23 febbraio 2012

La nota del mattino del 23/02/2012


1. LAVORO, OGGI RIPRENDONO GLI INCONTRI. TRATTATIVA IN SALITA. NON CI SONO I SOLDI PER GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI E SI RISCHIA DI ABBASSARE QUELLO CHE C’E’. GLI IMPRENDITORI NON VOGLIONO CHE IL LAVORO PRECARIO COSTI DI PIU’. E IN MOLTI, A COMINCIARE DAL PDL, LAVORANO PER FAR SALTARE L’ACCORDO. LE DICHIARAZIONI DI FORNERO E BERSANI GONFIATE PER SCENEGGIARE LO SCONTRO.
Riprende oggi il confronto tra il governo, i sindacati e gli imprenditori sull’occupazione, la precarietà, il mercato del lavoro e gli ammortizzatori sociali.
La trattativa è tutta in salita e l’articolo 18, sul quale i giornali costruiscono oggi pagine su pagine, su questa difficoltà c’entra poco o nulla. I problemi riguardano: la riforma della cassa integrazione guadagni straordinaria e in deroga, tema sul quale Confindustria, piccole imprese e sindacati sono preoccupati per le proposte del ministro Elsa Fornero; l’assenza di risorse aggiuntive per la riforma degli ammortizzatori sociali che quindi non si capisce come verrebbe fatta; la cancellazione di varie forme di precarietà in entrata che commercianti e artigiani temono porti ad un aumento dei costi; ovviamente la manutenzione dell’articolo 18. Tutti d’accordo invece sul tema del contratto di apprendistato come forma prevalente di ingresso al lavoro.
Da La Repubblica. “Sulla cancellazione della Cigs il no di lavoratori e imprese: il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha proposto una radicale riforma degli attuali ammortizzatori sociali che entrerebbe in vigore solo tra diciotto mesi, quando, prevedibilmente, gli effetti peggiori della nuova recessione saranno alle spalle. Due i pilastri: una cassa integrazione per sostenere il reddito dei lavoratori di aziende temporaneamente in crisi e un sussidio di disoccupazione che scatterebbe nel momento in cui cessa il rapporto con l`azienda. In particolare il ministro ha proposto di «superare» la cassa integrazione straordinaria, quella alla quale si ricorre oggi per affrontare i processi di riorganizzazione strutturale dell`impresa. Una scelta che non hanno condiviso né i sindacati né le associazioni imprenditoriali proprio perché temono di non avere più strumenti adatti per affrontare crisi aziendali non congiunturali. In più il governo immagina di abolire l`indennità di mobilità che, insieme alla cassa straordinaria, ha permesso di gestire con scivoli molto generosi verso la pensione, ristrutturazioni pesanti come quelle dell`Alitalia (sette anni di ammortizzatori sociali) o dell`Alenia (nove anni tra cigs e indennità di mobilità)”.
Da La Repubblica. “Non ci saranno fondi aggiuntivi e anche i piccoli dovranno pagare: per la riforma degli ammortizzatori sociali non ci saranno significative risorse aggiuntive. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha parlato di «rimodulazione» di quelle attuali. E questo ha fatto scattare l`allarme sia sul fronte imprenditoriale, sia su quello sindacale. Questi ultimi temono che per potere estendere a tutti i lavoratori la cassa integrazione e il sussidio di disoccupazione (nel sistema attuale un lavoratore su cinque non è coperto) si riducano le tutele dei lavoratori protetti e si introducano sostegni insufficienti per chi ha un contratto flessibile. Ma sul tema delle risorse sono
preoccupatissime le imprese. I "piccoli" (artigiani e commercianti) hanno capito che l`introduzione di un sistema dì ammortizzatori universale, comporterà anche la loro contribuzione, cosa che finora non avevano sostanzialmente fatto. Proprio per fronteggiare la crisi dei "piccoli" il precedente governo aveva introdotto la cosiddetta cassa integrazione in deroga, finanziata con risorse pubbliche, statali e regionali. Ma anche la Confindustria teme un aggravio di costi a meno che non le siano restituiti i finanziamenti per la cigs”.
