18 marzo 2011

Nota del Mattino del 18 marzo 2011.

A cura dell'Ufficio Nazionale Circoli PD.

1. NAPOLITANO UNISCE TUTTI. LA LEGA RESTA ISOLATA. BERLUSCONI FISCHIATO. IL PD PARTITO DI PATRIOTI.
La festa del 17 marzo per i 150 anni dell’Unità d’Italia è riuscita. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha raccolto il consenso degli italiani. La Lega, con i suoi giochini, è rimasta isolata. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, contestato e fischiato, ha subito l’alleanza e la condiscendenza all’alleato leghista. Il Pd è stato protagonista. Il discorso di Napolitano alla
Camera è in versione integrale su diversi quotidiani.
Rudy Francesco Calvo, Europa: “I meno sorpresi sembrano proprio i Democratici, che
sull`importanza di questo anniversario insistono da mesi, a partire dalla Festa nazionale che si è svolta a Torino a inizio settembre. «Io voglio che il mio sia un partito di patrioti, di autonomisti e di riformatori - ha detto ieri Pier Luigi Bersani guidando una delegazione del Pd sull’Altare della patria, omaggio inedito per un partito politico - la parola "patriota" è stata sempre legata ai democratici, mai ai conservatori, e noi dobbiamo recuperare questo tratto in una Italia che deve essere ricca di autonomie». Ieri questa intenzione è apparsa evidente, dalle coccarde tricolori indossate dai deputati dem ai primi versi dell`Inno intonati
in aula al termine del discorso di Napolitano, con il resto dell’ emiciclo che si accoda all`iniziativa del Pd. Se Berlusconi, e con lui tutto il Pdl, paga in termini di immagine soprattutto in questi giorni l`alleanza con Bossi, che tante volte lo ha premiato invece nelle urne, il segretario dem ha scontato rapidamente le immediate polemiche per la sua intervista alla Padania e oggi può parlare di «tradimento» dei principi costituzionali da parte della Lega senza il timore di contraccolpi. Rovesciando, anzi, le responsabilità leghiste sul Cavaliere: «Chi giura sulla Costituzione e sulla bandiera o è coerente o va a casa e il presidente del consiglio deve renderne conto», ha ribadito ieri. Il clima favorevole al Pd,peraltro unico partito italiano ad avere un simbolo tricolore, si allarga anche agli ex rappresentanti istituzionali a esso più vicini. Ieri, al loro ingresso a Montecitorio per le celebrazioni ufficiali, la folla presente in piazza ha calorosamente applaudito i presidenti emeriti Oscar Luigi Scalfaro e, ancora più intensamente, Carlo Azeglio Ciampi. Tra i primi "ospiti" a giungere alla camera c`è stato Romano Prodi e anche per lui dalla gente in attesa sono arrivati solo applausi, che hanno fatto apparire ancora più stridenti i fischi piovuti poco dopo su Ignazio La Russa. Bersani ha accolto per primo in aula con un abbraccio sia Ciampi che Prodi, con il quale ha scambiato anche qualche parola. E, alla fine della celebrazione, ha apprezzato il discorso di Napolitano come «un punto esclamativo su una giornata splendida, nella quale tanti cittadini hanno fatto sentire il loro affetto per l`unità del nostro paese e per le sue radici democratiche e Costituzionali». È difficile prevedere la possibile ricaduta nelle urne di questo clima favorevole ai Democratici. E sarebbe anche riduttivo spiegare l`impegno straordinario del Pd per questo anniversario in termini di semplice tattica elettorale. Certo Bersani ha puntato molto sull`idea di un partito "responsabile", pronto a sacrificare perfino alcuni tratti identitari a favore di una alleanza costituzionale, per andare "oltre" il berlusconismo.Una scelta che lo ha sottoposto alle critiche della minoranza interna e lo ha costretto a leggere per mesi sondaggi al di sotto delle aspettative. Oggi questa strategia sembra stia iniziando a pagare. Lo dimostrano non solo i primi segni più delle rilevazioni statistiche, ma anche alcune sensazioni, diversissime tra loro, che non sono sfuggite al Nazareno…La verifica dell’efficacia arriverà a maggio con le amministrative.

