6 dicembre 2017
5 dicembre 2017
Lo stato di eccezione lombardo
La prevenzione è una delle scelte politiche più lungimiranti e sensate.
E' fondamentale ribadirlo proprio nella giornata dedicata alla lotta all'AIDS, una malattia che non crea più l'allarme sociale di qualche anno fa, ma che continua a diffondersi, soprattutto tra i più giovani, per comportamenti e abitudini ad alto livello di rischio, accompagnati da una scarsa cultura della prevenzione.
Si parla poco del virus Hiv, ma i contagi sono in aumento, soprattutto in Lombardia e tra la popolazione più giovane, indice del fatto che si è abbassata la guardia rispetto a un'infezione da cui non si guarisce, ma si riesce comunque a contenere e gestire grazie a farmaci sempre più evoluti, ma anche sempre più costosi.
Puntare sulla prevenzione significa, dunque, anche risparmiare e poter utilizzare in modo più lungimirante le risorse a disposizione. Al netto del fatto che la priorità rimane comunque la salute delle persone, la cultura della prevenzione a molto a che fare con la qualità della vita personale e sociale di chi vive in Lombardia.
Proviamo a pensare che cosa significa prevenzione in campo ambientale e quali siano i costi di una gestione poco assennata del territorio e dell'ambiente.
E' fondamentale ribadirlo proprio nella giornata dedicata alla lotta all'AIDS, una malattia che non crea più l'allarme sociale di qualche anno fa, ma che continua a diffondersi, soprattutto tra i più giovani, per comportamenti e abitudini ad alto livello di rischio, accompagnati da una scarsa cultura della prevenzione.
Si parla poco del virus Hiv, ma i contagi sono in aumento, soprattutto in Lombardia e tra la popolazione più giovane, indice del fatto che si è abbassata la guardia rispetto a un'infezione da cui non si guarisce, ma si riesce comunque a contenere e gestire grazie a farmaci sempre più evoluti, ma anche sempre più costosi.
Puntare sulla prevenzione significa, dunque, anche risparmiare e poter utilizzare in modo più lungimirante le risorse a disposizione. Al netto del fatto che la priorità rimane comunque la salute delle persone, la cultura della prevenzione a molto a che fare con la qualità della vita personale e sociale di chi vive in Lombardia.
Proviamo a pensare che cosa significa prevenzione in campo ambientale e quali siano i costi di una gestione poco assennata del territorio e dell'ambiente.
4 dicembre 2017
LA NEWSLETTER DI ENRICO BRAMBILLA
Sabato 02 Dicembre 2017
Equo compenso
Il Comune di Catanzaro ha messo a gara la redazione del proprio PGT per un euro. La motivazione è singolare: da quell’incarico il professionista infatti avrebbe ricavato notorietà ed opportunità di acquisire maggiore clientela, quindi poteva ben farlo gratis. La battaglia per il riconoscimento ex lege del diritto ad un equo compenso per i professionisti, positivamente conclusa col recente decreto fiscale, ha una duplice valenza. La prima è quella di contrastare anche in questo campo il pensiero turboliberista (purtroppo avvalorato dall’Antitrust) secondo il quale le transazioni economiche devono essere lasciate al solo libero mercato. La competizione al ribasso, che tanto male ha fatto in diversi campi, rischia ora di falcidiare anche il lavoro autonomo. In secondo luogo si tratta di frenare un potenziale alimento del malaffare. È facile pensare in che modo quell’urbanista (ma il discorso vale in ogni campo) vorrà rientrare dell’investimento fatto, mettendo a reddito il credito maturato verso il comune. Tutela dei diritti e legalità si accompagnano reciprocamente.
La settimana in Regione
Approvata la quarta parte della “riforma” sanitaria lombarda, sui rapporti tra Regione ed Università con facoltà di medicina e chirurgia per la formazione del personale. La maggiore novità introdotta riguarda i giovani specializzandi, che potranno partecipare gradualmente alle attività assistenziali con crescente autonomia. Bocciato un nostro emendamento che specificava che il loro impiego non deve in nessun caso essere sostitutivo dei medici di ruolo. Il gruppo PD ha votato contro il testo, in coerenza col parere espresso sulle precedenti parti di questo spezzatino cui ancora manca un ultimo tassello. Sono state inoltre approvate alcune nuove leggi, una sulla disciplina della conferenza dei servizi, un’altra sulla mitigazione delle crisi idriche per il settore agricolo, mediante l’uso degli invasi di cava. La più significativa è però la terza, sull’agricoltura sociale, di cui do conto successivamente, così come delle fusioni tra comuni. Infine è stato approvato, coi soli voti della maggioranza, il Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR 2017).
