10 gennaio 2012
La nota del mattino del 10 gennaio 2012.
1. EUROPA TUTTA IN RECESSIONE. LE BANCHE NON INVESTONO. I BUND TEDESCHI VENDUTI A TASSO SOTTO ZERO. E LO SPREAD CON I BTP SI ALLARGA.
L’Europa, tutta l’Europa, compreso il ricco e forte Nord, rallenta il passo e comincia a vedere i segnali concreti di una recessione, la seconda dal 2008. I rischi per l’occupazione, già messa a dura prova, sono notevoli. E la crisi fa paura. Le banche non investono nei crediti alle imprese, preferiscono depositare il denaro liquido presso la Bce o investirlo nei Bund tedeschi. Ieri la domanda è stata così forte da far abbassare il tasso di interesse all’asta dei Bund sotto zero. Di conseguenza la differenza di rendimento con i titoli offerti dai paesi con debito elevato, come l’Italia, si è ampliato. Gli effetti si vedranno nelle aste dei titoli di Stato italiani giovedì. Unico aspetto positivo: ora che la crisi morde anche il Nord Europa, Germania compresa, ci sono maggiori margini per rilanciare una politica per la crescita.
Da La Repubblica. Articolo di Maurizio Ricci. “La recessione sta risucchiando l`Europa e, a quanto pare, non si salva nessuno. Un rallentamento dell`area euro era, infatti, scontato e previsto: si stima che, complessivamente, l`economia europea si ridurrà, nel 2012, dell`1,5 per cento. Tuttavia, andando a guardare più da vicino i dati, si vede che l`ombra della crisi copre non solo i paesi deboli Grecia, Irlanda, Portogallo, Italia e Spagna - già investiti dal ciclone dei debiti pubblici e dalla stretta dell`austerità. Ma si allunga anche sui paesi cosiddetti forti, quelli del Nord Europa, compresa la Germania che, fino ad oggi, era sembrata marciare a pieno regime. Una convergenza in negativo che, però, può cambiare le carte al tavolo dei vertici europei e favorire una svolta nella scelta delle ricette contro la crisi degli ultimi due anni: in particolare, convincendo i tedeschi che l`austerità dei bilanci pubblici non è la risposta a tutti i mali. Anche la locomotiva tedesca, infatti, sembra destinata a segnare il passo. Una panoramica delle previsioni di un ventaglio di banche sull`economia tedesca nel 2012 indica che quasi tutti prevedono, per quest`anno, un più che vistoso rallentamento. Nei primi tre mesi del 2012, anzi, ci dovrebbe essere una vera e propria recessione, con un Pil inferiore a quello dell`ultimo trimestre 2011. Ma, poi, l`economia non ripartirà, avvitandosi in un sostanziale ristagno. Anche i più ottimisti - come gli analisti di Unicredit e di Allianz - prevedono, infatti, una crescita non superiore all`1%. Mentre il grosso - da Citigroup a Morgan Stanley, da Goldman Sachs a Commerzbank a Deutsche Bank - prevedono, per l`intero anno, uno sviluppo zero o allo 0,1 per cento. La Hsbc arriva a stimare l`effettiva contrazione, dello 0,3 per cento, di una delle più forti economie del mondo. Il caso tedesco non è isolato. Tutti i paesi forti - il Nord dell`euro - che, finora, si sono opposti apolitiche dichiaratamente antirecessive ed espansionistiche, in nome della disciplina di bilancio, si trovano ad affrontare i venti della crisi. Perla Francia, le previsioni ufficiali, che molti ritengono ottimistiche, sono di una riduzione del Pil dello 0,2% negli ultimi mesi del 2011 e, poi, ancora dello 0,1 fino a marzo, con una disoccupazione che risale al 9,6%. Ma va anche peggio nei paesi più vicini alla Germania, nella custodia dell`ortodossia monetaria. In Olanda, il Pil dovrebbe ridursi dello 0,5%, con 90 mila disoccupati in più (il 15,25 per cento della forza lavoro). In Finlandia, l`economia- che, ancora nelle previsioni dello scorso settembre, sarebbe dovuta crescere dell`I per cento - si contrarrà, invece, dell`1,5 