28 luglio 2016

Tenere alto il valore della LIBERTA'

Attentati, allarmi, panico: 
le polizie d'Europa prigioniere del caos
Gli agenti tedeschi sono stati incapaci di fronteggiare l’emergenza. Intelligence continentali sotto scacco
di GIANLUCA DI FEO
Da la Repubblica del 23 luglio 2016

Attentati, allarmi, panico: le polizie d'Europa prigioniere del caos
Il capo della polizia di Monaco, Hubertus Andrae (ap)
NON serve il terrorismo per gettare nel panico un continente che da anni si trova a convivere con una catena inesauribile di attentati. Ormai la paura è dentro di noi, testimoniando come la campagna di morte globale lanciata dal Califfo di Mosul sia entrata in profondità nella nostra quotidianità. Il verbo jihadista si è diffuso ovunque, amalgamando fondamentalismo e rancore per costruire gruppi organizzati come quelli che hanno colpito a Parigi e a Bruxelles, oppure indirizzando l'instabilità o la fragilità psichica di singoli verso i propri obiettivi, come è accaduto sulla promenade di Nizza e sul treno di Wurzburg.

Ci siamo rassegnati alla minaccia che può colpire ovunque e chiunque, dallo stadio di calcio al supermarket, dall'aeroporto alla fermata della metropolitana, dallo spettacolo della festa al concerto, dal museo alla spiaggia. Una paura antica, che è esplosa con i vagoni di Madrid nel 2003, è proseguita due anni dopo con le bombe di Londra e si è intensificata con un ritmo esponenziale dopo la creazione dello Stato islamico. Neppure i soldati in assetto di guerra schierati nelle città riescono a trasmettere sicurezza. E ieri a Monaco questo sentimento che ci accompagna sempre si è trasformato in un panico mai visto prima in Europa.

Il passaggio dal terrorismo al caos parla il dialetto bavarese e ha la sagoma di un uomo in nero. Una persona armata di pistola. Poco prima della sei di sera è entrata in un McDonald e ha cominciato a sparare. Ha mirato alla testa dei bambini. Ha finito tutti i colpi. Poi ha inserito un altro caricatore e continuando a fare fuoco è salito sul tetto di un centro commerciale, senza nascondersi. Una donna musulmana sostiene di averlo sentito inneggiare ad Allah, come i kamikaze dell'Is. Una telecamera l'ha ripreso mentre con l'accento della Germania meridionale risponde all'insulto di cittadino dicendo di "essere tedesco, nato in un quartiere povero" e di "essere stato in cura". Un dialogo folle, concluso con invettive antiturche dello stesso attentatore che poco prima avrebbe urlato il nome del Profeta. Ma l'intera Baviera è piombata in un incubo surreale, con un unico, drammatico punto fermo: le decine di vittime tra morti e feriti.

Tutto il resto è stata una colossale confusione, con un'ondata di paura che dalla periferia del quartiere olimpico si è trasmessa al centro storico e all'intero stato. "Ci hanno detto che stavano sparando delle raffiche, avendo in mente quello che è accaduto in Europa, abbiamo preso qualunque misura", si è giustificato il portavoce della polizia regionale, sottolineando come persino chi doveva reagire alla minaccia si sia mosso sotto la pressione psicologica che ormai dilaga in tutta Europa.

Mai come questi giorni l'intelligence internazionale è sotto scacco. Perché le indagini sulla strage di Nizza hanno svelato che il piano del massacro veniva preparato da mesi, senza che le autorità francesi ne sapessero nulla. E persino il ragazzino immigrato che lunedì si è lanciato sui viaggiatori di un treno bavarese con un'accetta è riuscito a mandare prima il suo video alle centrali del Califfato. Insomma, ci sono reti jihadiste attive ovun- que che riescono a trasformare la pazzia in terrorismo.

E la reazione delle autorità bavaresi invece di isolare il pericolo ha allargato le dimensioni del panico, trasmettendo allarmi crescenti e infondati, invitando una metropoli e una regione a barricarsi in casa. E' stata una pessima prova. Gli esperti hanno spesso sottolineato come il sistema tedesco sia inadatto a fronteggiare gli attacchi. Il coordinamento tra corpi specializzati federali e polizie dei land è difettoso. Ieri mentre il pistolero si aggirava sul tetto del centro commerciale, gli elicotteri lo hanno sorvolato senza intervenire, perché impegnati "in un'esercitazione di routine". "Paura è il nome che diamo alla nostra incertezza, alla
nostra ignoranza della minaccia, o di ciò che c'è da fare", ha scritto Zygmunt Bauman. E ieri la Germania ha dimostrato la concretezza della sua analisi, di quella "paura liquida " che è dentro tutti noi. E che rischia di cancellare la nostra civiltà.

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