2. VENTI DI GUERRA IN LIBIA. L’ONU, PER NON PERDERE LA FACCIA, DECIDE ALL’ULTIMO LA NO FLY ZONE. L’ITALIA METTE LE BASI?
Il Corriere della Sera: “Se Gheddafi avesse voluto scuotere una comunità internazionale immersa nel torpore, nulla avrebbe potuto essere più efficace delle minacce profferite nella serata di ieri: stiamo per prendere Bengasi -ha detto il Raìs – e con chi resiste non avremo pietà. In quelle stesse ore, a New York, il Consiglio di sicurezza dell`Onu tentava di trovare l`accordo su una risoluzione che spianasse la via a un intervento militare in Libia. Russi e cinesi si facevano ancora pregare, mentre i francesi e gli inglesi, spalleggiati questa volta dagli
Stati Uniti, facevano sapere che in caso di approvazione i bombardamenti a difesa degli insorti sarebbero cominciati a stretto giro di posta. Sul braccio di ferro diplomatico che si svolgeva all`Onu le parole di Gheddafi sono cadute pesanti come un macigno. A quel punto si trattava di rispondere al Colonnello o di dichiarare la resa. E sono allora giunte la disponibilità ad astenersi dei russi e dei cinesi, l`attenuazione delle altre obiezioni, la volontà di non permettere che la crisi libica si trasformasse in un clamoroso fallimento collettivo. La risoluzione prevede che possano essere applicate in Libia «tutte le misure necessarie» alla protezione dei civili, con la sola esclusione di un intervento ad opera di forze terrestri. La no-fly zone farà parte del dispositivo, ma è evidente che nell`attuale situazione essa sarà interpretata in maniera molto più offensiva di quanto inizialmente e
vanamente discusso. Dopo settimane di indecisionismo e di profonde diversità di approccio, l`Occidente si è finalmente reso conto che se il Raìs di Tripoli avesse vinto la sua sfida il prezzo sarebbe stato una generale perdita di immagine e di credibilità politica. Con il risultato di lanciare al mondo intero il segnale inequivocabile del passaggio a una nuova era,
postoccidentale e soprattutto postamericana”. Che cosa farà l’Italia? Metterà a disposizione le proprie basi?

3. GIAPPONE. UNA CATASTROFE EPOCALE. IL GOVERNO ITALIANO FINALMENTE FA MARCIA INDIETRO SUL NUCLEARE, MA NON PER I CITTADINI, SOLO PER UNA QUESTIONE ELETTORALE.
Gli Stati Uniti, dirimpettai del Giappone anche se a distanza, accusano senza mezzi termini il governo nipponico di mentire. La situazione della centrale di Fukushima è gravissima, da disastro epocale. Un dramma mondiale. Il governo italiano, dopo aver tenuto il punto sul ritorno al nucleare promesso ai costruttori, finalmente ha capito che non poteva resistere su una posizione tanto ottusa. Tutto il mondo sta tornando a riflettere sul nucleare, sui sistemi di sicurezza. Alla fine ha ceduto. Ma la preoccupazione per i cittadini non c’entra nulla, come ha rivelato la frase del ministro Stefania Prestigiacomo detta ieri in Transatlantico, a Montecitorio, al collega dell’Economia, Giulio Tremonti: “E’ finita. Non possiamo mica perdere
le elezioni. Non facciamo cazzate”. Al di là dei problemi italiani, il dramma del nucleare giapponese ha ormai posto in tutto il mondo anche un altro tema, di fondo, di cui economisti, industriali e politici non vogliono parlare, perché mette in discussione un assioma: il profitto e l’attenzione al solo conto economico hanno dimostrato, prima con la crisi finanziaria e adesso con questo dramma, che
non producono automaticamente efficienza e sicurezza. Al contrario, anche quando la mala gestione può mettere a rischio il resto dell’umanità possono essere ancora una molla potente che spinge ad agire senza precauzioni per la sorte degli altri.

4. RIMPASTO E PRESCRIZIONE BREVE. ALTRO CHE RIFORMA EPOCALE: BERLUSCONI CERCA LA SALVEZZA.
La Repubblica. “Il Pdl accelera sulle norme per Berlusconi, compreso il conflitto di attribuzione sul caso Ruby. Ma a una settimana dal consiglio dei ministri il Guardasigilli Angelino Alfano non ha ancora spedito al Colle il testo della riforma costituzionale perché i suoi uffici stanno ancora lavorando alla relazione introduttiva. Per cambiare la Carta c`è tempo, adesso è urgente approntare la trincea per bloccare i dibattimenti del Cavaliere. Ecco allora che, tra martedì e giovedì alla Camera, i berlusconiani vogliono far approvare subito in commissione Giustizia il "nuovo" processo breve con la "nuova" prescrizione breve per gli incensurati (come il premier). Negli stessi giorni vogliono ottenere il via libera per il conflitto di attribuzioni alla Consulta per il Rubygate. Perché, come dice uno di loro, «Montecitorio si dev`essere già espressa quando cominceranno le udienze a Milano». La prescrizione breve sarà in aula dal 28 marzo. E addirittura prima si vorrebbe il voto sul conflitto…”. Come previsto, la riforma epocale è già diventata carta straccia. Brutte notizie per il presidente del Consiglio anche sul versante del rimpasto. Ieri i cosiddetti responsabili hanno fatto una conferenza stampa per dire che non vogliono poltrone ma presenza politica. Tuttavia, Berlusconi sa bene che se non troverà una soluzione per dare qualcosa ai responsabili e ai molti aspiranti del Pdl le tensioni di questi giorni diventeranno esplosive. Ma la soluzione è lontana.