per cento e i disoccupati arriveranno all`8,5 per cento. L`Austria che, nel 2011, era cresciuta di oltre il 3%, dovrebbe scontare una contrazione dello 0,5 nei prossimi dodici mesi. E` possibile che le improvvise difficoltà spingano i paesi del Nord Europa a stringere ulteriormente i cordoni della borsa dei piani di salvataggio dell`euro e dei paesi deboli. I dati spingono, però, in direzione opposta. La recessione nel Nord Europa indica, infatti, come siano ormai collegate le economie dell`area euro. I 17 paesi della moneta unica sono, infatti, un`area relativamente chiusa, in cui il grosso delle esportazioni avviene all`interno. Il crollo della domanda, indotto dai programmi di austerità nei paesi deboli, sta compromettendo anche l`export dei paesi forti. Lo si vede in Germania, in Austria. Per il 2012, la Francia prevede uno sviluppo zero delle esportazioni. Ma non è l`unico segnale. Ieri, l`asta dei titoli tedeschi a sei mesi ha permesso alla Germania di collocare quasi 4 miliardi di euro ad un tasso negativo: meno 0,01%. In altre parole, gli investitori hanno pagato di tasca propria per poter avere i titoli. La scorsa settimana, l`Olanda aveva collocato titoli a tre mesi a tasso zero. E` l`ennesima prova della corsa degli investitori verso il rifugio dei titoli sicuri. Ed ha suscitato l`ironia di molti operatori, pronti a confrontare l`asta dei Bund con quella, contemporanea, con cui la Grecia ha collocato titoli a sei mesi ad un tasso vicino al 400 per cento. Ma è anche un segnale negativo: tutto il sistema dei tassi di interesse tedeschi sta scendendo, pericolosamente, verso lo zero. E` il sintomo di un rischio crescente di deflazione. Fra recessione in atto e ombre di deflazione, cosa può cambiare nella politica europea? Anzitutto, l`allargarsi della crisi può mettere in evidenza i rischi di un` austerità generalizzata e aiutare chi, come il presidente del Consiglio italiano, Mario Monti, insiste perché, nella gabbia dei vincoli di bilancio che si stanno per istituire, si tenga conto degli effetti temporanei della recessione sui conti e, in particolare, si svincoli la spesa per investimenti. In secondo luogo, può indurre Berlino ad allentare le briglie sulla propria economia, stimolando una domanda che benefici le esportazioni degli altri paesi. Infine, può ampliare i margini di manovra di MarioDraghi. Un nuovo taglio dei tassi (dall` 1 allo 0,5%) potrebbe arrivare prima di quanto si pensasse e una politica più attiva di intervento sui mercati potrebbe apparire opportuna anche ai più riluttanti, visto che, fra recessione e deflazione, i rischi di una fiammata inflazionistica appaiono lontani”.
2. LA CRISI SPINGE MERKEL E SARKOZY A STRINGERE I TEMPI. DOMANI MONTI A BERLINO. IL 20 TRILATERALE A ROMA. LA SCELTA EUROPEA DEL PD, CHE IL 20 RIUNISCE L’ASSEMBLEA NAZIONALE.
La crisi che morde anche i paesi più forti sta costringendo tutti, anche la Germania, a fare qualche passetto in avanti. Ieri, al termine dell’ennesimo vertice tra il presidente francese Sarkozy e il cancelliere tedesco Merkel, i due leader europei hanno annunciato la possibilità di chiudere prima del tempo un accordo sui bilanci pubblici, mentre comincia a far passi in avanti anche il progetto di una tassazione delle transazioni finanziarie, sostenuto soprattutto dai partiti progressisti.
In questo contesto l’Italia, attraverso il presidente Mario Monti, può giocare un ruolo per imporre una modifica positiva della linea tedesca, rilanciando la politica della crescita proprio a cominciare dall’Europa. Il Partito democratico lancia l’offensiva perché l’Italia si metta all’avanguardia di un processo di unificazione europea anche dal punto di vista politico.