Da la Repubblica. “Articolo 18, la proposta non c`è ancora, spaccato il fronte imprenditoriale: non c`è ancora una proposta del governo sull`articolo 18 e non è ancora chiaro come si muoverà per rispondere alla richiesta della Bce di modificare le regole sui licenziamenti. Ma anche ieri il ministro del Lavoro, Elsa Foriero, ha ribadito che il capitolo sarà aperto per ultimo. Sull`articolo 18 non ci sono punti di contatto tra i sindacati e le imprese, mentre ci sono divisioni profonde su entrambi i fronti. La Confindustria è l`unica che punta davvero a limitare l`area di intervento dell`articolo 18 (reintegrazione in caso di licenziamento senza giusta causa) ai soli casi di licenziamento discriminatorio. Ma le piccole imprese che hanno meno di quindici dipendenti e dove quindi non si applica l`articolo 18, non hanno alcuna intenzione di aprire uno scontro sociale su questo. Tra i sindacati, la Cgil considera intangibile l`articolo 18 e propone di rendere più veloci le cause giudiziarie sui licenziamenti. Cisl e Uil si sono dette disposte da una parte a prevedere il risarcimento al posto del reintegro nel caso di licenziamenti individuali per motivi economici e, dall`altra, a riscrivere le fattispecie sulla giusta causa”.
Da La Repubblica. “Più cari i contratti a tempo, contrarie le aziende minori: contratti di lavoro flessibili più costosi: l`impostazione è stata apprezzata da Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Un primo passo concreto, secondo i sindacati, per uscire dalla precarietà. L`idea del ministro del Lavoro è di prevedere una aggravio di contributi sui contratti a tempo determinato (oltre il 70 per cento delle assunzioni avviene in questo modo) e poi uno sgravio di identico importo nel caso di stabilizzazione del rapporto di lavoro. Insomma una specie di meccanismo malus-bonus. Confindustria non ha dato un giudizio, riservandosi di farlo solo quando al tavolo ci sarà anche la flessibilità in uscita. Insomma: scambio tra minore flessibilità in entrata, con maggiore flessibilità in uscita. Ma anche su questo le piccole imprese non sono d`accordo perché mentre non hanno il problema dell`articolo 18, utilizzano molto più di quanto facciano le imprese industriali i contratti atipici. Su un punto, tuttavia, si è trovato un accordo tra tutti: quello di fare del contratto di apprendistato, che gode di una serie di sgravi fiscali e contributivi, il veicolo standard per l`ingresso dei lavoratori nel mercato del lavoro”.
Da Il Sole 24 Ore. “L`idea dì un contratto di apprendistato da utilizzare come canale unico di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro trova praticamente d`accordo tutte le parti sedute al tavolo: sindacati, Governo e imprese. Il contratto di apprendistato prevede benefici contributivi e la possibilità di inquadrare il dipendente due livelli al di sotto dell`inquadramento a lui effettivamente spettante. Ma vantaggi sono previsti anche per le aziende. A favore dell`impresa che decide dì stabilizzare il lavoratore alla fine del periodo”.
Da Il Sole 24 Ore. “Sul tavolo c`è anche la necessità di intervenire sull`eccessiva durata del contenzioso relativo alle cause di lavoro. Che in alcuni fori arriva a
superare i sei anni. A danno del lavoratore. Ma anche dell`impresa che, in caso di sconfitta, si trova a pagare un costo aggiuntivo. Di qui la convergenza di aziende e sindacati a intervenire per rendere certi i tempi processuali. Tra le proposte in discussione si è parlato della possibilità di creare una sorta di corsia preferenziale, con un richiamo alle procedure dell`articolo 700 del codice di procedura civile sui provvedimenti d`urgenza”.
Dalle agenzie di stampa. Il ministro Fornero: (DIRE) Roma, 22 feb. - "Non ho sentito altolà secchi". Così il ministro del Lavoro Elsa Fornero, in collegamento con la Camera durante la presentazione del volume "Giovani senza futuro?" commenta le parole di ieri del leader del Pd, Pier Luigi Bersani. "Ho incontrato più volte- riferisce- esponenti del Pd: ho detto che onestà intellettuale le linee lungo le quali il governo sente il dovere di muoversi", e, sottolinea, "non sono cose che inventiamo" ma "cose di cui discutiamo da tanto tempo. Posso capire- prosegue Fornero- che alcune forze politiche possano avere una sensibilità maggiore, per il radicamento di convinzioni, ma non credo ci siano aut aut e credo che anche il Pd sia disponibile a sostenere una buona riforma per la quale sto lavorando". Se tra le parti sociali, impegnate al tavolo con l'esecutivo, dovesse emergere una riforma "non buona, allora il governo si assumerà la responsabilità di andare avanti" quindi anche senza l'accordo con le parti "e il Parlamento si assumerà la responsabilità di dire se appoggia il governo o no".
