7 dicembre 2012

“Mettiamoci in gioco”: ecco la campagna nazionale contro i rischi dell’azzardo

Le richieste delle associazioni: frenare il modello di “liberalizzazione controllata”, con moratoria sui nuovi giochi; restituire potere decisionale alle comunità locali; impedire la pubblicità; inserire il gioco d’azzardo patologico all’interno dei Lea.

Si chiama “Mettiamoci in gioco” la campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo promossa da diverse associazioni (Acli, Adusbef, Alea, Anci, Anteas, Arci, Auser, Avviso Pubblico, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Federconsumatori, Federserd, Fict, Fitel, Fondazione Pime, Gruppo Abele, Intercear, Libera, Uisp) e presentata ieri a Roma. Una campagna che parte dall’analisi della realtà.  
I dati. Secondo il Conagga (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo. Studio condotto da Matteo Iori), nel 2001 il mercato mondiale dei giochi d’azzardo ha raccolto, al netto dei premi erogati, 417 miliardi di euro (+5,6 per cento sul 2010). Il 29 per cento di questi sono in Europa. L’Italia, con 18,4 miliardi di euro, rappresenta oltre il 15 per cento del mercato europeo del gioco e oltre il 4,4 per cento del mercato mondiale (con l’1 per cento della popolazione mondiale).
In generale, cresce in Italia la spesa sul gioco d’azzardo. Il fatturato è passato dai 14,3 miliardi del 2000 ai quasi 80 (79,9) del 2011 (erano 61,4 miliardi nel 2010). Una crescita costante nel tempo. La spesa pro-capite per ogni italiano maggiorenne è di 1703 euro (elaborazione su dati dei Monopoli di Stato, relativi ai primi 8 mesi del 2012). 
A fronte di un’evidente contrazione dei consumi familiari negli ultimi anni, cresce la voglia di giocare nella speranza del colpo di fortuna. Nel 2011 sono crollati i risparmi delle famiglie. In compenso l’Italia è il primo mercato al mondo nei Gratta e Vinci: nel 2010 sono stati comprati nel nostro Paese il 19 per cento dei biglietti venduti nel mondo. L’Italia, pur rappresentando solo l’1 per cento della popolazione mondiale, ha il 23 per cento del mercato mondiale di gioco online. 
La somma maggiore viene giocata negli apparecchi (slot-machine e videolottery) che hanno il 55,6 per cento del fatturato totale, seguono i giochi on-line (16,3 per cento del mercato), poi i gratta e vinci (11,4 per cento), il lotto (7,2 per cento), le scommesse sportive (4,2 per cento), il superenalotto (2,2 per cento), poi bingo e scommesse ippiche.
Andamento nel 2012. Nei primi 8 mesi del 2012 sono stati giocati 56,9 miliardi di euro, equivalenti al 17,7 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2011. Se la percentuale di aumento resta stabile si può ipotizzare una proiezione di complessivi 94 miliardi di euro spesi al gioco d’azzardo nell’anno 2012 (secondo Libera la proiezione porterebbe addirittura a 103 miliardi, tra guadagni legali e illegali). Nel primo semestre 2012 all’Erario sono andati 4,1 miliardi di euro, con una diminuzione del 9,9 per cento sullo stesso periodo dell’anno precedente. Se la percentuale di diminuzione resta stabile si può ipotizzare una proiezione a fine anno inferiore a 8 miliardi. Vicina alle cifre del 2008 (quando però il fatturato complessivo era la metà dell’attuale). Nel 2011 le entrate sono state di 8,8 miliardi di euro (+24,3 per cento).
I giochi introdotti negli ultimi anni hanno una tassazione notevolmente inferiore ai precedenti. 
Chi gioca d’azzardo. Il rapporto 2011 della Corte dei Conti dice che: “il consumo dei giochi interessa prevalentemente le fasce sociali più deboli”. Secondo i dati Eurispes, nel gioco investe di più chi ha un reddito inferiore: giocano il 47% degli indigenti, il 56% degli appartenenti al ceto medio-basso. “
Secondo la ricerca Conagga-Cnca gioca di più chi ha minore scolarizzazione.
E secondo il Cnr, “il gioco attira quote sempre più ampie di popolazione, non solo adulta. Si stima che 450 mila studentesse e 720 mila studenti siano coinvolti, cioè il 47,1 per cento dei giovani che frequentano le scuole medie superiori. Il gioco d’azzardo coinvolge il 58,1 per cento dei maschi tra i 15 e i 19 anni e il 36,8% delle ragazze”.
Dipendenza. Secondo una recente elaborazione del Cnr sui dati della ricerca IPSAD Italia 2010-2011, emerge che in Italia il 42 per cento delle persone fra i 15 e i 64 anni ha giocato almeno una volta nell’ultimo anno, equivalenti a 17 milioni di italiani; che la maggior parte dei giocatori non è a rischio; che 2 milioni di italiani sono a rischio minimo; che 1 milione di persone rispondono ai criteri diagnostici certificati come giocatori d’azzardo patologici e sono ad alto rischio.
