12 marzo 2012

La nota del mattino del 12/03/2012.

1. DESTINAZIONE ITALIA. OGGI BERSANI VISITA LA SEDE DI GOOGLE, A MILANO.
Terza tappa, dopo Palermo (sul tema della Legalità) e Roma (sul tema della precarietà), di Destinazione Italia, il viaggio intrapreso dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, per parlare di problemi e sofferenze, ma anche di opportunità e di eccellenze.
L’iniziativa è stata decisa per indicare la mobilitazione di tutto il partito nell’apertura verso la società: in un passaggio così duro della crisi, i democratici sostengono infatti il governo Monti per uscire dall’emergenza rimanendo fortemente collegati con il paese reale e con i problemi sociali, destinati purtroppo ad aumentare in questo 2012.
In questa terza tappa Bersani visita la sede di Google Italia, a Milano.

2. RIAPRE IL CANTIERE DELLA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO, DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI E DELLE INIZIATIVE PER L’OCCUPAZIONE. DECISIVE LE INFORMAZIONI DEL GOVERNO SULLE RISORSE FINANZIARIE.
Il ministero del Tesoro avrebbe trovato due miliardi di euro da destinare alla riforma progressiva degli ammortizzatori sociali (che il ministro Elsa Fornero vorrebbe a regime dal 2017). Si tratta di una parte delle risorse risparmiate grazie alla riforma delle pensioni.
Oggi le parti potrebbero arrivare ai primi, difficili punti di intesa su ammortizzatori, contratto di apprendistato come forma prevalente di ingresso al lavoro, sfoltimento delle forme di contrattualizzazione precaria – come le finte partite iva – attraverso un aumento del costo per l’impresa di queste formule rispetto alla stabilizzazione dei dipendenti.
Resta il nodo dell’articolo 18. La soluzione è vicina, avverte oggi il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, dalle colonne de La Stampa. Ma i fatti devono ancora trovare una verifica.
La posizione del Pd è chiara: in una fase di drammatica mancanza di lavoro (oggi Ilvo Diamanti scopre finalmente su La Repubblica che il problema dell’occupazione preoccupa gli italiani) la condivisione degli obiettivi e degli strumenti da adottare è un fattore decisivo per il superamento delle difficoltà. L’importante dunque è che al tavolo delle trattative si trovi un accordo. Come indica anche l’esempio di quanto fece Carlo Azeglio Ciampi nel 1993. In caso contrario c’è il rischio che ciascuna delle parti (le diverse confederazioni degli imprenditori e dei sindacati) si senta libera di perseguire obiettivi propri e non condivisi, producendo conflitto anziché spinta comune verso l’uscita dalla crisi.

3. SERVIZI SEGRETI SOTTO I RIFLETTORI NELLA RIUNIONE DEL COPASIR. L’UCCISIONE DI LAMOLINARA SCOPRE LA DEBOLEZZA DEGLI APPARATI ITALIANI. CON IL CENTRODESTRA MOLTO ATTIVI SULL’ INTERNO.
Oggi la commissione parlamentare che sorveglia l’attività dei servizi segreti audirà il generale Adriano Santini, direttore dell’Aise, l’intelligence italiana per l’estero. Il dibattito non potrà non mettere in evidenza che «qualcosa non ha funzionato nello sviluppo informativo tra Aise, Ministero per gli affari esteri e Dis», il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza che è un Dipartimento della Presidenza del
Consiglio, cabina di regia della nostra intelligence, interna ed esterna, che dovrebbe sovrintendere anche le operazioni in teatri di crisi quando ci sono di mezzo ostaggi italiani. Ma «alcuni provvedimenti vanno presi con urgenza» dicono fonti istituzionali che si occupano di intelligence (lo scrive Claudia Fusani su L’Unità). A livello politico nominando il sottosegretario con delega ai servizi segreti che possa seguire con costanza i dossier più delicati. Qualcuno che assuma il ruolo tenuto in questi anni da Gianni Letta e che finora, invece, il premier Monti ha deciso di tenere per sé. La crisi dei marò in India e il blitz anglo-nigeriano dimostrano che si tratta di una delega che necessita del tempo pieno. La presenza di altri nove ostaggi italiani tra Algeria, Marocco, Pakistan e Somalia la rende quasi urgente. Negli stessi ambienti non si escludono anche «provvedimenti più tecnici», come il cambio ai vertici di Aisi e Aise, quando, a giugno, arriveranno a scadenza naturale il generale Giorgio Piccirillo (Aisi) e Gianni De Gennaro, direttore del Dis. Nomine che sembravano invece congelate proprio in funzione delle natura tecnica dell`esecutivo Monti.
Anche il caso dei due marò italiani prigionieri in India potrebbe trovare spazio nella discussione di oggi, considerato che il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata ha rivelato di aver chiesto (ma è rimasto inascoltato) alla nave dove i due militari erano imbarcati di non tornare in acque nazionali indiane dopo gli incidenti.
Non va dimenticato che con il governo Berlusconi, il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta aveva la delega su questo settore. Ma anche che grande attenzione con il governo del centrodestra era riservata alle vicende interne.