Bersani. (DIRE) Roma, 22 feb. - "Dice bene il ministro Fornero: il Partito Democratico appoggerà una buona riforma. Naturalmente la valuteremo confrontandola con le nostre proposte. Quel che ci vuole è un buon accordo perché i mesi difficili che abbiamo davanti devono essere affrontati con il cambiamento, con l'innovazione e con la coesione sociale." Lo afferma in una nota il segretario nazionale del Pd Pier Luigi Bersani.
Bonanni (Cisl). (AGI) - Roma, 22 feb. - "Consiglierei al ministro molta cautela perché al posto della riforma potrà verificarsi una controriforma". Raffaele Bonanni, leader della Cisl, commenta così a Montecitorio le dichiarazioni di Elsa Fornero sull'intenzione del Governo di andare avanti con la riforma del Lavoro. "Quando ci sono in ballo situazioni così delicate, prescindere dalle parti sociali e anche dal Parlamento, può configurare una situazione imbarazzante". Il Paese, ha aggiunto, "si trova nel pieno della crisi e la gente è molto attenta a come saranno rielaborati gli ammortizzatori, a come si daranno sostegni ai lavoratori in difficoltà e a come ci si occupa della crescita. Mi pare che della crescita non si stia occupando nessuno". Il segretario generale della Cisl ha confermato infine che il suo sindacato "non si schioderà dal tavolo e non lascerà il Governo decidere da solo. Dopo la vicenda delle pensioni, non permetteremo che si ripeta la stessa storia sul mercato del lavoro". (AGI)

2. ALLA VIGILIA DELLA CONDANNA PER CORRUZIONE, BERLUSCONI INCONTRA MONTI E GLI CHIEDE CHE LA RAI CONTIN UI A NON FARE CONCORRENZA A MEDIASET. UN CONFLITTO DI INTERESSI COPERTO CON L’ABBRACCIO POLITICO A MONTI.
Alla vigilia della condanna per corruzione nel processo Mills (sabato la prevedibile pronuncia), l’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi ha incontrato ieri a pranzo il presidente del Consiglio, Mario Monti. Nebbia e fumo sono stati sparsi ad arte su questo summit, con il corredo di proposte di abbraccio tra Berlusconi e Monti. La
realtà: Berlusconi ha chiesto a Monti di lasciar stare la Rai, perché altrimenti farebbe troppa concorrenza a Mediaset.
Da La Stampa. Articolo di Ugo Magri. “La trattativa con Monti fin qui era stata delegata ad Alfano. Come se Berlusconi più di tanto non volesse immischiarsi nella cucina governativa. Del resto Angelino è o non è il segretario del partito? Nessuno meglio di lui può rappresentare Pdl e Berlusconi negli incontri di maggioranza. Ieri, tuttavia, alla colazione col premier ha voluto esserci pure Silvio, anzi a Palazzo Chigi si sono recati in tre: il Cavaliere, Gianni Letta e Alfano. Segno che (perlomeno nelle loro intenzioni) oggetto del colloquio doveva essere qualcosa di cui al Cavaliere importa davvero tanto e di cui discutere vis-à-vis, magari guardandosi negli occhi con il presidente del Consiglio. Corrobora la circostanza un ulteriore indizio. Anziché far trapelare tutto quanto all`esterno, il clan berlusconiano così solitamente ciarliero ha mantenuto stavolta un riserbo quasi da fare invidia allo staff di Monti. Alfano è stato inghiottito da interminabili riunioni dove si decidevano i destini della Sicilia. Dei personaggi più in vista, guarda caso, ieri sera nessuno sapeva nulla di nulla. L`impressione netta, insomma, è che nelle quasi tre ore intorno al desco si siano discussi argomenti da non mettere assolutamente in piazza. Per capire meglio di che si tratti, è indispensabile ricostruire il viavai delle ultime 48 ore a Palazzo Grazioli, particolarmente intenso quello dei due capigruppo (Cicchitto e Gasparri) nonché di alcuni ex-ministri come