4 febbraio 2011

Nota del mattino del 04/02/'11

1. IL PARLAMENTO BOCCIA IL FEDERALISMO. MA BOSSI, CHE HA COPERTO LE NOTTI DI ARCORE, IMPONE A BERLUSCONI DI VARARE IL DECRETO PER EVITARE LA RIVOLTA DEI LEGHISTI. LA PAROLA A NAPOLITANO. ORA ARTIGIANI E COMMERCIANTI PAGHERANNO LA PRATRIMONIALE.La commissione bicamerale che ieri doveva esprimere il proprio giudizio sul quarto decreto legislativo per l’attuazione del federalismo (fiscalità comunale) ha chiuso i propri lavori con un voto negativo. La votazione è finita con 15 sì e 15 no, e per regolamento il pareggio si intende come un responso negativo. Trattandosi di un decreto legislativo il parere della commissione non è stato considerato vincolante dal governo. Ma sulla questione si è subito aperta una discussione di legittimità con le opposizioni su quale testo, quello originario o quello modificato, potesse essere in questi casi preso in considerazione dal governo.
Al di là delle questioni strettamente procedurali ( che pure sono molto importanti nel caso di una legge delega e sulle quali ora la parola spetta anche a Napolitano) non c’è mai stata nella storia della Repubblica una forzatura così eclatante. Ieri sera, infatti, il Consiglio dei ministri, incurante del parere delle Camere, ha varato il decreto sul federalismo comunale.
Attenzione: il testo in discussione non è un decreto legge, che ha bisogno del voto del Parlamento per essere convertito altrimenti decade: in questo caso il decreto è uno dei provvedimenti (altri ancora devono essere preparati, per esempio sulla finanza regionale) che il governo è stato delegato a prendere con una legge già approvata dal Parlamento (quella sul federalismo), dove sono stati chiariti obiettivi, strumenti e mezzi da adottare. Il parere qui riguarda la corrispondenza tra la delega e il risultato, tra l’obiettivo e l’efficienza dei mezzi. Il Pd, il Terzo Polo e l’Idv hanno votato contro per i contenuti, considerando un pasticcio l’intreccio di addizionali Iva, addizionali Irpef, Imu e altre forme di prelievo che sono state previste, più che per attuare il federalismo, per mettere qualche denaro nelle casse dei comuni, svuotate dai tagli decisi dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, con la finanziaria. Una delle conseguenze di questo provvedimento sarà infatti l’aumento delle tasse. Artigiani e commercianti ne pagheranno una salata, per esempio, sui propri patrimoni, proprio nel momento in cui Berlusconi dice che vuole dare una scossa all’economia.
Perché dunque questa forzatura? La base leghista è in rivolta: mal digerisce il comportamento personale Berlusconi e i voti a ripetizione concessi dalla Lega in Parlamento per impedire che il presidente del Consiglio finisca davanti ai magistrati (l’ultimo è quello di ieri sul caso Ruby). Così Umberto Bossi ha imposto al presidente del Consiglio la forzatura sul decreto per poter presentare qualcosa ai propri militanti. Berlusconi ha dovuto cedere perché senza i voti leghisti sarebbe finito davanti alla Procura di Milano, invece che al Tribunale dei ministri, a rispondere del reato di concussione. Un favore incrociato tra due stanche figure tiene il paese in stallo e provoca un aumento delle tasse. Pier Luigi Bersani, segretario del Pd: «Un inaudito schiaffo al Parlamento, una lesione senza precedenti delle
prerogative delle commissioni parlamentari fissate per legge. Un vero atto di arroganza. Il governo Berlusconi-Bossi, dopo tanta propaganda, finisce per approvare con un colpo di mano il federalismo delle tasse».

2. OGGI E DOMANI L’ASSEMBLEA NAZIONALE DEL PD PER VARARE IL PROGRAMMA DELL’ALTERNATIVA AL BERLUSCONISMO.
Oggi pomeriggio alla nuova Fiera di Roma si riunisce per la terza volta l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico, formata da circa mille rappresentanti eletti con le primarie. Dopo la riunione di Roma a Maggio e quella svoltasi a Varese in ottobre, con l’appuntamento di oggi e di domani si conclude il processo di studio, riflessione, messa a punto e varo del programma di governo del partito. I temi più specificatamente in discussione sono sei: cultura, salute, pubblica amministrazione, sicurezza, welfare sociale, Mezzogiorno. I lavori saranno aperti dal presidente Rosy Bindi e dall’intervento politico del segretario Pier Luigi Bersani. Quindi si riuniranno fino a sera le commissioni. Domani mattina vi sarà la discussione sui temi previsti in assemblea plenaria. E, dopo il voto, concluderà i lavori il segretario Bersani.
Sarà la piattaforma programmatica così elaborata ad essere la base di confronto che il Partito democratico si prepara ad offrire al confronto con le altre forze politiche e con le forze sociali per costruire il superamento del berlusconismo, della cultura che ha imposto, dell’asfissia democratica dalla quale l’Italia rischia di uscire malridotta. E’ il progetto di una ricostruzione repubblicana, di una riscossa democratica e di un’alleanza per la crescita e il lavoro.