5. FEDERALISMO: UN ALTRO PASTICCIO IN ARRIVO, E CI SONO ANCHE NUOVE TASSE. LE RAGIONI DEL NO DEL PD.
Riunione al vertice del Pd, ieri, per verificare la posizione del partito sulla nuova partita del federalismo regionale. Questa la dichiarazione di Davide Zoggia, responsabile enti locali, e di Stefano Fassina, responsabile economia della segreteria: “Il Pd ha lavorato sempre per migliorare il testo sul federalismo municipale e altrettanto continua a fare sulla parte relativa all’assetto regionale. Il testo del governo, anche con le ultime modifiche apportate grazie alle nostre proposte, purtroppo contiene ancora contraddizioni nella definizione dei livelli
essenziali delle prestazioni e nei meccanismi di perequazione e determina aumenti
generalizzati della pressione fiscale. Inoltre gli errori commessi da Governo e Lega nella stesura del testo relativo al federalismo municipale impediscono, di fatto, di garantire un impianto coerente in grado di promuovere la responsabilizzazione e l’efficienza dei governi territoriali. Il federalismo, inoltre, non può partire con l’handicap inferto da una legge di stabilità che non consente di premiare i virtuosi e spingere al miglioramento chi sfora. Inoltre i tagli ciechi di Tremonti determinano il crollo dei servizi essenziali anche e soprattutto nelle
regioni che sono all’avanguardia per l’offerta. Per attuare il federalismo è quindi necessario ristabilire le risorse precedenti ai tagli fatti la scorsa estate con la legge 78. In assenza di risposte adeguate ai problemi indicati, il Pd voterà contro un testo dannoso per i cittadini e le imprese del Nord, del Centro e del Sud”.
«Non si può vendere come federalismo una botta ai servizi e alle condizioni di vita
degli italiani. Il Pd ha collaborato e grazie a noi ci sono stati miglioramenti anche se non soddisfacenti, ma se vogliono far partire il federalismo con tagli ai servizi e un aumento delle tasse non va» ha detto il segretario, Pierluigi Bersani. «L`impianto complessivo è insoddisfacente» ha detto Bersani. Appuntamento ora il 23 marzo per il parere della Commissione Bicamerale. Intanto, con una
sorta di federalismo all’incontrario, l’Italia rischia di nuovo un’infrazione alle norme europee a causa del mancato pagamento delle multe sulle quote latte. E tutto questo finirà sulle spalle dell’intero paese, invece che su quelle degli allevatori della Lega che hanno fatto i furbi.

6. I FRANCESI SI PRENDONO UN ALTRO PEZZO D’ITALIA: LACTALIS ALL’ASSALTO DI PARMALAT. E A MEDIOBANCA-GENERALI SI BALLA.
Con un blitz la francese Lactalis - a poche ore dal termine ultimo per la presentazione delle liste per il rinnovo delle cariche societarie della Parmalat che scade oggi alle 12 - ha rastrellato in Borsa per «perseguire lo sviluppo industriale» della società una quota che, tra partecipazioni dirette e equity swap, è pari all`11,42 per cento del capitale sociale, ma che facendo valere per intera l`opzione può salire fino al 14,28. Gli altri azionisti forti sono, con il 15,3, tre fondi collegati tra loro da un patto, Zenit, Skagen e Mackenzie. Ai piani alti di due tra le più nobili istituzioni finanziarie italiane, Mediobanca e Generali, intanto si balla: dopo gli scontri tra Diego della Valle e Cesare Geronzi, dopo la defezione di Leonardo del Vecchio, e con le peripezie debitorie del gruppo di Salvatore Ligresti (azionista di Mediobanca, generali e Rcs) ancora senza sbocco, ora sono i soci francesi, storici alleati dell’establishment italiano, come il finanziere Bollorè, ad essere insofferenti. Queste tensioni lasciano capire che è in corso uno scontro durissimo per il riassetto del potere al vertice delle due società, collegate tra loro (Mediobanca è il principale azionista di Generali).

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