28 settembre 2017

Le risate leghiste sulla pelle dei lombardi

Prima gli anarchici nell'800, qualcuno dice Michail Bakunin in persona, poi il movimento studentesco italiano nel 1977, ora, se il collegamento non suonasse irriverente, la Lega in Lombardia. "La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà!": a voler essere gentili, questo potrebbe essere il filone in cui si inserisce la campagna comunicativa orchestrata dai Lumbard (se si può ancora chiamarli così) per promuovere la partecipazione al referendum per l'autonomia del prossimo 22 ottobre.
Il protagonista degli spot, caratterizzati da un alto tasso di ostentata popolarità folkloristica, ha un cognome e un fratello impegnativi, visto che si tratta di Ignazio Albanese, fratello maggiore del più famoso Antonio, protagonista di memorabili pagine di satira politica. La differenza tra i due non è solo anagrafica e ripercorre la divaricazione che esiste tra ironia e satira: quest'ultima sbeffeggia il potere, la prima, in molti casi, lo asseconda e gli si mette al servizio.
A costo di essere accusati di ingrossare le schiere di quegli intellettuali a cui non possono piacere, secondo il protagonista degli spot, le espressioni più autentiche e genuine del popolo, ci permettiamo di definire fuorvianti e grotteschi i filmati promozionali. Considerando un pessimo incidente di percorso quello ispirato al cavalcavia di Annone, che irride e strumentalizza una dolorosa vicenda che è pure costata la vita a un cittadino lombardo.
L'ironia degli spot, a nostro giudizio, tradisce la debolezza dell'oggetto che si vuol promuovere o, peggio, tenta di nascondere il vero e proprio inganno che si cela dietro la propaganda che accompagna la consultazione di fine ottobre. Maroni continua a sostenere che grazie al referendum la Lombardia potrà diventare regione autonoma e potrà ottenere più soldi da Roma, sanando così la ferita sanguinante di un residuo fiscale da 54 miliardi di euro all'anno. Questo potrà, forse , essere il finale (ancora da scrivere) della fiction fantasy che la Lega propone ai lombardi da ormai tre decenni, ma la realtà è ben diversa: esito del referendum, con la scontata vittoria del sì, sarà solo quello di attivare una procedura già prevista dalla Costituzione che prevede la possibilità di negoziare maggiori competenze con Roma. Il valore della consultazione è puramente consultivo o, se preferite, simbolico e l'orizzonte che propone, a nostro giudizio, non è tanto quello di ottenere risultati concreti, quanto quello di consegnare nelle mani di Maroni e della Lega un tema che dovrebbe e potrebbe essere di tutti i lombardi come l'autentica autonomia che deve basarsi sulla collaborazione e non sulla contrapposizione istituzionale. Il ricorso al popolo intende mascherare l'inconcludenza politico istituzionale di chi predica l'autonomia da anni e non è riuscito a fare un solo passo avanti in quella direzione, nonostante abbia, di fatto, ininterrottamente guidato la Lombardia da più di due decenni a questa parte. L'appello al popolo è un segnale di debolezza da parte di chi non ha avuto la forza e il coraggio di percorrere fino in fondo le strade che le istituzioni gli mettevano a disposizione: Maroni deve spiegare ai lombardi perché, se l'autonomia gli sta davvero così a cuore, non ha attivato fin dal suo primo giorno di governo lombardo la procedura costituzionale per ottenerla: da quel giorno sono passati ormai più di 4 anni e 50 milioni di euro dei lombardi (il costo del baraccone referendario).
L'ironia ostentatamente popolana degli spot intende nascondere tutto questo, andando a stuzzicare i lombardi sull'unica dimensione che pare interessare davvero alla Lega, quella del portafoglio.
Gli spot possono piacere o non piacere, crediamo possano anche avere una qualche non secondaria efficacia, ma non possiamo tacere l'inganno che nascondono. Anche perché con i continui appelli al buon senso, al pragmatismo e alla difesa di valori, spesso poco più che formali, la Lega in questi anni si è garantita il potere, ma non ha fatto certo crescere l'autonomia dei lombardi e della Lombardia.
E non vorremmo che l'unica cosa che finiranno per seppellire le grasse risate strappate dagli spot made in Lega sia proprio la dignità di una Lombardia che ha grandi risorse e coraggio, ma ha fin qui trovato una deludente rappresentanza istituzionale.

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