A cura dell'Ufficio Nazionale Circoli del PD.
1. LA SCOSSA DELLE DONNE ALLA VIGILIA DI UNA SETTIMANA CRUCIALE. A MILANO PARLA LA MAGISTRATURA. E IN UN PARLAMENTO A MAGGIORANZA RISICATA RIPRENDE IL CAMMINO DEL FEDERALISMO.
“Arrivederci, Silvio” titola oggi il Financial Times, che dedica all’Italia ben tre articoli (donne, sbarchi e crisi politica). Ma non sarà così semplice, anche se le manifestazioni svoltesi ieri in tutta Italia (e non solo), organizzate dal basso dalle donne, senza simboli di partito e che hanno ottenuto un risultato straordinario dal punto di vista della partecipazione popolare (oltre un milione di persone coinvolte), costituiscono un punto di forza nuovo per la riscossa dell’Italia. “Siamo qui tutte insieme per restituire dignità alle donne e al paese” ha detto il presidente del Pd Rosy Bindi, in piazza a Roma. “Questo movimento non si fermerà, il paese merita di più e lo otterrà grazie alle donne”. “Oggi il paese ha parlato” ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, anche lui in piazza a Roma insieme alla moglie Daniela: “Questa imponente manifestazione spontanea è il segno di un nuovo ciclo: Berlusconi e i suoi dovrebbero uscire dal delirio e guardare in faccia la manifestazione del sentimento popolare”.
La scossa voluta e ottenuta dalle donne italiane è arrivata alla vigilia di una settimana cruciale. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell’incontro con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, svoltosi la scorsa settimana, ha richiamato l’esigenza di evitare scontri istituzionali e lo stallo della politica, pena la fine della legislatura. Da oggi si vedrà se il richiamo alla responsabilità ha funzionato.
Tra oggi e domani, a Milano, il giudice per le indagini preliminari dirà se la richiesta della Procura della Repubblica di avviare il processo immediato contro Berlusconi per due reati gravissimi, concussione e prostituzione minorile, sarà accolta o meno. Se la richiesta venisse accolta è già chiara la contromossa che farà il presidente del Consiglio: utilizzerà tutte le leve che ha a disposizione per sollevare il cosiddetto conflitto di attribuzione di fronte alla Corte Costituzionale, perché chiederà di essere giudicato dal Tribunale dei ministri almeno per il reato di concussione. Ma soprattutto metterà in campo la strategia del polverone mediatico che ha già avviato, grazie alle reti televisive e alle testate della carta stampata che controlla direttamente, ma anche alle trasmissioni Rai dove hanno posti di rilievo persone a lui fedelissime.
Non solo. Ieri si è svolto il congresso di Fli. Fini, eletto presidente, ha lanciato una nuova sfida: ha chiesto a Berlusconi di dimettersi tutti e due perché eletti ciascuno con i voti dell’altro ed ha proposto alla Lega Nord di approvare il federalismo (anche con il varo del Senato delle Regioni) e una nuova legge elettorale, per andare poi a votare l’anno venturo, ma, appunto, senza Berlusconi.
Dalla Lega sono venuti segnali di tentennamento, collegati in modo specifico al federalismo. Questa settimana riprende infatti l’iter legislativo dei decreti attuativi della legge delega sul federalismo. Il decreto delegato sul federalismo comunale deve tornare in discussione dopo la bocciatura da parte di Napolitano. Il decreto delegato su Regioni e costi standard della sanità deve andare in discussione nella commissione bicamerale, nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali, dove Pdl e Lega non hanno più la maggioranza. Da qui, e dallo stallo politico della maggioranza e del governo, oltre che dalla protesta della base per l’eccessivo coinvolgimento nella difesa dei problemi di Berlusconi, gli avvertimenti di due ministri importanti. Roberto Maroni, ministro
dell’Interno, ha detto che effettivamente ci sono rischi di voto anticipato. Roberto Calderoli, il ministro che più segue le sorti dei provvedimenti sul federalismo, ha detto che se non si recupera la maggioranza nelle commissioni parlamentari si dovrà andare alle elezioni politiche.
2. SOPRAVVIVENZA & AFFARI. IL PDL CONTRO NAPOLITANO. I FALCHI DELLA DESTRA RIPENSANO ALLA PIAZZA. BERLUSCONI RIAPPARE IN TV. E INTANTO NEL MILLEPROROGHE SI PENSA AL BUSINESS DEI MEDIA.
Le elezioni anticipate vengono considerate un rischio troppo alto da Berlusconi e dal Pdl. Come si può leggere oggi su La Repubblica, dagli ultimi sondaggi emergono tre scenari per il risultato alla Camera, dove scatta il premio di maggioranza per la coalizione che ottiene più voti: vittoria del centrosinistra se si andasse al voto su tre poli (42,7 per cento a Pd-Idv-Sel; 20,1 Centro; 36,4 Pdl-Lega), vittoria della coalizione larga (56,5 a Pd-Idv-Sel-Centro contro il 42,7 di Pdl-Lega); vittoria della destra se si andasse su tre poli, ma composti in modo diverso (28,2 per cento Sel-Idv; 30,2 per cento Pd-Centro; 40,0 per cento Pdl-Lega).