Brunetta, Romani e lo stesso Alfano. Testimoni occasionali hanno carpito spezzoni di discorsi che sembravano propedeutici alla colazione con Monti. Gasparri, per esempio, si è molto speso nell`illustrazione di certe modifiche da introdurre in extremis al decreto sulle liberalizzazioni, in modo da venire incontro a qualche categoria in rivolta, anzitutto i tassisti ma non solo, e da sciogliere altri nodi ingarbugliati tipo le compagnie di assicurazione (grande dibattito l`altra notte, con Berlusconi sul punto di addormentarsi, sulle agenzie mono e plurimandatarie). Brunetta si è esercitato sull`articolo 18 dove tuttavia, frenando la voglia di ficcare un cuneo tra Monti e il Pd, è stato prudentemente deciso di volare basso in modo da favorire il buon esito del negoziato sul lavoro. Fosse stato solo questo, il motivo della visita a Monti, Berlusconi non avrebbe avvertito il bisogno di calare apposta da Milano. E` venuto perché ha un altro paio di questioni che lo assillano. Una è la solita, i processi. Sabato è attesa la sentenza Milis e Silvio teme fortemente la condanna, anzi la giudica pressoché certa in quanto quei magistrati, è il grido di dolore, «mi vogliono morto, faranno di tutto per riuscirci». In particolare Berlusconi scommette che il Tribunale ribalterà le sue precedenti valutazioni, e invece di considerare il reato già prescritto, accetterà la tesi del pm De Pasquale che sostiene la tesi della prescrizione a maggio. L`intenzione, ancora ieri mattina, era di protestare con Monti per certe dichiarazioni del ministro Severino alla trasmissione dell`Annunziata, proprio in materia di prescrizione; quindi di chiedergli che intende fare sulla riforma della giustizia, tanto per non rinunciare al pressing sui magistrati. Non è dato sapere quale sia stata, a tavola, la reazione di Monti. Altra doglianza del Cavaliere: la Rai. A marzo si esaurisce l`attuale consiglio di amministrazione, e Monti sembra intenzionato a cambiare la «governante», vale a dire la struttura di comando a Viale Mazzini. Il Prof toglierebbe peso ai partiti per aumentarlo al direttore generale o conferirlo a un vero amministratore delegato. Berlusconi punta i piedi. E` sicuro che così la Rai finirebbe nelle mani della sinistra, e scatenerebbe una competizione furiosa con l`altra azienda televisiva (la sua). Per cui la linea illustrata ieri a Monti è «non si fa più in tempo a cambiare di comune accordo la legge, lasciamo la governance così com`è». Messaggio chiarissimo, se il Prof lo vuole capire”.

3. IL PDL LAVORA PER SPOSTARE IN AVANTI LA DATA DELLE AMMINISTRATIVE. LA RAGIONE: MENTRE IL PD SVOLGE LE PRIMARIE, LA DESTRA NON E’ ANCORA PRONTA A NULLA.
Pdl all’offensiva per allontanare almeno di qualche giorno la scadenza delle amministrative. Si era parlato del 6 maggio, ma la data non è stata ancora fissata. Il Pdl non è pronto a nulla, mentre il Pd sta svolgendo regolarmente le proprie scelte. Da qui, con scuse più o meno presentabili, la richiesta di un leggero allungamento dei tempi.

4. CONTO ALLA ROVESCIA PER L’ACCORDO TRA I PROGRESSISTI EUROPEI PER BATTERE LE DESTRE IN FRANCIA, GERMANIA, ITALIA E RILANCIARE LA SPERANZA DELLA CRESCITA EUROPEA.
Il lavoro del dipartimentio Esteri del Pd, guidato da Lapo Pistelli, sta dando i suoi frutti. Il lavoro di rapporto con gli altri partiti progressisti europei per arrivare ad una piattaforma comune sull’Europa e contro le politiche delle destre che hanno governato in molti paesi in questi anni sta per fare un salto di qualità negli incontri che il segretario e il dipartimento Esteri avranno il 17 marzo a Parigi.