Da Il Messaggero. Intervista al vicesegretario, Enrico Letta. “L`Europa, la definizione di nuove regole, compiti e strategie, sta diventando la trincea del governo Monti, il suo più impegnativo e caratterizzante terreno d`azione. E` un bene o un male? «A mio avviso - spiega Enrico Letta scandendo le parole per il governo, e in generale per tutta la politica. italiana, si tratta di una grande opportunità». E anche di un rischio però. «Al contrario. Proprio sul fronte europeo, in una fase così delicata, l`Italia può fare la differenza. Sotto più aspetti, infatti, è visibile, percettibile il ruolo che il nostro Paese e il governo Monti possono giocare. Lo colgono le persone; l`hanno colto anche gli osservatori internazionali. Basti pensare al Washington Post che solo pochi giorni fa scriveva che da cosa farà il governo italiano in Europa dipende l`economia mondiale. Si tratta di una grande opportunità, non certo di un vincolo. E questo perché ho sempre considerato il governo Monti non come un esecutivo di normale amministrazione, finalizzato a gestire la contingenza del giorno per giorno: una specie di parentesi di cui molti attendono la chiusura. Secondo me invece questo è un governo che ha un ruolo molto forte, un ruolo da situazione straordinaria». Che deve impiegare in che modo? «E` venuto il momento che il governo e i tre partiti che lo sostengono scrivano un patto sull`Europa e definiscano l`idea di Europa del 2020 che l`Italia vuole portare avanti». Un patto? Con quali capisaldi, e per fare cosa? «Deve essere il patto per costruire gli Stati Uniti d`Europa. In cui, per intenderci. proprio questa specifica espressione venga usata senza alcun tabù. Il caposaldo deve essere l`unione politica, economica e fiscale, accanto a quella monetaria, del vecchio continente. Un patto all`interno del quale vengano esplicitati i grandi obiettivi di integrazione di cui oggi c`è bisogno per salvare l`euro e salvarci tutti noi. Oggi bisogna farla». Concretamente che vuol dire Stati Uniti d`Europa? Che fisionomia, che regole deve avere questa nuova entità? «Bisogna eleggere il
presidente dell`Unione europea; integrare i corpi elettorali più di quanto si sia fatto finora; dare più potere all`Europarlamento. La messa a punto di un patto del genere deve diventare il baricentro della linea politica che l`Italia deve intestarsi. Ovviamente, ripeto, a condizione che un accordo di tale portata venga sottoscritto da tutti gli attori in campo: il governo Monti appunto e i tre partiti maggiori che lo sostengono. In modo da far sì che l`esecutivo esca da una dimensione di sola emergenza e straordinarietà, in modo da dargli la forza per fare le riforme». Scusi, ma nella situazione attuale è credibile quello che chiede? «Penso di si. Non a caso dico che questo patto deve essere siglato oggi, in questo mese di gennaio che è cruciale per l`Europa e per il premier Monti. L`Italia ospiterà a Roma il vertice a tre con Merkel e Sarkozy e poi il presidente del Consiglio volerà a Londra per incontrare il primo ministro inglese Carneron, senza dimenticare l`Eurogruppo e i summit in agenda. All`interno di questo mese cruciale, prima di questi appuntamenti decisivi, è auspicabile che Monti e le forze politiche che lo appoggiano siglino quel tipo di patto e si impegnino su di esso. Se tutto questo accadrà, ed è il mio augurio, Monti avrà più forza in Europa e sarebbe il primo passo della riconciliazione tra tecnica e politica che ritengo ineludibile». Che tipo di riconciliazione? E perché? «Perché questi primi due mesi di vita del governo Monti hanno sancito un eccesso di separazione tra i tecnici i politici. Una situazione che alla lunga rischia di portare male sia agli uni che agli altri. E di portare male complessivamente al Paese». Per caso sta chiedendo che nel governo entrino ministri di Pdl, Pd e Terzo Polo? «Niente affatto. Niente rimpasti, tutto può benissimo e anzi deve restare com`è. Quello che dico è che c`è bisogno di riconciliare quelle due dimensioni. Lo ha detto bene, con nitidezza, Bersani e io sono molto contento che l`abbia fatto. C`è bisogno che il fossato tra tecnici e politici venga colmato. E proprio l`Europa è l`occasione per farlo. Anche perché è una occasione che capita subito. Il suggerimento, l`appello che rivolgo a tutti è che questo diventi il tema dei prossimi giorni. E` un modo perché la politica, come ha saggiamente ricordato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo messaggio di fine anno, torni centrare. Un modo perché anche il governo dei tecnici possa essere può forte nella Ue per questo grande lavoro che deve fare di guidare un percorso europeo che non può essere lasciato soltanto alla insufficiente coppia franco-tedesca». E il Pd deve essere il motore di questo patto? «E` una operazione che funziona solo se tutti e quattro i soggetti sono convinti. Noi, il Pd, dobbiamo essere quelli più convinti di tutti perché l`Europa è il nostro Dna. Noi avremo una Assemblea nazionale il 20 gennaio, lo stesso giorno in cui ci sarà il vertice a tre con Francia e Germania a Roma. Sarà quella la sede migliore e l`occasione per ribadire il nostro impegno europeo».