Costi sociali. Per valutare i costi sociali sono state prese in considerazione diverse voci. In primis i costi sanitari diretti (ricorso al medico di base del 48 per cento più alto rispetto ai non giocatori, interventi ambulatoriali psicologici, ricoveri sanitari, cure specialistiche per la dipendenza), poi i costi indiretti (perdita di performance lavorativa del 28 per cento maggiore rispetto ai non giocatori, perdita di reddito…). Quindi, i costi della qualità della vita (problemi che ricadono sui familiari, violenza, rischio di aumento di depressione grave, ansia, deficit di attenzione, bassa resistenza ad altri tipi di dipendenze, idee suicidarie, ossessione per il gioco e per i soldi necessari a giocare…).
Ciò premesso, ogni anno in Italia vi sono dai 5,5 ai 6,6 miliardi di euro di costi complessivi per la società dovuti al gioco patologico.
“Il gioco d’azzardo è un problema per il paese a cui la società civile da sola non può dare risposte esaurienti. Al centro c’è la salute dei cittadini, ma ci sono anche forti connessioni con la malavita organizzata. La politica deve dare una risposta su questi temi, altrimenti il paese sarà in mano all’antipolitica”. Lo ha sottolineato don Armando Zappolini, presidente del Cnca, durante la presentazione della campagna “Mettiamoci in gioco” , che unitamente agli altri promotori chiedono di “porre un freno, da parte dello Stato, al modello di ‘liberalizzazione controllata’ del gioco d’azzardo in Italia, che si è progressivamente trasformato in insidiosa ‘deregulation’, come testimoniano l’abnorme espansione delle proposte di giochi in ogni Comune di Italia. Nel frattempo si chiede una moratoria rispetto all’immissione di nuovi giochi, sia per quantità che per qualità, e la rinuncia ad ampliare ulteriormente la raccolta e i ricavi derivanti dall’azzardo, anche nel caso di nuove emergenze nazionali che richiedono l’immediato introito di risorse”.  
In secondo luogo, si chiede di “restituire un potere decisionale alle comunità locali che sono espropriate di ogni funzione di ‘governo’ del fenomeno: i sindaci dei comuni non possono intervenire sulle licenze, perché totalmente scavalcati dall’attuale legge dello Stato”.
Inoltre, occorre “impedire la pubblicità del gioco d’azzardo con appositi divieti, non diversamente da quanto avviene per il tabacco”. Si è consapevoli della normativa europea in merito, affermano i promotori della campagna, ma “si ritiene che gli Stati nazionali debbano riaprire il confronto sull’intera questione all’interno della Commissione e nello stesso parlamento di Strasburgo. Si ritiene accettabile una pubblicità del gioco d’azzardo unicamente all’interno dei luoghi deputati alle scommesse, comunque svincolata da qualsiasi ‘immaginario ingannevole’ e limitata alla mera descrizione dell’offerta del prodotto”. 
Ancora, la campagna invita ad inserire il gioco d’azzardo patologico all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza con una normativa volta a equiparare il diritto alle cure e l’accesso gratuito e diretto ai servizi già garantiti nelle altre forme di dipendenza patologica. “Al fine di rendere sostenibile i costi di tale equiparazione è necessario devolvere l’1% del fatturato complessivo sul gioco alla riparazione dei danni, direttamente o indirettamente indotti e provocati dall’espansione del fenomeno e dall’aumento delle situazioni di dipendenza. Le risorse da reperire potrebbero essere così raccolte e ripartite: per un terzo dai pay-out, ovvero dalla riduzione delle vincite; per un altro terzo dagli introiti fiscali dello Stato, ovvero con una riduzione delle risorse destinate all’Erario; per il rimanente terzo dai profitti dei concessionari e gestori, ovvero con una riduzione della parte ad essi destinata”. 
Infine, la prevenzione: “oltre ad un’ufficializzazione dei Monopoli di Stato sul ritiro della campagna ‘Giovani e Gioco’, si chiede la costituzione di un tavolo di confronto con le associazioni e i servizi impegnati nel settore, con la finalità di definire i criteri e le iniziative di una diversa campagna di educazione al gioco e di prevenzione dei rischi indotti dal gioco d’azzardo”.
“Aumentare il prelievo fiscale sul gioco d’azzardo è un obiettivo che dobbiamo porci nuovamente. Le risorse potrebbero essere utilizzate per combattere le dipendenze”. Lo ha detto il vicepresidente del Senato Vannino Chiti, intervenendo nel corso della presentazione della campagna. Chiti ha sottolineato che nel decreto Balduzzi “ci sono dei passi avanti come le limitazioni delle pubblicità, l’inserimento dei Lea e i limiti per le istallazioni dei giochi, ma non siamo riusciti a far passare il discorso sulle risorse corrispondenti. Il rischio – aggiunge –è quello di una parziale attuazione”. 
(Redattore sociale)

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