14 gennaio 2015

Grazie Presidente.

da LaRepubblica.it

Dimissioni, l'augurio di Napolitano: "Paese sia unito e sereno". Appello su riforme

Capo dello Stato pronto a passo indietro: "Felice di tornare a casa". In parlamento intreccio rischioso tra voti segreti su successore e discussione ancora aperta su legge elettorale più bicameralismo. Marchionne: "Al Colle Draghi lo vedrei benissimo"
 Giorgio Napolitano torna a casa nel rione Monti

ROMA - "Certo che sono contento di tornare a casa". Così il presidente Giorgio Napolitano ha risposto a una bambina che gli ha rivolto una domanda in piazza del Quirinale, durante una manifestazione della polizia."Qui si sta bene, è tutto molto bello - ha aggiunto il capo dello Stato - ma è un po' una prigione. A casa starò bene e passeggerò".

Poi, intercettato da RaiNews24, dice ancora: "L'augurio al Paese è che sia unito e sereno. Anche perché viviamo in un mondo molto difficile. Abbiamo visto nei giorni scorsi cosa è successo in un Paese vicino e amico come la Francia. Siamo molto incoraggiati dalla straordinaria manifestazione di Parigi però, insomma, sempre essendo attenti a stare in guardia e a non fare allarmismo, dobbiamo essere molto consapevoli della necessità, pur nella libertà di discussione politica e di dialettica parlamentare, della necessità di un Paese che sappia ritrovare, di fronte alle questioni decisive e nei momenti più critici, la sua fondamentale unità".


Strasburgo, intanto, il premier Matteo Renzi ha chiesto al Parlamento europeo un applauso per il presidente della Repubblica, che domani ufficializzerà le proprie dimissioni dopo nove anni intensi e tormentati: è l'unico a essere stato eletto due volte. E' tutto pronto, infatti, per l'addio di Napolitano al Quirinale: oggi il presidente passerà in rassegna i Corazzieri nella vicina caserma e saluterà i dipendenti. Poi l'ora X per il ritorno a casa nel rione Monti (video) sarà quella prevista, vale a dire il 14 gennaio 2015, ventiquattro ore dopo la chiusura del semestre a guida italiana della Ue. La conferma l'ha data lo stesso capo dello Stato ieri a Renzi, salito al Colle ufficialmente per riferigli della imponente manifestazione di Parigi e per renderlo partecipe del bilancio del semestre italiano di presidenza che oggi è stato al centro del discorso del premier a Strasburgo.

Ma a Napolitano Renzi ha fornito anche rassicurazioni sulle riforme da portare a termine e che tanto stanno a cuore al capo dello Stato: "Sono convinto - gli ha detto il premier - che riusciremo a farcela prima di eleggere il suo successore". E a proposito di colui che prenderà il suo posto, oggi a Strasburgo Renzi ha detto: sarà "un arbitro saggio" e "una personalità di grande livello".

Da settimane impazza il toto-nomi, e da Detroit, Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fca, interpellato sulla questione, ha dichiarato: "Mario Draghi al Quirinale? Lo vedrei benissimo, ma lui dice che non ci vuole andare". Nei giorni scorsi, infatti, il presidente della Banca centrale europea si era sfilato dicendo che avrebbe continuato a guidare la Bce fino al 2019.

Di sicuro, in questa fase i rischi sugli esiti di una scelta cruciale non mancano. Pericoloso è l'intreccio tra l'avvicinarsi dei voti segreti sul Quirinale mentre la riforma elettorale e quella costituzionale sono ancora aperte in parlamento: la prima al Senato, la seconda alla Camera. Ciò nonostante, Napolitano non indugerà oltre. E a Renzi ha chiesto espressamente di fare in modo che le sue dimissioni non blocchino né rallentino questo processo.

La tempistica su cui si sta lavorando prevede che entrambe le riforme siano approvate tra il 23 e il 26 gennaio: prima della convocazione del parlamento - in seduta comune - con i grandi elettori il 29 gennaio per esprimersi sul successore di Napolitano. L'ipotesi è di arrivare già al 2 febbraio con il quarto scrutinio. Nel frattempo, nell'edificio di fronte a Palazzo Madama, Pietro Grasso, presidente del Senato, eserciterà le funzioni di supplente assieme al segretario generale Donato Marra.

Le trappole a Palazzo Madama, però, non mancano, tra dissidenti dem e di Fi che intendono dare battaglia sulle riforme. Secondo alcuni, tuttavia, ormai anche la minoranza del Pd al Senato è consapevole che la partita per modificare legge elettorale e riforme è già persa. La maggioranza è convinta che la strada sia ormai in discesa (ieri il ministro Maria Elena Boschi ha incontrato Anna Finocchiaro e Luigi Zanda), gli emendamenti presentati dal bersaniano Miguel Gotor restano, ma, nonostante i tentativi di un dialogo con i fittiani di Forza Italia, i numeri non sarebbero a rischio. I voti finali sull'Italicum a Palazzo Madama e sul pacchetto costituzionale alla Camera potrebbero arrivare per il 22 o 23 gennaio, e da quel momento l'attenzione sarà concentrata tutta sul Colle.

Le trattative per il dopo Napolitano sono già in corso da tempo, ma il quadro resta intricato. Ieri alla riunione del gruppo del Pd si è studiato il 'decalogo' utile a evitare gli incidenti del 2013 (i 101 franchi tiratori in primis). L'unica decisione presa è che il nome dovrà essere oggetto di confronto prima tra i democratici e solo in un secondo momento partirà il dialogo con gli altri partiti. La direzione del Pd è stata convocata per venerdì, ma già nei prossimi giorni si comincerà a fare sul 'serio' (domani sera, ad esempio, si incontrerà l'ala cattolica del partito).

Sulla carta ci sono i numeri per eleggere il nuovo presidente della Repubblica dal quarto scrutinio, ma le divisioni all'interno del Pd e di Fi potrebbero rendere il percorso molto tortuoso. All'interno del partito azzurro, per esempio, le distanze tra Raffaele Fitto e Silvio Berlusconi si acuiscono ogni giorno di più. I fedelissimi dell'europarlamentare vorrebbero portare lo scontro in procura. Ovvero presentare un ricorso urgente al tribunale per accusare il Cavaliere di non rispettare la democrazia dentro Fi.


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