26 ottobre 2011
La nota del mattino del 26 ottobre 2011.
1. L’EUROPA SULL’ORLO DEL BARATRO. RIUNIONE TRA CAPI DI STATO E DI GOVERNO. IL TEMPO STRINGE. SARKOZY E MERKEL CONSULTANO IL PROPRIO PARLAMENTO.
Da La Repubblica. Articolo di Andrea Bonanni. «L`Europa non è mai stata così vicina all`esplosione», dice il presidente francese Sarkozy parlando a porte chiuse ai suoi deputati. E in effetti il vertice che si aprirà questa sera a Bruxelles rappresenta l`ultima spiaggia per salvare l`euro e l`unione monetaria. La liturgia è quella dei grandi eventi. La Francia ha rinviato la pubblicazione delle previsioni di crescita perché, ha spiegato il premier Fillon, «esse dipendono in gran parte dal summit di domani». La cancelliere Merkel si presenterà prima del vertice davanti al Parlamento tedesco riunito solennemente in seduta plenaria per ricevere un mandato bipartisan a negoziare le condizioni del salvataggio dell`euro. Da Francoforte, la Bce potrebbe rompere il suo tradizionale silenzio ed emettere un comunicato al termine della riunione. Per sottolineare l`importanza dell`evento e la loro determinazione di andare al sodo, i capi di governo hanno anche annullato un incontro dei ministri delle finanze che avrebbe dovuto precedere il summit: come dire che ora non è più tempo di discussioni e di schermaglie, ma di decisioni concrete. Ma il nervosismo che circonda il vertice è al massimo”.
2. IL GOVERNO CERCA DI PASSARE LA NOTTATA PER ANDARE AL VOTO IN PRIMAVERA. BERLUSCONI NON CONSULTA IL PARLAMENTO, MA BOSSI.
Da La Stampa. Dall’articolo di Amedeo La Mattina. “L ennesima giornata convulsa sì chiude con una indiscrezione: Bossi accetta di alzare a quota 67 anni l`età per andare in pensione, Berlusconi apre alla possibilità di votare a marzo. Un`intesa segreta per sbloccare la situazione e scrivere una lettera che soddisfi Bruxelles senza spaccare la maggioranza. Prima di partire per Bruges, Napolitano ha atteso di leggere la missiva che Berlusconi manderà (dovrebbe mandare) stamane all`Unione europea. Il Capo dello Stato ha pure rinviato la partenza perla cittadina belga dove oggi parteciperà all`inaugurazione dell`anno accademico del Collegio d`Europa. Ha atteso invano: la missiva non era pronta, un accordo completo con Bossi non era stato ancora trovato. Qualcosa però Gianni Letta gliel`ha anticipato al telefono. Napolitano è partito preoccupato. Intanto a Roma il premier ha continuato a limare il testo, lungo nell`esposizione e nelle rivendicazioni ma «sottile» nei contenuti. Almeno rispetto alle aspettative europee; in particolare sul versante delle pensioni sul quale la Lega non ha ceduto. Tra l`altro il Consiglio dei ministri non ha preso alcuna decisione e scadenze precise non ce sono”.