2 dicembre 2017
NEWSLETTER QUINDICESIMO PIANO
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30 novembre 2017
29 novembre 2017
Una nuova stagione per la Lombardia
Un sorteggio ha negato a Milano e alla Lombardia di diventare sede di una delle principali agenzie europee, l'EMA, European Medicins Agency.
Solo qualche mese fa, la sfida di Milano sembrava impossibile, ma le istituzioni locali e nazionali decisero di lavorare assieme per tentare di contrastare le più quotate candidature nord-europee. Tutti ci hanno messo del loro e, settimana dopo settimana, le quotazioni del capoluogo lombardo sono salite. Alla fine, il dossier milanese è stato universalmente riconosciuto come il migliore e la città ha ottenuto grandi riconoscimenti internazionali. Purtroppo non è bastato: pur essendo risultata in testa per tutte e tre le votazioni previste, Milano è stata superata da Amsterdam solo grazie a un beffardo sorteggio.
Un vero peccato, ma il percorso fatto dimostra come una solida collaborazione tra le diverse istituzioni possa rendere molto competitiva l'area milanese e lombarda.
In questi giorni si è insediato a Milano anche il tavolo di trattativa con il Governo sulla possibile maggiore autonomia della nostra regione. All'ultimo piano di Palazzo Lombardia le delegazioni di Lombardia ed Emilia Romagna hanno incontrato il sottosegretario Gianclaudio Bressa, accompagnato dai tecnici ministeriali. Si è respirato un clima di grande collaborazione, ben lontano dalle bellicose affermazioni che hanno portato al referendum dello scorso 22 ottobre, che pare ormai molto lontano. Bisogna dare atto a Maroni di aver scelto un atteggiamento di collaborazione con Roma, lasciando Zaia solo con le sue rivendicazioni di autonomia speciale e affiancandosi a Bonaccini, che con l'Emilia Romagna ha preferito intraprendere un percorso rigorosamente nel solco tracciato dalla Costituzione. Si tratterà con Roma e lo si farà sul serio, abbandonando la retorica cripto-secessionista del residuo fiscale e le velleità di ottenere una surrettizia autonomia speciale che avevano tanto il sapore di un nuova edizione del "Roma ladrona" di bossiana memoria.
Solo qualche mese fa, la sfida di Milano sembrava impossibile, ma le istituzioni locali e nazionali decisero di lavorare assieme per tentare di contrastare le più quotate candidature nord-europee. Tutti ci hanno messo del loro e, settimana dopo settimana, le quotazioni del capoluogo lombardo sono salite. Alla fine, il dossier milanese è stato universalmente riconosciuto come il migliore e la città ha ottenuto grandi riconoscimenti internazionali. Purtroppo non è bastato: pur essendo risultata in testa per tutte e tre le votazioni previste, Milano è stata superata da Amsterdam solo grazie a un beffardo sorteggio.
Un vero peccato, ma il percorso fatto dimostra come una solida collaborazione tra le diverse istituzioni possa rendere molto competitiva l'area milanese e lombarda.
In questi giorni si è insediato a Milano anche il tavolo di trattativa con il Governo sulla possibile maggiore autonomia della nostra regione. All'ultimo piano di Palazzo Lombardia le delegazioni di Lombardia ed Emilia Romagna hanno incontrato il sottosegretario Gianclaudio Bressa, accompagnato dai tecnici ministeriali. Si è respirato un clima di grande collaborazione, ben lontano dalle bellicose affermazioni che hanno portato al referendum dello scorso 22 ottobre, che pare ormai molto lontano. Bisogna dare atto a Maroni di aver scelto un atteggiamento di collaborazione con Roma, lasciando Zaia solo con le sue rivendicazioni di autonomia speciale e affiancandosi a Bonaccini, che con l'Emilia Romagna ha preferito intraprendere un percorso rigorosamente nel solco tracciato dalla Costituzione. Si tratterà con Roma e lo si farà sul serio, abbandonando la retorica cripto-secessionista del residuo fiscale e le velleità di ottenere una surrettizia autonomia speciale che avevano tanto il sapore di un nuova edizione del "Roma ladrona" di bossiana memoria.
25 novembre 2017
IN PIEDI, SIGNORI, DAVANTI AD UNA DONNA:
Pensiamo al nostro paese, all'Europa, ma anche a tante parti del mondo....
Per tutte le violenze consumate su di lei
per tutte le umiliazioni che ha subito
per il suo corpo che avete sfruttato
per la sua intelligenza che avete calpestato
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata
per la libertà che le avete negato
per la bocca che le avete tappato
per le ali che le avete tagliato
per tutto questo
in piedi, Signori, davanti ad una Donna.