Da L’Unità. Articoli di Simone Collini. “L`appuntamento è per sabato 17 marzo, a Parigi. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, il candidato alle presidenziali francesi Francois Hollande, il leader della Spd tedesca Sigmar Gabriel e il primo ministro belga Elio di Rupo sottoscriveranno un documento che ha il valore di un programma comune delle forze progressiste europee. L`iniziativa è di fatto senza precedenti. Francia, Italia e Germania andranno al voto nei prossimi diciotto mesi e le forze di centro sinistra non solo hanno deciso di sottoscrivere un patto pubblico, ma si candidano a governare sulla base di una piattaforma programmatica centrata sulla dimensione comunitaria, e non solo su politiche nazionali. Parole chiave del testo sono «crescita», «solidarietà» e «democrazia». Si insiste molto sulla necessità di un rilancio dell`integrazione europea e di dare un nuovo corso alle politiche comunitarie, si prospetta una linea più attenta alla coesione sociale di quella perseguita finora e una precisa regolazione dei mercati finanziari, si riconosce il valore del «rigore» ma si sottolinea che i veri fattori indispensabile per una «rinascita» dei Paesi membri e dell`Unione tutta sono lo sviluppo e l`aumento dell`occupazione. Questo «manifesto di Parigi» è ancora in fase di lavorazione, ma dopo una riunione che si è svolta a Bruxelles il 10 febbraio è stata messa a punto una bozza di quattro pagine che può considerarsi quasi definitiva, salvo poche limature. Comunque, il via libera verrà da un nuovo incontro che si terrà nella capitale francese ai primi di marzo. Del gruppo di lavoro fanno parte politici e studiosi di Fondazioni legate a Pd, Spd e Ps - Italianieuropei per l`Italia (nelle persone di Paolo Guerrieri e dell`eurodeputato Roberto Gualtieri) la tedesca Friedrich Ebert e la francese Jean Jaurès più la Fondazione per gli studi progressisti europei (Feps).
Massimo D`Alema, che della Feps è presidente, ha partecipato all`elaborazione del progetto e poi ha seguito tutti i lavori preparatori. Si tratta di un evento politico, dice, che «può aprire un ciclo diverso in Europa». I motivi sono diversi. Primo, perché i sondaggi danno le forze di centrosinistra in vantaggio sia in Francia che in Italia che in Germania, tre Paesi che insieme contano oltre 200 milioni di abitanti e che sono determinanti per indirizzare in un senso piuttosto che in un altro il futuro dell`Europa. Secondo, perché per la prima volta le forze progressiste, compresi i socialisti francesi che in passato si sono contraddistinti come strenui difensori della
dimensione nazionale, ammettono che oggi solo un progetto europeo può dare credibilità a una proposta di governo. E il fatto che il lancio della piattaforma programmatica comune avvenga nel pieno della campagna elettorale di Hollande è un segnale molto importante, anch`esso inedito. «Che ci si candidi a tornare a governare non solo con un progetto nazionale ma sulla base di una proposta di respiro europeo è una novità di grande rilievo», è il ragionamento di D`Alema. Sarà lui il 17 marzo ad aprire la manifestazione che si concluderà con la firma di Bersani, Hollande, Gabriel, di Rupo e del segretario del Partito socialista francese Martine Aubry in calce al «manifesto di Parigi». Nella capitale francese interverranno anche il neopresidente del Parlamento europeo Martin Schulz e personalità storiche dell`europeismo. È chiaro che l`operazione è anche una sfida lanciata all`asse Merkel-Sarkozy, perché il «manifesto di Parigi» propone un`impostazione della politica economica europea alternativa a quella sostenuta soprattutto dalla Cancelliera tedesca e perché la stessa Angela Merkel all`inizio del mese si è schierata apertamente a sostegno del presidente francese in carica: «Apparteniamo alla stessa famiglia politica». È anche chiaro che l`iniziativa di metà marzo ha lo scopo, nel breve termine, di lanciare la volata a Hollande per la conquista dell`Eliseo. E che, ragionando in una prospettiva appena più lunga, non sarà indifferente per Italia e Germania l`esito delle presidenziali francesi. Una vittoria delle forze progressiste d`Oltralpe può aiutare quelli della stessa «famiglia politica», per dirla con Merkel, che vanno al voto ad aprile (noi) e settembre (tedeschi) del prossimo anno. Ne hanno discusso Hollande e Bersani, quando il candidato alle presidenziali francesi è venuto a Roma, a metà dicembre. E, prima ancora, Bersani aveva già convenuto con Gabriel e con i vertici della Spd sull`opportunità di una piattaforma programmatica comune, di chiaro segno europeista. Il segretario del Pd spera ovviamente che l`iniziativa aiuti ad accantonare la polemica interna, centrata sul dualismo tra identità socialista e identità democratica. Una polemica che Bersani considera inutile perché l`impronta democratica del Pd non contrasta affatto con l`alleanza tra le forze progressiste europee”.