3. L’ITALIA PAGA UN DECENNIO DI BUFALE E FAVOLE. E ADESSO RISCHIA DI DIVENTARE POVERA.
Da La Stampa. Intervista di Tonia Mastrobuoni a Vito Tanzi, per vent’anni stimatissimo capo economista del Fondo monetario e per qualche tempo sottosegretario all’economia dal 2001, dimessosi dal governo Berlusconi perché non sopportava di
dover raccontare bufale. “L’Italia rischia di mandare in rovina i frutti del miracolo economico se non fa le riforme che l`Europa le chiede». In questi giorni Vito Tanzi è in Italia, ospite dell`Istituto Bruno Leoni. Quando era sottosegretario all`Economia, all`inizio degli anni Duemila, l`italo arnericano era sempre seguito da un nugolo di cronisti affamati di notizie. Non solo per la sua biografia: dopo essere stato per vent`anni a capo del dipartimento delle politiche fiscali del Fmi, l`esperto mondiale di conti pubblici era stato catapultato nel ministero di Giulio Tremonti con una solida fama di economista. E diceva sempre, candidamente, quello che pensava. A un certo punto, nel 2003, lasciò. Qualcuno insinuò che Tremonti, innervosito da quel brutto vizio, l`avesse messo alla porta. E andata così professore? «Devo smentire questa tesi. È stata una scelta mia. Diciamo però che io ero abituato a dire le cose come le vedevo, non avevo interesse a dire la versione ufficiale che chiedevano al ministero». Scusi, che vuol dire la versione ufficiale? I conti sono conti. «Appunto. Non c`erano riunioni in cui qualcuno spiegava questa "versione ufficiale". Dovevamo coglierla a naso. Già pochi mesi dopo il mio arrivo, nel 2001, il ministro Tremanti mi mandò a una conferenza al posto suo. Dissi che c`erano problemi di finanza pubblica e che bisognava tagliare la spesa. E che non bisognava vedere solo le "vacche grasse", le cose positive, ma bisognava vedere tutto. Tremonti mi volle vedere e mi disse che dovevamo dire sempre che non avremmo mai messo le mani nelle tasche negli italiani». Lei come reagì? «Dissi che i conti pubblici non andavano bene. Dopo un po`, quando ho capito che non si-facevano le cose che pensavo si dovessero fare, ho preferito tornare a fare l`economista». E oggi cosa pensa dell`Italia? «Penso che di recente, dopo la lettera della Bce, Berlusconi si sia finalmente svegliato dal lungo sonno del "va tutto bene". E la stessa cosa però vale per Tremonti. In Italia il debito è al 120 per cento, il deficit da anni a livelli d`allarme, la produttività negativa da tempo: elementi che avrebbero fatto preoccupare da tempo qualsiasi ministro dell`Economia». Di cosa ha bisogno il nostro Paese? «Di una rivoluzione politica, amministrativa ed economica. Apportare modesti ritocchi, come è stato fatto negli ultimi anni, non basta più. Le riforme da fare si sanno da anni: bisogna rivedere le pensioni e ridurre la spesa pubblica (a cominciare dal taglio delle Province o dei Comuni), fare una seria riforma fiscale e mettere mano a questa montagna di burocrazia che vi affligge». Il governo continua a rimandare. «Faccio una previsione molto semplice: in assenza di cambiamenti fondamentali l`Italia potrà rimanere un Paese ricco ancora per qualche anno. Ma il lento declino che abbiamo osservato negli ultori vent`anni continuerà e, sul lungo periodo, la renderà più povera esponendola sempre più spesso alle crisi economiche e finanziarie. Il rischio è quello di mandare in rovina i frutti del miracolo economico». Ma perché il mercato si è svegliato solo ora se i problemi sono antichi? «E come in Argentina. Ad un certo punto gli investitori non si fidarono più. Gli interessi sul debito schizzarono di 2000 punti base e l`Argentina fallì».