E non bastasse questo
inchinatevi ogni volta che vi guarda l’anima
perché Lei la sa vedere
perché Lei sa farla cantare.
In piedi, Signori, ogni volta che vi accarezza una mano
ogni volta che vi asciuga le lacrime
come foste i suoi figli
e quando vi aspetta
anche se Lei vorrebbe correre.
In piedi, sempre in piedi, miei Signori
quando entra nella stanza e suona l’amore
e quando vi nasconde il dolore e la solitudine
e il bisogno terribile di essere amata.
Non provate ad allungare la vostra mano per aiutarla
quando Lei crolla sotto il peso del mondo.
Non ha bisogno della vostra compassione.
Ha bisogno che voi
vi sediate in terra vicino a Lei
e che aspettiate che il cuore calmi il battito
che la paura scompaia
che tutto il mondo riprenda a girare tranquillo
e sarà sempre Lei ad alzarsi per prima
e a darvi la mano per tirarvi su
in modo da avvicinarvi al cielo
in quel cielo alto dove la sua anima vive
e da dove, Signori, non la strapperete mai.
(William Shakespeare)
Per tutte le violenze consumate su di lei
per tutte le umiliazioni che ha subito
per il suo corpo che avete sfruttato
per la sua intelligenza che avete calpestato
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata
per la libertà che le avete negato
per la bocca che le avete tappato
per le ali che le avete tagliato
per tutto questo
in piedi, Signori, davanti ad una Donna.
E non bastasse questo
inchinatevi ogni volta che vi guarda l’anima
perché Lei la sa vedere
perché Lei sa farla cantare.
In piedi, Signori, ogni volta che vi accarezza una mano
ogni volta che vi asciuga le lacrime
come foste i suoi figli
e quando vi aspetta
anche se Lei vorrebbe correre.
In piedi, sempre in piedi, miei Signori
quando entra nella stanza e suona l’amore
e quando vi nasconde il dolore e la solitudine
e il bisogno terribile di essere amata.
Non provate ad allungare la vostra mano per aiutarla
quando Lei crolla sotto il peso del mondo.
Non ha bisogno della vostra compassione.
Ha bisogno che voi
vi sediate in terra vicino a Lei
e che aspettiate che il cuore calmi il battito
che la paura scompaia
che tutto il mondo riprenda a girare tranquillo
e sarà sempre Lei ad alzarsi per prima
e a darvi la mano per tirarvi su
in modo da avvicinarvi al cielo
in quel cielo alto dove la sua anima vive
e da dove, Signori, non la strapperete mai.
(William Shakespeare)
23 novembre 2017
LA NEWSLETTER DI ENRICO BRAMBILLA
Sabato 18 Novembre 2017
Il palo di Darmian
La mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali di calcio è conseguenza di una serie di errori ampiamente esaminati durante tutta la settimana appena trascorsa. Come in tutte le vicende umane alle cosiddette “cause di fondo” si sovrappongono poi gli episodi, spesso decisivi. I pochi centimetri che hanno fatto sì che il tiro del nostro terzino sbattesse sul palo anzichè finire in rete separano gloria e vergogna. Lunedì, poche ore prima del dramma nazionale si è tenuta la Direzione del PD, cui spettava cercare di evitarne un altro ancor più pesante: la sconfitta alle urne. Il primo tempo si è chiuso richiamando dalla panchina uno dei nostri ex-bomber: Piero Fassino. Centravanti di razza anche se un po’ arrugginito cui spetta il compito arduo di rimettere insieme una squadra. Troppo tardi, forse: le occasioni vere sono già state sciupate, l’ultima con la pessima legge elettorale. Eppure io tifo perchè stavolta la palla entri: passi pure un’estate senza Italia ai mondiali, ma col duo Salvini-Berlusconi rischiamo una retrocessione definitiva.
La settimana in Regione
Sono state approvate due nuove leggi regionali, a larga maggioranza la prima ed all’unanimità la seconda. Una contiene “disposizioni per la tutela delle persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria”, e si è resa necessaria per adeguare le azioni regionali alle nuove normative in ambito sanitario, socio-sanitario, di istruzione e formazione. Lo scarso interesse della maggioranza ha permesso l’approvazione a sorpresa di qualche emendamento migliorativo, in un provvedimento nel complesso positivo anche se poco finanziato. Piena condivisione, invece, sulla legge che dispone l’adozione di clausole sociali nei bandi regionali. Viene così rafforzata la tutela nei confronti dei lavoratori “uscenti” in caso di cambio del soggetto appaltatore.
