9 ottobre 2016

Palude Pedemontana


La grande opera più importante per la Lombardia? Non sarà difficile sentirsi rispondere: la Pedemontana.
E' da almeno trent'anni che ce lo sentiamo ripetere. La differenza è che, da qualche mese, le prime tratte dell'autostrada sono in funzione e non paiono aver cambiato davvero la vita dei lombardi di quelle zone.
I numeri parlano di volumi di traffico inferiori del 60% rispetto alle stime del Piano Economico Finanziario e di ricavi da pedaggio ancora più deludenti, visto che il 20% di coloro che sono transitati non ha pagato a causa di problemi tecnici.
Per mesi di Pedemontana si è parlato più che altro per le proteste dei sindaci delle tratte già in funzione che lamentano la mancata realizzazione delle opere di compensazione promesse. Punta dell'iceberg di uno stallo che deriva dal contenzioso con la società appaltatrice che ha presentato astronomiche richieste di costi aggiuntivi, ben oltre i 2 miliardi di euro.

Ora, con l'arrivo di Tonino Di Pietro alla presidenza della società, pare alzarsi la cortina di nebbia che avvolgeva la Pedemontana e cominciano ad arrivare conferme ufficiali riguardo la difficile situazione finanziaria che come minoranze abbiamo più volte denunciato.
Se le contestazioni sugli extra costi potrebbero rientrare a un livello più sostenibile, preoccupano molto le prospettive per il completamento della tratta B2, la prima in Brianza, e l'inizio dei lavori sulle tratte C e D, ovvero la prosecuzione brianzola e quella bergamasca.
I soldi messi a disposizione del governo per l'intera opera sono già stati prosciugati dai primi interventi e il deficit di traffico e pedaggi rischia di tagliare di netto anche il canale del finanziamento bancario che, a fronte di ricavi scarsi e incerti, potrebbe interrompersi traumaticamente.

Rimaniamo convinti della necessità di rivedere l'intero progetto che, pensato negli anni '80 con la grandeur di chi immaginava una Lombardia in espansione infinita, deve fare i conti con una situazione economica molto diversa che induce a valutazioni più prudenti e sostenibili. La stagione del consumo di suolo come bandiera del progresso e dello sviluppo pare ormai tramontata, ma il nastro di cemento e asfalto, nell'idea di chi guida la Lombardia, non può essere arrestato o anche semplicemente rallentato nella sua famelica corsa.
Di Pietro è stato realista, nel suo incontro con la commissione Bilancio: alla determinazione a concludere un'opera considerata ancora strategica, si è affiancato il realismo di chi non intende aprire un solo nuovo cantiere se non ci sono tutte le garanzie necessarie per concludere i lavori.
Auguriamo a Di Pietro buon lavoro, ma la grande opera più importante della Lombardia pare finita in una palude alimentata da una gestione societaria approssimativa e, probabilmente, anche dall'illusione che qualcuno avrebbe comunque aperto il portafoglio per garantire la prosecuzione dei cantieri. Secondo la pessima abitudine, tutta italiana, per cui si sopportano crescite astronomiche di costi di costruzione facendo finta di nulla.
Ora da Roma il governo fa sapere di avere già dato: i soldi messi a disposizione della Pedemontana c'erano, non è certo responsabilità del ministero il fatto che siano stati totalmente utilizzati per la costruzione delle prime due tratte e delle tangenziali di Como e Varese.

Sentire da Palazzo Lombardia la solita solfa dei fondi che vanno solo al Sud e strali contro l'ipotesi di rilanciare il progetto del ponte di Messina perché prima va completata la Pedemontana, francamente, fa sorridere. Maroni pensi piuttosto a onorare gli impegni con i territori già attraversati dalla nuova autostrada e faccia sì che le opere di compensazione non spariscano nel calderone dei costi fuori controllo.
La grande opera più importante della Lombardia rimane impantanata in una palude di cui l'attuale Giunta ha la responsabilità di non essersi accorta per tempo, tutta impegnata com'era a chiedere più soldi a Roma, mentre non è stata neppure capace di spendere oculatamente quelli che aveva già a disposizione.
Sarà anche l'onda lunga della Lombardia formigoniana, ma l'impressione è che si continui a navigare a vista senza avere la capacità di individuare e perseguire le reali priorità per la Lombardia.

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