4. BERSANI: IL PAESE RISCHIA. O GOVERNO DI TRANSIZIONE O VOTO.
Da La Repubblica. Articolo di Goffredo De Marchis. “Possiamo andare a votare a dicembre? «Perché no», è la risposta secca di Pier Luigi Bersani. Con un gruppo di deputati democratici, in un corridoio laterale della Camera, il segretario fa un`analisi impietosa della situazione. Prevede lo show down a brevissimo, «la letterina di
Berlusconi può far guadagnare 2-3 giorni». E poi? «Se anche l`Europa dovesse accettare questo accordo minimo, ci penseranno i mercati a darci una bastonata. Ormai i nostri titoli di Stato li comprano solo le banche italiane e la Bce. Che succede se la Banca centrale smette di acquistarli? Come fa a ingoiare un`intesa sul nulla?». Pensa già al dopo, Bersani. «Il governo di transizione sul modello Ciampi sarebbe l`ideale, è un`ipotesi che si rafforza in questo momento. Ma da sempre temo che Berlusconi abbia pronto il lanciafiamme e sia pronto ad usarlo contro il Paese. Quindi è una soluzione non facile. Può nascere un governo Letta. Sarebbe un passo avanti ma dovrebbe fare le riforme. E noi rimarremmo all`opposizione». La terza via è il voto anticipato. Non a marzo, è troppo tardi. A dicembre «perché no», insiste Bersani lasciando intendere che la considera molto più di una probabilità. «Anche in Spagna non sono abituati a votare d`inverno. Eppure le elezioni le fanno il mese prossimo...». Di tutto questo, racconta Bersani rispondendo alle domande dei presenti, ha discusso con Pier Ferdinando Casini nel pranzo di lunedì. È la seconda volta che si vedono "d`urgenza" a Bologna. «Facciamo il punto quando la fase diventa critica. Ma parliamo anche del futuro. Io mi preoccupo di rendere potabile e credibile per il governo un`alleanza di centrosinistra, quella che chiamano la foto di Vasto. In fondo, è il compito principale del segretario del Pd: cercare di tenere insieme le anime del centrosinistra. Ma la prospettiva finale rimane l`alleanza con i moderati. L`ho detto a Casini, capisco che guardando i sondaggi il Terzo abbia la tentazione di correre da solo. Ed è vero che un`intesa con loro si può trovare anche a urne chiuse. Ma è diverso fare un patto prima del voto anziché dopo». Casini cosa risponde durante i pranzi bolognesi? «Da due anni il Pd parla di ricostruzione, di crisi sociale, del pericolo di un crollo della nostra economia. Io vedo in Casini una consapevolezza nuova rispetto al passato. Adesso condivide la nostra analisi». Il leader democratico fa capire che un pezzo di strada con l`Udc è già stato fatto, che manca poco a un patto per il governo. Ma Berlusconi è ancora in sella, l`accordo con la Lega in qualche modo regge. «Ho parlato con Maroni. Gli ho detto che o staccano la spina o pagheranno il conto con gli elettori. Perché Berlusconi non mollerà mai. Non ha un partito vero come ce l`ha Zapatero. Io quella storia la conosco bene. Un bel giorno sono andati da lui 5-6 dirigenti del partito socialista e gli hanno spiegato: "Zappy, è finita, ti devi fare da parte. Magari perderemo le elezioni, così però abbiamola speranza di non essere ancellati"». Nel Pdl sono in grado di fare lo stesso? Dice Bersani che l`Unione «sta dicendo a Berlusconi: devi andare a casa». Ed è inutile rigirare la frittata aggrappandosi alle debolezze di Merkel e Sarkozy. «Sarà pure vero che il settore industriale tedesco soffre, ma noi siamo il fanalino di coda dell`Europa. Ed è vero che le banche francesi hanno in pancia tanti titoli tossici. Ma lì regge un sistema complessivo, sul mercato gli istituti francesi trovano sempre nuove risorse. Senza contare che sia la Francia sia la Germania hanno i soldi per salvare chi è in difficoltà, noi no. In America tante banche sull`orlo del fallimento il giorno dopo hanno accolto nuovi investitori senza fargli pagare un centesimo più del giorno prima. Perché nessuno può credere che gli Usa vadano gambe all`aria. Noi invece corriamo il rischio. Siamo troppo grandi per essere aiutati dagli altri, ce la dobbiamo fare da soli». Se la salvezza passa dal voto, se Berlusconi ha veramente deciso di usare il lanciafiamme, che voto sia. Prima di marzo, prima dei danni irreparabili. «Non è vero che stiamo meglio degli altri, che alcuni nostri fondamentali reggono. Le banche italiane sono solide seppure fanno una fatica enorme a trovare i soldi sul mercato.
Perché il Paese non funziona, perché tutti vedono che rischiamo grosso. E temo che i prossimi giorni ce lo ricorderanno».
5. BINDI: LE NOSTRE PROPOSTE VALIDE PER SALVARE IL PAESE. SE IL GOVERNO AVESSE FATTO CIO’ CHE PROPONIAMO DA TEMPO L’ITALIA NON SAREBBE CADUTA FINO AL PUNTO DI OGGI.