Da L’Unità. Intervista a David Sassoli. “Sono state poste le premesse per la nascita del Partito dei socialisti e dei democratici europei», dice David Sassoli ricordando il nuovo gruppo fondato nel Parlamento europeo dal Pd e dal Pse, ma soprattutto guardando con molta attenzione all`iniziativa che si svolgerà il 17 marzo a Parigi. «È molto importante che i leader di Pd, Spd e socialisti francesi firmino una dichiarazione comune per un`Europa più forte, comunitaria, lontana dagli egoismi nazionali», sottolinea il capodelegazione del Pd all`interno dell`Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici a Strasburgo. «I partiti di centrosinistra che si candidano a governare non devono ripetere l`errore degli anni 90, le politiche non possono rimanere confinate nell`ambito nazionale, oggi bisogna scommettere su un nuovo europeismo». Onorevole Sassoli, questa iniziativa di Bersani insieme ai leader socialisti europei non rischia di riaccendere la discussione sull`identità e la collocazione internazionale del Pd? «Oggi è un esercizio inutile sia mettere in contrapposizione Pd e socialismo che lavorare per rintracciare al nostro interno il pedigree di culture del 900. Noi dobbiamo essere orgogliosi di quanto fatto fin qui e adesso bisogna continuare a lavorare per costruire una forza progressista europea». Ottimista sulla riuscita dell`impresa? «Sì, se socialisti e democratici assumeranno la bandiera di un nuovo europeismo». Quando parla di "forza progressista" intende un nuovo partito che vada oltre il Pse? «Partiamo da un concetto: non servono battaglie nominalistiche e non partiamo da zero. Il Pd ha fondato un nuovo gruppo nel
Parlamento europeo che può essere la premessa per la nascita del Partito dei socialisti e dei democratici europei. Naturalmente, perché questa esperienza possa progredire c`è bisogno dell`impegno di tutti. Come ha ricordato di recente lo stesso Bersani, anche i socialisti devono cambiare». Non è un azzardo scommettere sull`Europa in questa fase di crisi? «Tutt`altro, perché la crisi rafforza l`orizzonte degli Stati uniti d`Europa. I paesi comunitari deboli oggi non vengono protetti perché non c`è né un vero governo europeo né una vera banca europea. Siamo molto distanti da quello che succede negli Stati uniti d`America, dove c`è un forte potere centrale e una banca di ultima istanza. Lì non si consente alla finanza di attaccare Stati deboli, come quello di New York o la California. La Grecia ci insegna che abbiamo bisogno di trasferire poteri dalle nazioni all`Unione, che dobbiamo dar vita a iniziative istituzionali per costituire l`Europa dei cittadini». Il Pd lo farà insieme ai socialisti e ai socialdemocratici europei?
«Il Pd ha avviato un percorso e lo scenario che si apre ci incoraggia ad andare avanti in questa direzione, e incontrare anche altri compagni di viaggio. Penso ai movimenti ecologisti, alle esperienze più aperte dell`area liberal-democratica. È importante che le forze di centrosinistra di due grandi paesi che si avviano a elezioni come Francia e Germania credano che la sfida si giochi non solo cambiando i governi dei singoli Stati, ma aprendo a culture e sensibilità diverse. Negli anni 90 è stato commesso l`errore di pensare che le politiche potessero riguardare il solo ambito nazionale e così si è rafforzata la dinamica intergovernativa. Oggi è chiara l`esigenza di scommettere su un nuovo europeismo». Si può rifondare su questo la sinistra? «Il problema non è rifondare la sinistra, ma costruire il centrosinistra europeo. La firma di una dichiarazione comune, a Parigi a metà marzo, con socialisti francesi e socialdemocratici tedeschi è una scommessa sulla nuova Europa». Che dovrebbe avere come punti cardine? «Valori come giustizia, solidarietà, eguaglianza. Si parla tanto di fine della politica, di governi tecnici che commissariano la politica. No, in realtà su questi valori, fondanti l`identità europea, non smetterà mai di esserci differenza tra noi e la destra».
