Le richieste delle associazioni: frenare il modello di “liberalizzazione controllata”, con moratoria sui nuovi giochi; restituire potere decisionale alle comunità locali; impedire la pubblicità; inserire il gioco d’azzardo patologico all’interno dei Lea.
Si chiama “Mettiamoci in gioco” la
campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo promossa da
diverse associazioni (Acli, Adusbef, Alea, Anci, Anteas, Arci, Auser,
Avviso Pubblico, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Federconsumatori, Federserd,
Fict, Fitel, Fondazione Pime, Gruppo Abele, Intercear, Libera, Uisp) e
presentata ieri a Roma. Una campagna che parte dall’analisi della
realtà.
I dati. Secondo
il Conagga (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo.
Studio condotto da Matteo Iori), nel 2001 il mercato mondiale dei giochi
d’azzardo ha raccolto, al netto dei premi erogati, 417 miliardi di euro
(+5,6 per cento sul 2010). Il 29 per cento di questi sono in Europa.
L’Italia, con 18,4 miliardi di euro, rappresenta oltre il 15 per cento
del mercato europeo del gioco e oltre il 4,4 per cento del mercato
mondiale (con l’1 per cento della popolazione mondiale).
In
generale, cresce in Italia la spesa sul gioco d’azzardo. Il fatturato è
passato dai 14,3 miliardi del 2000 ai quasi 80 (79,9) del 2011 (erano
61,4 miliardi nel 2010). Una crescita costante nel tempo. La spesa
pro-capite per ogni italiano maggiorenne è di 1703 euro (elaborazione su
dati dei Monopoli di Stato, relativi ai primi 8 mesi del 2012).
A
fronte di un’evidente contrazione dei consumi familiari negli ultimi
anni, cresce la voglia di giocare nella speranza del colpo di fortuna.
Nel 2011 sono crollati i risparmi delle famiglie. In compenso l’Italia è
il primo mercato al mondo nei Gratta e Vinci: nel 2010 sono stati
comprati nel nostro Paese il 19 per cento dei biglietti venduti nel
mondo. L’Italia, pur rappresentando solo l’1 per cento della popolazione
mondiale, ha il 23 per cento del mercato mondiale di gioco online.
La
somma maggiore viene giocata negli apparecchi (slot-machine e
videolottery) che hanno il 55,6 per cento del fatturato totale, seguono i
giochi on-line (16,3 per cento del mercato), poi i gratta e vinci (11,4
per cento), il lotto (7,2 per cento), le scommesse sportive (4,2 per
cento), il superenalotto (2,2 per cento), poi bingo e scommesse ippiche.
Andamento nel 2012.
Nei primi 8 mesi del 2012 sono stati giocati 56,9 miliardi di euro,
equivalenti al 17,7 per cento in più rispetto allo stesso periodo del
2011. Se la percentuale di aumento resta stabile si può ipotizzare una
proiezione di complessivi 94 miliardi di euro spesi al gioco d’azzardo
nell’anno 2012 (secondo Libera la proiezione porterebbe addirittura a
103 miliardi, tra guadagni legali e illegali). Nel primo semestre 2012
all’Erario sono andati 4,1 miliardi di euro, con una diminuzione del 9,9
per cento sullo stesso periodo dell’anno precedente. Se la percentuale
di diminuzione resta stabile si può ipotizzare una proiezione a fine
anno inferiore a 8 miliardi. Vicina alle cifre del 2008 (quando però il
fatturato complessivo era la metà dell’attuale). Nel 2011 le entrate
sono state di 8,8 miliardi di euro (+24,3 per cento).
I giochi introdotti negli ultimi anni hanno una tassazione notevolmente inferiore ai precedenti.
Chi gioca d’azzardo.
Il rapporto 2011 della Corte dei Conti dice che: “il consumo dei giochi
interessa prevalentemente le fasce sociali più deboli”. Secondo i dati
Eurispes, nel gioco investe di più chi ha un reddito inferiore: giocano
il 47% degli indigenti, il 56% degli appartenenti al ceto medio-basso. “
Secondo la ricerca Conagga-Cnca gioca di più chi ha minore scolarizzazione.
E
secondo il Cnr, “il gioco attira quote sempre più ampie di popolazione,
non solo adulta. Si stima che 450 mila studentesse e 720 mila studenti
siano coinvolti, cioè il 47,1 per cento dei giovani che frequentano le
scuole medie superiori. Il gioco d’azzardo coinvolge il 58,1 per cento
dei maschi tra i 15 e i 19 anni e il 36,8% delle ragazze”.
Dipendenza.
Secondo una recente elaborazione del Cnr sui dati della ricerca IPSAD
Italia 2010-2011, emerge che in Italia il 42 per cento delle persone fra
i 15 e i 64 anni ha giocato almeno una volta nell’ultimo anno,
equivalenti a 17 milioni di italiani; che la maggior parte dei giocatori
non è a rischio; che 2 milioni di italiani sono a rischio minimo; che 1
milione di persone rispondono ai criteri diagnostici certificati come
giocatori d’azzardo patologici e sono ad alto rischio.