Da Il Corriere della Sera. Intervista all’arma bianca a Rosy Bindi di Monica Guerzoni. «La vera misura che l`Europa ci chiede è il passo indietro di Berlusconi». Il premier resiste e oggi la sua lettera arriverà a Bruxelles. «Bisogna vedere se il compitino soddisfa la Ue e se la sopravvivenza del governo non è la morte del Paese». Bossi è pessimista, dice che il governo rischia la crisi. «Mai come questa volta ci sono così vicini. La Lega è in grande sofferenza, lo sa Maroni e lo sa anche Bossi. Il motivo per cui il governo teneva segreta la lettera della Bce è che non è in grado di onorare gli impegni». Se al governo ci foste voi del Pd la situazione economica sarebbe migliore? «A noi quella lettera non sarebbe arrivata, perché non avremmo sprecato io miliardi per togliere l`Ici e provare a salvare l`Alitalia senza riuscirci. Non avremmo abbassato la guardia sulla lotta all`evasione e avremmo riformato il fisco tassando rendite e transazioni finanziarie e alleggerendo famiglie e imprese. Avremmo lavorato per irrobustire l`Europa e non per ridurla alle conferenze stampa di Merkel e Sarkozy». Le dichiarazioni del vostro responsabile economico, Stefano Fassina, non sembrano rafforzare l`Europa... «Fassina ha mosso critiche alla lettera della Bce. Ma al di là delle posizioni caratterizzate da qualche eccesso, la linea del Pd è assumere i contenuti di quella lettera non acriticamente ma con una mediazione politica». Prima di tutto dovete mediare al vostro interno, vista la differenza di posizioni su temi come le pensioni. «Non credo che il Pd sia diviso. La riforma della previdenza che abbiamo fatto noi con il governo Dini funziona e ha al suo interno gli strumenti per affrontare le sfide di oggi». Voterebbe l`innalzamento dell`età pensionabile a 67 anni? «La nostra proposta prevede incentivi e disincentivi per allungare l`età a 67 anni su base volontaria, ma il risultato della riforma dovrebbe andare ai giovani e alle politiche per la famiglia e non solo a scalare il debito, come è avvenuto per la pensione delle donne. Con noi la crescita sarebbe stata diversa, non avremmo affamato famiglie ed enti locali, non avremmo umiliato la scuola e avremmo riformato la pubblica amministrazione». E la patrimoniale? Le liberalizzazioni? «Le nostre proposte sono chiare, i grandi patrimoni immobiliari vanno tassati. Quanto alle liberalizzazioni, siamo stati gli unici ad averle fatte». Sulla flessibilità non avete idee altrettanto chiare, altrimenti non farebbero notizia il neolibe-rismo di Matteo Renzi e i «giovani curdi» del Pd, i trentenni che invocano il riformismo di Alesina e Giavazzi. Licenziare è un tabù? «La riforma del mercato del lavoro è necessaria, ma non ci sono solo le proposte di Alesina e Giavazzi. Siamo pronti a ragionare sulla flessibilità in entrata e in uscita, ma con adeguati ammortizzatori sociali. Però non siamo disponibili a fare cassa sulla pelle delle persone. E, soprattutto, il lavoro precario deve costare di più del lavoro stabile». E come pensate di far tornare i conti dello Stato? «Non si esce dalla crisi diminuendo il sistema di welfare. A saldi invariati noi chiediamo che il governo ritiri la delega per la riforma fiscale e assistenziale». Bersani ed Enrico Letta hanno lavorato ai fianchi Maroni, ma la Lega non stacca la spina. Non offrite sufficienti garanzie?
«La garanzia più grande per la Lega è staccarsi da Berlusconi, prima di perdere del tutto i suoi riferimenti elettorali e politici. Lo ha capito perfettamente Maroni e lo ha capito anche Bossi. La nostra proposta è sempre quella, un governo di responsabilità nazionale. Spero che trovino il coraggio di rompere” Dareste l`appoggio a un governo guidato da Schifani o Gianni Letta? «No, se cade Berlusconi ci sono solo due strade. Un governo di responsabilità sostenuto da tutti, o le elezioni. Siamo pronti a votare e saremo in grado. di costruire una coalizione larga tra progressisti e moderati. L`unità delle opposizioni è un dato di fatto».
Non avete un leader... «Se non lo abbiamo ancora individuato non è perché ci mancano i leader, ma perché ne abbiamo fin troppi. Comunque c`è Bersani e faremo le primarie». Lei si candida? «Lo potrei fare solo se melo chiedesse il mio partito».
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