Oggi è a Roma il presidente del Parlamento europeo. Vedrà il presidente del consiglio Mario Monti e, questa sera, il segretario del Pd Bersani. Da Il Sole 24 Ore. Intervista di Beda Romano a Martin Schulz. “Eletto alla presidenza del Parlamento Europeo in gennaio, il socialdemocratico tedesco Martin Schulz, 56 anni, inizia oggi la sua prima visita ufficiale in Italia. In una intervista con Il Sole 24 Ore, commenta a caldo il nuovo programma di aiuto alla Grecia e tratteggia il ruolo dell`assemblea nel futuro dell`integrazione europea. Dopo 13 ore di trattative l`Eurogruppo ha trovato, un`intesa sul salvataggio della Grecia. È finalmente un accordo duraturo? Penso che alla luce del dibattito lungo, l`analisi sia stata abbastanza approfondita. Presumo che sia stata trovata un`intesa che per ora può essere considerata duratura A lungo termine, però, prestare denaro non serve a niente se non c`è un rilancio dell`economia del Paese. Il pacchetto non è del tutto convincente, quindi? Direi di no. Ridurre le spese o riformare l`amministrazione sono misure necessarie per ridare competitività al Paese, ma bisogna anche attirare nuovi investimenti per creare nuove infrastrutture, sfruttare l`energia solare, creare occupazione. La partita non è solo economica. E anche molto politica. La Grecia sta subendo una riduzione della sua sovranità.
Quanto legittima? L`Unione è una federazione di Stati sovrani, non un vero e proprio Stato federale. La Grecia, come tutti i Paesi che hanno aderito alla zona euro, partecipa a un sistema di regole che prevede un trasferimento di sovranità monetaria al livello transnazionale. Ciò automaticamente limita la sua sovranità. Ad Atene, le manifestazioni critiche dell`Europa si moltiplicano. In Belgio un ministro del Governo Di Rupo, Paul Magnette, si è chiesto pubblicamente quale sia la legittimità della Commissione nell`imporre decisioni ai Paesi membri. Il Parlamento europeo può avere un ruolo di cerniera in questo contesto? Assolutamente sì. La nostra assemblea deve essere un trait d`union tra l`Europa intergovernativa e l`Europa comunitaria. Le do un esempio concreto.,Tra poco il Parlamento dovrà negoziare con il Consiglio due regolamenti (il cosiddetto two-pack) che rafforzano ulteriormente la disciplina di bilancio nell`Unione. Possiamo in questo frangente trovare un equilibrio tra l`esigenza dell`Unione e gli interessi degli Stati, tenuto conto del fatto che proprio gli interessi nazionali possono provocare squilibri macroeconomici che bisogna assolutamente compensare a livello europeo. Un gruppo di 12 Paesi ha pubblicato lunedì una lettera aperta a favore della crescita economica, tra questi anche l`Italia. Cosa ne pensa? Il Parlamento insiste da due anni nel dire che la disciplina di bilancio non basta per rafforzare l`occupazione e rilanciare l`economia. Dopo la lettera franco-tedesca di gennaio abbiamo ora una nuova lettera di 12 Paesi. Ne prendiamo atto. Alcuni appunti.
Prima di tutto le proposte mi paiono poco concrete. In secondo luogo, le due lettere non contribuiscono a risolvere uno dei problemi dell`Europa: la cacofonia. La Grecia ha a disposizione un nuovo pacchetto di aiuti; la zona euro si è dotata di un nuovo patto di stabilità, il fiscal compact. A quando un rafforzamento del fondo di stabilità Esm che permetterebbe di arginare i rischi di contagio? Abbiamo bisogno di un Esm rafforzato e ne abbiamo bisogno rapidamente. Deve essere uno strumento per difendere la nostra moneta dalla speculazione, anche per mostrare la nostra unità e la nostra volontà di difenderci insieme. Il fondo deve essere rafforzato velocemente ed essere flessibile”.

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