvare e a guidare il mondo in questo secolo, baderà invece a rassicurare la Casa Bianca su una ragionevole lentezza del tramonto Usa. I ruoli non sono ancora invertiti, ma oggi è Barack Obama a dover chiedere alla Cina un programma di salvataggio per gli Stati Uniti e per l`Occidente, cercando di capire non se, ma quando Pechino supererà anche Washington iniziando a controllare il mondo che gli Usa rappresentano”.
La Cina sta intervenendo in questo periodo anche per sostenere l’Europa, come contraltare agli Usa: mentre la speculazione e le grandi banche d’affari statunitensi stanno attaccando ripetutamente gli stati europei e i loro titoli pubblici (perché sono oggettivamente in difficoltà, ma il sospetto è che vi sia anche il tentativo di togliere appeal ai concorrenti dei titoli di Stato Usa), i cinesi stanno acquistato a man bassa titoli emessi dai paesi più deboli dell’euro.
La Germania sta scoprendo le carte in vista del rinnovo dei vertici della Banca centrale europea. La cancelliera Angela Merkel è tornata in questi giorni a sponsorizzare il candidato tedesco, Alex Weber, perché è bravo e perché la Germania vuole avere in mano le leve del comando per imporre all’Europa il suo tipo di rigore. Weber è il principale concorrente dell’italiano Mario Draghi.
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