Da qui la strategia di resistenza ad ogni costo di Berlusconi. Il Pdl ha già risposto a muso duro al presidente Napolitano, affermando che non può essere lui a decidere le sorti della legislatura. I giornali di Berlusconi hanno già cominciato il solito cannoneggiamento. Questa mattina Berlusconi torna in Tv, intervistato da Maurizio Belpietro su Canale 5 (Mediaset). I falchi della destra hanno ricominciato a parlare di manifestazioni di piazza a favore del governo, anche per bilanciare l’effetto della manifestazione di ieri. Tutto in gioco, anche la guerra istituzionale o le tensioni di piazza, pur di sopravvivere.
E intanto, lontano dai riflettori, nel provvedimento chiamato milleproroghe, al Senato, è passata una norma molto particolare. Secondo Vincenzo Vita, senatore Pd, l’effetto di questa norma alla luce dei fatti sarà di impedire a Sky di acquisire o varare un quotidiano (il divieto per le Tv è stato esteso a tutto il 2011), ma consentirebbe a Mediaset di farlo.
3. IL RISVEGLIO DEL NORD AFRICA COINVOLGE L’ITALIA (E L’EUROPA).
Quattromila sbarchi in pochi giorni. Decine di migliaia di persone pronte a partire dalle spiagge tunisine. E molte di più che potrebbero partire da paesi, come l’Egitto, coinvolti nel risveglio delle masse nel Nord Africa. L’Italia è per queste persone la porta più vicina per entrare in Europa. E dunque il problema dell’immigrazione, che il governo della destra ha voluto rinviare, congelare, non vedere, invece di gestirlo perché inevitabile in un mondo globalizzato dove i paesi ricchi convivono con paesi poveri e poverissimi, è improvvisamente esploso in una dimensione drammatica.
Il problema è che anche l’Europa sta facendo finta di non vedere questo dramma che la riguarda direttamente. E il richiamo dell’Italia alle responsabilità comuni pesa di meno sul piano internazionale anche a causa del discredito provocato dalle vicende interne.
4. IN USA E IN EUROPA SI RIPARLA DI DRASTICI TAGLI AL DEBITO PUBBLICO. E L’ITALIA NON SARA’ ESENTATA.
Oggi il presidente Usa, Barack Obama, presenterà al Congresso una proposta di Bilancio che congela per cinque anni le spese discrezionali dell’amministrazione, punta a dimezzare il deficit pubblico (la differenza tra spese ed entrate annuali) e a ridurre in
pochi anni di 1.100 miliardi il debito pubblico (i debiti accumulati negli anni per coprire i deficit annuali). Una medicina amarissima. E che però non basterà ai repubblicani che dopo le elezioni di metà mandato sono fortissimi nel Parlamento Usa. Così è possibile che i tagli alla spesa pubblica sia ancora più pesanti.
Oggi in Europa si apre anche la riunione dell’Ecofin (riunione dei ministri finanziari) per discutere di conti pubblici, in vista della riunione dei 27 paesi prevista per domani, ma soprattutto del summit dei capi di Stato e di governo europei che a marzo dovrebbero stabilire nuove regole su deficit, debito e fondi per il salvataggio dei paesi in difficoltà. Germania e Francia venerdì scorso hanno concordato un pacchetto di proposte molto dure, per esempio la penalizzazione dei paesi che non riducano in modo consistente il debito pubblico quando questo valga più del 60 per cento della ricchezza che quello stesso paese produce ogni anno (Pil).
L’Italia ha un debito pubblico praticamente doppio rispetto al limite indicato da Francia e Germania (ma che era previsto anche nel trattato di Maastricht). Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha più volte garantito che il paese non sarà chiamato a fare sforzi straordinari perché ha un basso indebitamento privato. E’ la ragione che ha consentito al governo della destra di non affrontare il problema, così come non ha affrontato il problema della crescita perché la crisi, secondo Berlusconi, o non c’era o era già passata.
Fermo restando che un debito tanto elevato rappresenterà comunque un rischio di fronte ad un eventuale riaccendersi dell’inflazione o ad un attacco della speculazione sui mercati finanziari, entro marzo sarà chiaro se la garanzia dichiarata da Tremonti sarà riconosciuta anche da tutti gli altri paesi europei o se invece l’Italia sarà chiamata da subito a pagare un prezzo pesante per la politica del governo Berlusconi, che nel 2008 ha ereditato dal governo Prodi un debito pubblico al 104 per cento del Pil.
Da ricordare che questo risultato il governo Prodi (che certo non fu esente da difetti) riuscì ad ottenerlo pur avendo sostenuto in modo consistente la ripresa dell’economia e l’occupazione, tra l’altro riducendo per diversi miliardi di euro il cuneo fiscale (il costo del lavoro per le imprese), l’Ires, le imposte sulle società, e offrendo sostegno di reddito ai più poveri. Così come riuscì a liberare da lacci, lacciuoli e pesanti vessazioni diverse attività economiche degli italiani (mutui, conti correnti, ricariche telefoniche), senza dover toccare per questo la Costituzione.
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