3. LA PROSSIMA SETTIMANA SHOW DI BERLUSCONI CON LA SCOSSA ALL’ITALIA. PERFINO IL SOLE 24 ORE PARLA DI CHIMERE. LA REALTA’ FA MENO SCENA, MA E’ MOLTO CONCRETA: SONO I TENTATIVI DI RIPARTIRE CON I CONDONI E I RIFIUTI CHE TORNANO A NAPOLI.
La prossima settimana nuovo show di Berlusconi sulla scossa all’economia. Al Consiglio dei ministri presenterà la riforma dell’articolo 41. Perfino Il Sole 24 Ore, giornale della Confindustria, solitamente favorevole al presidente del Consiglio, oggi scrive in prima pagina che parlare di una crescita del 4-5 per cento è una semplice chimera. E chiarisce che una riforma costituzionale comunque comporterebbe almeno un anno di lavoro parlamentare. Una scia di lumaca piuttosto che una scossa immediata. La modifica dell’articolo 41 si rivela dunque per ciò che è: una bandiera pronta per un eventuale campagna elettorale condotta sulla parola d’ordine fondamentale del Berlusconismo: fate quello che vi pare e bando a ogni regola.
Lontano dalle luci della ribalta che illumineranno lo show di Berlusconi si svolgeranno altre iniziative della destra. A cominciare dal tentativo di far approvare l’ennesima sanatoria edilizia con un emendamento alla legge milleproroghe (la proposta è stata presentata più volte, sotto diverse forme, stoppata e respinta, ma sempre rinnovata). E’ il vero core business della destra: il condono fiscale e il condono edilizio. Per il resto, tutto fermo. Come dimostra il ritorno del problema dei rifiuti a Napoli. Il Sole 24 Ore. “Il parlamento europeo boccia l`emergenza della Campania. E chiede che vengano bloccati 145,5 milioni di fondi
europei destinati all`ennesimo tentativo di risolvere la crisi. La seconda notizia è che sta per cominciare una nuova (l`ennesima) fase rovente dell`emergenza: i rifiuti ricominciano ad accumularsi sui bordi delle strade e presto non si saprà dove metterli. Infine, i militari consegnano scatoloni di documentazione economica sulla gestione dell`emergenza (contratti, fatture, bandi e così via): avrebbero dovuto fare il lavoro di rendicontazione, ma è stato ordinato loro di rinunciare all`incarico”.

4. LA PROSSIMA SETTIMANA LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI MILANO PRESENTA LE CARTE AL GIP SULLE ACCUSE A BERLUSCONI.
Mentre il presidente del Consiglio inonderà i Tg con le promesse di una crescita economica astronomica e di miracoli vari, la Procura della Repubblica di Milano depositerà presso il giudice per le indagini preliminari le carte dell’inchiesta e chiederà il giudizio sul capo del governo per i reati dei quali è accusato. In quel momento è assai probabile che nei programmi del governo si torni a parlare di processi brevi e limiti alle intercettazioni.

5. MOBILITAZIONE STRAORDINARIA DELLE DONNE. RACCOLTA STRAORDINARIA DELLE FIRME PER LE DIMISSIONI DI BERLUSCONI.
La mobilitazione delle donne sta crescendo in modo esponenziale. E’ un momento di riscatto al quale militanti e dirigenti del Pd porteranno il loro personale contributo. Anche la raccolta delle firme contro Berlusconi sta andando bene. Ma non bisogna rallentare: l’obiettivo di scaricare milioni di firme di fronte a palazzo Chigi va raggiunto entro i primi giorni di marzo.