3. IL GOVERNO ACCELERA SULLE LIBERALIZZAZIONI. “CORAGGIO” INCITA BERSANI, RICORDANDO LE DECINE DI PROPOSTE PRESENTATE DAL PD.
Il sottosegretario alla presidenza del consiglio ed ex presidente dell’Antitrust, Catricalà, annuncia un affondo del governo sulle liberalizzazioni. “Coraggio” incalza Bersani (ieri sera ospite di Otto e mezzo su La 7). E ricorda non solo le iniziative prese dai governi di centrosinistra, ma anche le decine di proposte di liberalizzazione presentate dal Pd nel 2011: decine di proposte illustrate in una conferenza stampa nel febbraio scorso e poi inserite nel Piano Nazionale per le riforme. Forse è il caso di ricordare che il Pnr del Pd fu inviato all’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, il quale si rifiutò di discuterne. E fu ben poco preso in considerazione dai principali quotidiani del paese, allora ancora sostenitori della linea Tremonti. Oggi l’Antitrust suggerisce quelle stesse proposte e il governo si appresta a vararle. Ma non si leggerà l’autocritica degli autorevoli commentatori che allora si chiedevano: dove sono le proposte del Pd?
4. IL MINISTRO FORNERO COMPLETA LE CON SULTAZIONI. SI PREPARA IL CONFRONTO UNITARIO CON SINDACATI E IMPRENDITORI. IL PD OFFRE IL SUO CONTRIBUTO SUL TEMA DEL LAVORO.
Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sta per concludere le consultazioni separate con le forze sociali e per avviare un tavolo di confronto collegiale. Il tema dell’articolo 18, come sostiene da tempo il Pd, non è stato sollevato in questi incontri.
Il Pd intanto offre la propria proposta al confronto sul tema del lavoro.
Da L’Unità. Articolo di Simone Collini. “Un contratto prevalente che preveda un periodo formativo di massimo tre anni al termine del quale siano garantite tutte le tutele, articolo 18 compreso, indennizzo monetario per chi venisse licenziato nella fase d`ingresso, riduzione degli oneri contributivi per le aziende che stabilizzano. Anche le ultime limature sono state fatte e dopodomani Stefano Fassina illustrerà ai membri del forum Lavoro riuniti nella sala Berlinguer di Montecitorio la proposta con cui il Pd andrà al confronto col governo.