4. DOPO IL GIUDIZIO DELLA CASSAZIONE SU DELL’UTRI, LA DESTRA DI NUOVO ALL’ATTACCO SULLE NORME ANTIMAFIA. E INTANTO COSENTINO SI RIPRENDE IL PDL CAMPANO.
Gli esiti delle vicende processuali di Silvio Berlusconi prima e di Marcello Dell’Utri nei giorni scorsi hanno fatto rinascere nel centrodestra il desiderio di mordere sul fronte della Giustizia. Così in questi giorni è finito nel mirino degli attacchi berlusconiani il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il reato di falso in bilancio nessuno a destra lo vuole far rinascere, il ddl anticorruzione non si vuole nemmeno discutere, ma appena si parla di reati antimafia tutti vogliono parlare di riformare la giustizia. E’ la cifra di questo centrodestra in Italia.
Intanto, il parlamentare del Pdl Nicola Cosentino, che i magistrati accusano appunto di avere contatti con la criminalità organizzata e che grazie anche ai voti della Lega di Umberto Bossi e Roberto Maroni ha scampato all’arresto, sta sotto sotto riconquistando il Pdl campano (articolo di Massimiliano Amato sul congresso del Pdl campano su L’Unità).

5. RAI, ADDIO RIFORMA. PASSERA CEDE AL RICATTO. IL PD IN QUESTO CASO NON PARTECIPERA’ ALLE NOMINE.
Con una lunga intervista pubblicata ieri da Il Sole 24 Ore, il ministro dello Sviluppo Corrado Passera ha annunciato di fatto che il governo dei tecnici accontenterà Silvio Berlusconi e non farà la riforma della governante della Rai. «Alle nomine del nuovo consiglio, essendo tra un mese, si arriverà con la governance attuale», perché, ha spiegato il ministro dello Sviluppo, «non ci sono né i tempi, né i modi» per cambiare i criteri di nomina dei vertici secondo la legge Gasparri. Il Cda di viale Mazzini scade il 28 marzo, ma può reggere per l`ordinaria amministrazione fino all`approvazione del bilancio entro giugno (che però il governo sembra voglia accelerare). Il governo cede così al ricatto di Berlusconi, del Pdl e della Lega (che sulla Rai ragiona come vecchia
maggioranza), considerato che lo stesso premier Mario Monti aveva annunciato all’inizio dell’anno l’impegno a un intervento più approfondito, di riforma. Una frenata, insomma, dopo il rifiuto di Alfano a partecipare al vertice con Bersani e Casini la settimana scorsa, in parallelo con le minacce di licenziamenti poste dal presidente Mediaset Confalonieri sull`asta delle frequenze. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani non fa passi indietro, invece, rispetto al proposito di non partecipare alle nomine con i criteri della Gasparri: «Da più di un anno chiediamo di discutere della governance Rai in Parlamento», ha commentato Matteo Orfini, responsabile cultura e informazione del Pd, che ricorda come la proposta democratica potrebbe «trovare rapidissima approvazione» se fosse posta su una delle possibili «corsie preferenziali» in commissione, se «non si vuole subire il veto e l`ostruzionismo del Pdl». Se invece non cambierà nulla «non parteciperemo» alle nomine in commissione di Vigilanza, è la linea del Pd che punta, come si dice, a far esplodere le contraddizioni in seno al governo se davvero venisse fuori un Cda monocolore votato da Pdl e Lega (che pure è all`opposizione e Maroni reclama la presidenza Rai).