6. L’EGITTO E IL MONDO. I CAMBIAMENTI IN NORD AFRICA POSSONO AVERE RIPERCUSSIONI GLOBALI. A PARTIRE DAL PETROLIO.
Un lungo articolo sul Financial Times di Nouriel Roubini, l’unico economista che aveva previsto la crisi della finanza, mette in luce i timori del mondo industrializzato per le ripercussioni del risveglio socio politico del Nord Africa e del Medio Oriente:
“ I disordini in Tunisia e ora in Egitto hanno importanti implicazioni economiche e finanziarie. Circa due terzi delle riserve mondiali accertate di petrolio e quasi la metà delle riserve di gas sono in Medio Oriente; il rischio geopolitico nella regione può quindi provocare brusche impennate dei prezzi petroliferi in grado di generare ripercussioni in tutto il mondo. Tre delle cinque recessioni globali del passato sono scaturite da uno shock geopolitico in Medio Oriente che ha provocato un rincaro del petrolio e il prezzo del greggio ha avuto un ruolo anche negli altri due casi. Il prezzo del barile ha avuto un peso rilevante anche nella recessione globale più recente. Gli Stati Uniti sono entrati in recessione a dicembre 2007, per effetto della crisi dei mutui subprime, ma il fenomeno ha assunto dimensioni globali solo nell`autunno del 2oo8. Questa recessione mondiale non è stata innescata soltanto dal danno collaterale del fallimento di Lehman. Nell`estate del 2008, i prezzi del petrolio erano ormai raddoppiati rispetto a 12 mesi prima, raggiungendo il picco di 148 dollari al barile. Questa evoluzione ha rappresentato un grave shock negativo in termini di ragioni di scambio e reddito reale, non solo per gli Stati Uniti, gran parte d`Europa e il Giappone, ma anche per la Cina e tutti gli altri mercati emergenti importatori
netti di petrolio e di energia. L`economia mondiale già fragile è così precipitata in una vera e propria recessione. Non sappiamo ancora in che misura il contagio politico in Medio Oriente si estenderà nella regione e magari anche oltre (un produttore di petrolio importante come il Venezuela potrebbe essere coinvolto da una "rivoluzione dei gelsomini"?). Né sappiamo se il rischio di interruzione della fornitura di petrolio provocherà un incremento consistente dei prezzi. Ma esiste il rischio che l`assalto alle autocrazie mediorientali abbia come risultato l`instaurazione non già di democrazie stabili, ma di regimi ancora più instabili e radicali. Ovviamente nessuno dovrebbe essere solidale con governanti legati a corruzione, povertà, alti tassi di disoccupazione e disparità di reddito, e tutti ci auguriamo che gli eventi in Tunisia e in Egitto portino a libere elezioni e a governi in grado di dare risposte alle esigenze e alle aspirazioni delle masse oppresse. Ma l`esperienza recente di "libere elezioni" e "democrazia" in Medio Oriente è stata deludente: la rivoluzione iraniana ha portato all`insediamento di un regime autoritario e oppressivo controllato da fondamentalisti islamici; le elezioni a Gaza hanno decretato l`ascesa del movimento radicale Hamas; il Libano ha visto il successo di Hezbollah, uno "stato nello stato" radicale e bene armato; e l`invasione statunitense dell`Iraq ha portato una guerra civile e una pseudodemocrazia instabile, sempre più a rischio di finire sotto il controllo di gruppi sciiti radicali. Anche prima dei recenti shock politici in Medio Oriente, i prezzi del petrolio erano saliti al di sopra dei 90 dollari, trainati non solo dai fondamentali di una ripresa economica globale, ma anche da fattori non fondamentali: un muro di liquidità in cerca di attivi e materie prime nei mercati emergenti, in un contesto di tassi d`interesse quasi azzerati e allentamento quantitativo nelle economie avanzate; clima euforico e comportamento collettivo (come nel 2007-08); e una disponibilità di nuove capacità petrolifere limitata e anelastica. Oggi il prezzo del petrolio si sta avvicinando ai 100 dollari al barile. Questa ascesa, insieme all`aumento correlato di altri prodotti primari, soprattutto alimentari, spinge verso l`alto l`inflazione nelle economie emergenti già surriscaldate, in cui i prezzi petroliferi e alimentari incidono fino a due terzi sul paniere dei consumi. Il rincaro del petrolio è uno shock negativo anche in termini di ragioni di scambio e reddito disponibile per le economie avanzate, uscite a stento dalla recessione e ora protagoniste di una ripresa anemica. Considerandola debolezza sui mercati dei beni e del lavoro, il rincaro delle commodity potrebbe generare soltanto effetti inflattivi di primo livello, senza ripercussioni sulla inflazione di base. Ma se i prezzi petroliferi dovessero salire ancora molto, queste economie subirebbero una brusca frenata se non, in alcuni casi, una ricaduta in recessione. Infine, l`ascesa dei prezzi dei prodotti primari aumenta l`avversione al rischio degli investitori e rischia di ridurre la fiducia dei consumatori e delle imprese, incidendo negativamente sui mercati finanziari e sull`economia reale.
Per quanto sia auspicabile che gli eventi in Tunisia e in Egitto sfocino in una transizione ordinata verso nuovi regimi stabili e democratici, non si può escludere il rischio di esiti più instabili e radicali. Queste tensioni e il conseguente rischio di ulteriori impennate dei prezzi energetici rappresentano un grave pericolo per un`economia globale in affannosa ripresa dalla crisi finanziaria e dalla recessione più gravi degli ultimi decenni.

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