Pier Luigi Bersani ha chiesto ai dirigenti del partito di evitare di entrare nel dibattito, ora che la partita sul mercato del lavoro è tutta giocata tra esecutivo e parti sociali. Ma al tempo stesso ha dato mandato al dipartimento Lavoro, guidato da Fassina, di mettere a punto un testo che tenga conto di quanto deciso all`Assemblea nazionale del maggio 2010 e alla Conferenza nazionale sul lavoro dell`estate scorsa. Il responsabile Economia del Pd ha lavorato sul materiale approvato in quei due appuntamenti e sui contenuti delle proposte di legge presentate al Senato da Paolo Nerozzi (ispirata dalle teorie degli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi e fortemente sostenuta da Franco Marini) e alla Camera da Cesare Damiano e da Marianna Madia. Nella bozza finale che verrà illustrata dopodomani ai parlamentari Pd membri delle commissioni Lavoro di Camera e Senato (ma sono stati invitati alla discussione anche il professore di economia alla
Cattolica di Milano Carlo Dell`Aringa e altri docenti universitari) non vengono invece riprese le proposte di Pietro Ichino, primo firmatario di un progetto di legge che prevede un superamento dell`articolo 18 (quelli economici, tecnici e organizzativi vengono fatti rientrare tra i motivi per giusta causa per i licenziamenti individuali). Il giuslavorista resta convinto che il modello della "flexsecurity" sia preferibile a quello centrato sul contratto prevalente d`ingresso, e la discussione non mancherà. Nel Pd si sta però lavorando per arrivare a un confronto senza aspre tensioni, e il fatto che Ichino abbia giudicato un «ottimo compromesso» la proposta di legge Nerozzi-Marini se la sua si rivelasse «non politicamente praticabile», fa ben sperare Bersani, che vuole chiudere l`Assemblea nazionale di Roma del 20 e 21 con un voto unitario sulla posizione del Pd sulla riforma del mercato del lavoro. Bersani, che ha fissato per i prossimi giorni un incontro col presidente del Consiglio Monti, valuta intanto positivamente che nel fronte sindacale tutti condividano la necessità di un confronto unitario. Per il leader del Pd «cambiamento e coesione devono andare insieme», cioè l`Italia può uscire dalla crisi solo se saranno approvate le riforme necessarie a garantire la crescita senza provocare lacerazioni nel tessuto sociale. Contratti tra il partito e le organizzazioni sindacali sono continui, in questi giorni. Così come tra partito e governo e anche con le altre forze che sostengono l`esecutivo in Parlamento, alle quali Bersani propone una piattaforma comune italiana da sostenere in Europa. La riforma del mercato del lavoro è troppo delicata per non essere il più possibile condivisa. Così come altre riforme necessarie all`Italia per superare questo brutto momento. Bersani dice nel corso della puntata di "8 e mezzo" che quello Monti non lo giudica un governo tecnico, e che anzi un esecutivo come quello attuale «è preferibile a uno fatto col manuale Cencelli». Il leader del Pd sottolinea però durantela trasmissione televisiva anche se è vero che non tutta la politica è «sporca» è anche vero che ora bisogna «ripristinare un rapporto decente tra cittadini e istituzioni». Bersani, intervistato da Lilli Gruber, lancia anche altri messaggi all`indirizzo del governo: in generale ad accelerare sulle liberalizzazioni, a Monti ad avere «coraggio» e al sottosegretario Carlo Malinconico a dare spiegazioni sulla vicenda delle vacanze che gli sarebbero state pagate da imprenditori della "cricca" dei grandi appalti del G8: «Non so se il fatto sia vero o no ma l`idea della trasparenza è una esigenza dichiarata e conclamata. Dovrebbe dare spiegazioni».
5. RAI. IL GOVERNO PREPARA LA RIFORMA DELLA GOVERNANCE, IL PD LO INCORAGGIA, IL PDL TEME DI PERDERE IL PUNTELLO DI UNA RAI AL SERVIZIO DI BERLUSCONI.
Il governo Monti si accinge a presentare una proposta di riforma della governance della Rai. Il Pd, che da tempo ha presentato una propria proposta, è d’accordo: perché il governo non dovrebbe interessarsi alla sorte di un’azienda pubblica che sta andando a rotoli? Dice Bersani. Il Pdl frena cercando scuse: la Rai berlusconizzata è
un sostegno notevole in caso di elezioni. Perderla significherebbe molto sia per motivi di consenso elettorale, sia dal punto di vista economico: una Rai più autonoma farebbe più concorrenza a Mediaset, l’azienda della famiglia Berlusconi.
6. LA LEGA VOTA OGGI SI’ AL CARCERE PER COSENTINO. E’ UN PASSAGGIO IMPORTANTE. SE COSENTINO VA IN CARCERE PER IL PDL SI APRE UNA NUOVA FASE.
I membri leghisti della commissione parlamentare per le autorizzazioni a procedere oggi hanno annunciato che voteranno a favore dell’arresto di Nicola Cosentino, deputato del Pdl e responsabile del Pdl in Campania. Giovedì la stessa richiesta sarà votata dall’aula di Montecitorio. Se la richiesta di arresto sarà votata, per la destra italiana si apre un nuovo capitolo: la fine della protezione a qualsiasi costo dei parlamentari della destra coinvolti in inchieste anche pesantissime come quella sulla camorra dei Casalesi è un punto di svolta. Per il Pdl sarà un altro smacco duro da digerire.
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