6. EUROPA, L’EUROGRUPPO DECIDE SUL FINANZIAMENTO ALLA GRECIA E SUL RAFFORZAMENTO DEL FONDO SALVA STATI.
Dopo la conclusione dell’accordo tra il governo greco e i creditori privati, oggi a Bruxelles i vertici dell’Unione decidono di dare il via libera ai finanziamenti nei confronti della Grecia e se aumentare o meno le risorse a disposizione del fondo salva Stati.
Dagli economisti italiani una lettera aperta all’Europa per il cambiamento della politica economica. Da L’Unità: “Il titolo, “Lettera aperta sulla crisi dell’Europa”, lascia intendere che siamo di fronte ad un documento di largo respiro. E in effetti i circa settanta economisti, che lo hanno messo a punto e firmato per primi, hanno cercato di sviluppare il ragionamento dal punto di vista più elevato possibile, operazione indispensabile se l’intento è quello di «sconfiggere la recessione, cambiare strada finché c’è ancora tempo». Promossa dal Forum Cgil dell’economia, la Lettera è indirizzata alle massime istituzioni europee ed italiane. “Nel quinto anno della crisi globale più grave da quella del 1929” è l’analisi che apre la Lettera “una drammatica prospettiva di recessione incombe sull’Europa mettendone a rischio non solo l’Euro ma anche il modello sociale e l’ideale della “piena e buona occupazione”. In tale ambito si è scelta la linea dell’austerità, del rigore di bilancio, con l’idea di contrarre il perimetro statale continuando a sperare che i privati aumentino investimenti e consumi, sulla base della fiducia indotta dalle immissioni di liquidità nel circuito bancario, a sua volta “sollecitato” ad acquistare titoli di stato europei». Insomma, «si è nuovamente scelta una politica monetarista e liberista». Senonchè questa scelta appare inadeguata:«Non basta scommettere sulle aspettative dei mercati finanziari, degli investitori privati, delle banche, dei consumatori. Non è sufficiente puntare sulla “credibilità” dei governi. In Europa si sottolinea nel documento ne sono cambiati ben cinque in 18 mesi (Irlanda, Portogallo, Spagna, Grecia e Italia), addirittura con due governi tecnici sostenuti da larghe maggioranze. Ma la crisi dei governi nazionali è solo una delle tre crisi che si sovrappongono: restano da affrontare la crisi delle economie nazionali e la crisi dell’economia sovranazionale». In quest’ambito «le principali fonti statistiche istituzionali prefigurano per il 2012 un’Europa divisa fra Paesi in stagnazione e Paesi in recessione, senza alcuna ripresa dell’occupazione. Questa è una crisi di modello e occorre una riforma del modello per ritrovare la ripresa. Bisogna assumere uno sguardo più vasto, una prospettiva di lungo periodo.
Nemmeno i Paesi europei in avanzo commerciale, nei prossimi anni, potranno contare su una “locomotiva” americana o cinese, tanto meno sulla capacità di assorbimento degli altri paesi europei». Per i firmatari della Lettera non c’è dunque molto da salvare delle attuali politiche anticrisi: «L’Europa non è stabile e non cresce. Il Patto di Stabilità e Crescita è certamente fallito, non perché non sia stato ben applicato, semplicemente perché non poteva funzionare. Il Patto di stabilità andrebbe non rafforzato, ma cambiato. Invece del solo indebitamento pubblico, i parametri vincolanti di riferimento dovrebbero comprendere il debito totale –somma del debito pubblico e privato il debito sull’estero e il saldo della bilancia dei pagamenti di ciascun Paese». Più in generale, «il nodo che oggi si pone in Europa sta nel decidere se il riequilibrio inevitabile avverrà attraverso la “depressione” (con una ricaduta regressiva e democraticamente pericolosa) oppure con lungimiranti scelte di cooperazione, rilanciando l’originaria spinta europeista». Da qui la proposta di «un nuovo modello in cui lo Stato e le istituzioni sovranazionali orientino i risparmi, gli investimenti e lo sviluppo. È necessario un programma di riforme appoggiato su una nuova politica economica, ispirata da una nuova idea di sostenibilità di lungo periodo, economica, sociale, ambientale e intergenerazionale. L’equità è la frontiera su cui orientare le scelte politiche nazionali e internazionali. Ridurre le disuguaglianze vuol dire crescere e crescere bene. Per questo, all’interno di un progetto di armonizzazione fiscale europea, ci vuole un riequilibrio dei singoli sistemi fiscali nazionali per aumentare la tassazione sulle grandi concentrazioni di reddito e di rendita, tassare le grandi ricchezze parassitarie e liberare le risorse private tenute imprigionate, aumentare la spesa e gli investimenti pubblici». Il gruppo degli economisti sottolinea infine come «bisogna ripartire dal lavoro. Bisogna realizzare piani di spesa pubblica per il lavoro e per gli investimenti a partire da quelli verdi, infrastrutturali, ad alta intensità tecnologica e di conoscenza finanziati con una tassazione ad hoc e anche in disavanzo, se necessario, tenendo insieme domanda e offerta». Le prime adesioni Nicola Acocella, Massimo Amato, Silvano Andriani, Cristiano Antonelli, GiampaoloArachi, Roberto Artoni, Andrea Baranes, Salvatore Biasco, Paolo Bosi, Emiliano Brancaccio, Nicola Cacace, Rosaria Rita Canale, Carlo Giannone, Aldo Carra, Gian Paolo Caselli, Sergio Cesaratto, Carlo Clericetti, Giuseppe De Marzo, Giancarlo De Vivo, Carlo Devillanova, Amedeo Di Maio, Maria Giuseppina Eboli, Luca Fantacci, Sergio Ferrari, Maurizio Franzini, Alfonso Gianni, Andrea Ginzburg, Claudio Gnesutta, Donata Gottardi, Elena Granaglia, Michele Grillo, Paolo Leon, Riccardo Leoni, Antonio Lettieri, Stefano Lucarelli, Giorgio Macciotta, Giulio Marcon, Pietro Masina, Gerardo Merletto, Giacinto già Militello, Alessandro Montebugnoli, Ruggero Paladini, Daniela Palma, Laura Pennacchi, Fabio Petri, Paolo Pini, Felice Pizzuti, Silvia Pochini, Michele Raitano, Paolo Ramazzotti, Andrea Ricci, Gilberto Ricci, Massimo Ricottilli, Roberto Romano, Giorgio Ruffolo, Vincenzo Russo, Francesco Scacciati, Fabio Sdogati, Stefano Solari, Antonella Stirati, Francesca Stroffolini, Stefano Sylos Labini, Roberto Tamborini, Mario Tiberi, Federico Tomassi, Giuseppe Travaglini, Vincenzo Visco.

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