6 settembre 2018

Governo, 100 giorni di buio. E il peggio deve ancora venire

L’assurda disputa propagandistica tra Salvini e Di Maio sta mettendo a rischio i conti pubblici

Osserva Carlo Cottarelli: “Tra il 10 maggio e il 31 agosto del 2011 lo spread era salito di 129 punti base, da 162 a 291: nello stesso periodo di quest’anno l’aumento è stato di 150 punti, da 138 a 289”. Tutti sappiamo come andò a finire nel 2011. Benvenuti nell’era del governo giallo-verde, quello che dice di voler difendere gli interessi degli italiani ma che, con un’azione quasi scientifica, sta facendo il gioco degli speculatori come forse nessun altro è riuscito a fare finora. Ogni volta che Matteo Salvini e Luigi Di Maio aprono bocca, i suddetti speculatori stappano una bottiglia di Champagne e i cittadini italiani si ritrovano qualche miliardo di spese in più sul groppone.

Già, perché quando il leader della Lega parla di sforamento del tetto del 3% non pensa alle catastrofiche conseguenze che le sue dichiarazioni hanno sulla possibilità di perdere il controllo del debito pubblico. Quando il capo politico dei Cinque Stelle sostiene “che non tradirà mai l’interesse dei cittadini in cambio del giudizio positivo delle agenzie di rating”, non capisce, o fa finta di non capire, che i primi a essere danneggiati da queste parole sono proprio i cittadini, il tanto amato ed evocato “popolo”, specie se appartenente alle fasce più deboli. Per Lega e M5s, però, è tutto sacrificabile sull’altare della propaganda, anche il benessere di un intero Paese.

C’è il rischio di una deriva di tipo venezuelano per l’Italia? A loro non importa, perché devono poter scrivere su Facebook che faranno il reddito di cittadinanza, la flat tax, la riforma della legge Fornero. E ancora, che bloccheranno la Tav, la Tap, chiuderanno l’Ilva, nazionalizzeranno le autostrade (Dio che ne scampi, visto come sono riusciti a ridurre le strade di Roma). Promesse irrealizzabili? Di nuovo, chi se ne frega. Avranno modo di dire che non sono state fatte per colpa dell’Europa brutta e cattiva, delle banche, dei poteri forti, di Soros e del nuovo ordine mondiale globalista. Intanto, però, le sole parole pronunciate da due ministri incoscienti hanno portato lo spread a livelli che non si vedevano da sei anni, con conseguenze dirette e immediate sui risparmi degli italiani. Il tutto è aggravato da un livello di competizione (propagandistica, s’intende) interna che spinge i protagonisti del governo della distruzione a rincorrersi in una disputa senza senso a chi la spara più grossa.

Per ora questo atteggiamento deleterio, che in 100 giorni di governo non ha portato niente di positivo, ha provocato un repentino calo di fiducia da parte degli investitori, 38 miliardi bruciati nel solo ultimo mese secondo i dati della Bce. Per non parlare delle conseguenze sull’occupazione del decreto che, senza alcun senso della vergogna, Di Maio ha avuto il coraggio di chiamare “dignità”: oltre mille posti di lavoro persi al giorno, secondo dati forniti dall’Istat e dalla Banca d’Italia, un record davanti al quale impallidisce pure Berlusconi.

Il problema è che il peggio deve ancora venire e l’autunno rischierà di diventare un bagno di sangue per l’economia italiana, nonostante le timide rassicurazioni del ministro del Tesoro Giovanni Tria. La scellerata politica di Salvini sull’immigrazione, la sua spudorata adesione al Gruppo di Visegrad, con il ruolo di scendiletto della riedizione dell’impero austro-ungarico, ha isolato il Paese, che ora, in Europa, è visto, a ragione, come la principale minaccia per la tenuta dell’Unione. Chi pensava che questo atteggiamento – che, per inciso, in tre mesi ha portato a 13mila sbarchi in più sulle coste italiane rispetto allo scorso anno – convincesse Bruxelles ad ammorbidirsi sul fronte economico, ha sbagliato a capire. E’ vero infatti l’esatto contrario. I margini non ci sono e le balle elettorali contenute nel contratto di governo costano tra i 108 e i 125 miliardi di euro. A tutto questo va aggiunto che la tempesta vera potrebbe scatenarsi a gennaio 2019, con la fine del quantitative easing di Mario Draghi. Ma forse a quel punto, per l’Italia, il destino sarà già segnato.

tratto da Democratica

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