Costi sociali.
Per valutare i costi sociali sono state prese in considerazione diverse
voci. In primis i costi sanitari diretti (ricorso al medico di base del
48 per cento più alto rispetto ai non giocatori, interventi
ambulatoriali psicologici, ricoveri sanitari, cure specialistiche per la
dipendenza), poi i costi indiretti (perdita di performance lavorativa
del 28 per cento maggiore rispetto ai non giocatori, perdita di
reddito…). Quindi, i costi della qualità della vita (problemi che
ricadono sui familiari, violenza, rischio di aumento di depressione
grave, ansia, deficit di attenzione, bassa resistenza ad altri tipi di
dipendenze, idee suicidarie, ossessione per il gioco e per i soldi
necessari a giocare…).
Ciò
premesso, ogni anno in Italia vi sono dai 5,5 ai 6,6 miliardi di euro di
costi complessivi per la società dovuti al gioco patologico.
“Il
gioco d’azzardo è un problema per il paese a cui la società civile da
sola non può dare risposte esaurienti. Al centro c’è la salute dei
cittadini, ma ci sono anche forti connessioni con la malavita
organizzata. La politica deve dare una risposta su questi temi,
altrimenti il paese sarà in mano all’antipolitica”. Lo ha sottolineato
don Armando Zappolini, presidente del Cnca, durante la presentazione
della campagna “Mettiamoci in gioco” , che unitamente agli altri
promotori chiedono di “porre un freno, da parte dello Stato, al modello
di ‘liberalizzazione controllata’ del gioco d’azzardo in Italia, che si è
progressivamente trasformato in insidiosa ‘deregulation’, come
testimoniano l’abnorme espansione delle proposte di giochi in ogni
Comune di Italia. Nel frattempo si chiede una moratoria rispetto
all’immissione di nuovi giochi, sia per quantità che per qualità, e la
rinuncia ad ampliare ulteriormente la raccolta e i ricavi derivanti
dall’azzardo, anche nel caso di nuove emergenze nazionali che richiedono
l’immediato introito di risorse”.
In
secondo luogo, si chiede di “restituire un potere decisionale alle
comunità locali che sono espropriate di ogni funzione di ‘governo’ del
fenomeno: i sindaci dei comuni non possono intervenire sulle licenze,
perché totalmente scavalcati dall’attuale legge dello Stato”.
Inoltre,
occorre “impedire la pubblicità del gioco d’azzardo con appositi
divieti, non diversamente da quanto avviene per il tabacco”. Si è
consapevoli della normativa europea in merito, affermano i promotori
della campagna, ma “si ritiene che gli Stati nazionali debbano riaprire
il confronto sull’intera questione all’interno della Commissione e nello
stesso parlamento di Strasburgo. Si ritiene accettabile una pubblicità
del gioco d’azzardo unicamente all’interno dei luoghi deputati alle
scommesse, comunque svincolata da qualsiasi ‘immaginario ingannevole’ e
limitata alla mera descrizione dell’offerta del prodotto”.
Ancora,
la campagna invita ad inserire il gioco d’azzardo patologico
all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza con una normativa volta
a equiparare il diritto alle cure e l’accesso gratuito e diretto ai
servizi già garantiti nelle altre forme di dipendenza patologica. “Al
fine di rendere sostenibile i costi di tale equiparazione è necessario
devolvere l’1% del fatturato complessivo sul gioco alla riparazione dei
danni, direttamente o indirettamente indotti e provocati dall’espansione
del fenomeno e dall’aumento delle situazioni di dipendenza. Le risorse
da reperire potrebbero essere così raccolte e ripartite: per un terzo
dai pay-out, ovvero dalla riduzione delle vincite; per un altro terzo
dagli introiti fiscali dello Stato, ovvero con una riduzione delle
risorse destinate all’Erario; per il rimanente terzo dai profitti dei
concessionari e gestori, ovvero con una riduzione della parte ad essi
destinata”.
Infine, la
prevenzione: “oltre ad un’ufficializzazione dei Monopoli di Stato sul
ritiro della campagna ‘Giovani e Gioco’, si chiede la costituzione di un
tavolo di confronto con le associazioni e i servizi impegnati nel
settore, con la finalità di definire i criteri e le iniziative di una
diversa campagna di educazione al gioco e di prevenzione dei rischi
indotti dal gioco d’azzardo”.
“Aumentare
il prelievo fiscale sul gioco d’azzardo è un obiettivo che dobbiamo
porci nuovamente. Le risorse potrebbero essere utilizzate per combattere
le dipendenze”. Lo ha detto il vicepresidente del Senato Vannino Chiti,
intervenendo nel corso della presentazione della campagna. Chiti ha
sottolineato che nel decreto Balduzzi “ci sono dei passi avanti come le
limitazioni delle pubblicità, l’inserimento dei Lea e i limiti per le
istallazioni dei giochi, ma non siamo riusciti a far passare il discorso
sulle risorse corrispondenti. Il rischio – aggiunge –è quello di una
parziale attuazione”.
(Redattore sociale)
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