22 novembre 2017
NEWSLETTER QUINDICESIMO PIANO
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13 novembre 2017
Alle radici del mal di sinistra
Ci pare un articolo serio capace di suscitare delle considerazioni utili in questo periodo.
di TOMMASO CERNO La Repubblica - 13 novembre 2017
La sinistra si gioca oggi, come l’Italia di mister Ventura, la qualificazione al campionato politico di primavera. Si presenta in campo priva di un progetto per il Paese e soprattutto di una visione del mondo. Si presenta divisa e pronta a dare la colpa all’arbitro. Si presenta all’indomani di una scissione che ha spento il nucleo del progetto democratico.
Fatica a trovare un collante capace di rimettere insieme i cocci sparsi sul terreno progressista. Al punto che alla vigilia della direzione del Pd che fa da spartiacque fra la legislatura che si spegne e i riflettori della campagna elettorale che si accendono, sono intervenuti — allo scadere, come si dice in gergo — Romano Prodi e Walter Veltroni, abiurando il voto di starsene fuori dalla contesa che, bluffando un po’, avevano fatto entrambi. Segno che la situazione si è davvero messa male.
Va premesso che Matteo Renzi dal palco non farà un discorso epico, farà un discorso prevedibilissimo. Conterrà un’apertura non formale a sinistra, nessuna abiura su ciò che il Pd ha fatto finora, non imporrà tuttavia agli altri partiti di giudicare buone quelle scelte. Toglierà infine di mezzo la questione della sua leadership nel futuro governo e, in perfetta tradizione italiana, attenderà i commenti. Al termine del suo intervento, ognuno potrà leggere ciò che ha detto come meglio gli comoda. E ne ascolteremo delle belle.
Tutto e il contrario di tutto. Ne deriva che la decisione da prendere — se si tenterà davvero di creare una coalizione allargata, capace di respingere l’avanzata delle destre oppure si deciderà di far passare la Svezia, cioè di arrendersi alla sconfitta — dipende da altro: è una scelta sostanziale che la sinistra, nelle sue mutazioni, deve maturare dentro di sé pensando solo al futuro del Paese e non al proprio. Per farlo, deve porsi una domanda su cosa sia diventata.
Cosa provoca questo mal di sinistra, la sensazione cioè di non saper più penetrare l’animo dell’Italia e del mondo?
Tre ragioni.
La prima ragione è di natura politica: mentre il nazionalismo si fa globale e diventa uno dei motivi politici più potenti del pianeta dai paesi ex-socialisti dell’Unione europea, all’Inghilterra della Brexit, gli Usa di Trump, la Russia di Putin, la Turchia di Erdogan, l’India di Modi, la sinistra rinuncia — più ancora della destra — alla dimensione internazionale. Si richiude dentro i confini della Stato-nazione che contesta, si provincializza mentre fuori marciano populismi e forze antisistema che arruolano milioni di cittadini in tutto il mondo.
È uno scherzo della storia che la forza internazionalista per definizione rischi l’estinzione proprio quando i confini non esistono più. Ma basta ascoltare il dibattito per capire che è così. Perfino quello sulle migrazioni dall’Africa, la questione più difficile del secolo appena iniziato, è declinato all’interno dell’Italia. Si parla solo di leggi, di riforme vuote, di emendamenti e di mozioni. Come se all’improvviso la sinistra fosse diventata un Bignami di amministrazione pubblica e non un pensiero che sogna un mondo migliore.
La seconda ragione è di natura culturale: la sinistra italiana, divisa in cento correnti autodefinitesi tutte riformiste e che si distinguono solo dalle virgole nei comunicati stampa, non è più di sinistra. Non perché Renzi sia un moderato o un destrorso contaminato dalla stima del Cavalier Berlusconi, ma perché ha assunto una visione di se stessa che è animata dagli stessi fantasmi che animano la restaurazione culturale di questo tempo. Se ci riflettiamo la stessa idea della frontiera da chiudere, lasciando fuori gli “altri”, che anima la xenofobia e l’odio del terzo millennio, attingendo a uno dei cardini del nazionalismo storico, e che si dovrebbe combattere, è identica al virus che ha avvelenato la sinistra italiana: il desiderio di chiudersi in un’area più stretta dove tutti si somigliano. Una specie di mito della razza pura in politica. Un modo democratico per odiare l’altro.
La terza ragione è di natura pratica: a sinistra ormai tutti mentono sapendo di mentire. Prendiamo il surreale dibattito sulla riconferma di Ignazio Visco a Bankitalia. Renzi ne contesta l’operato, opinione legittima, ma viene criticato per il “poco senso dello Stato”, l’uomo solo al comando che si fa beffa del tempio istituzionale per eccellenza, rischiando di lordarne il marmo. Tutto giusto. Ma perché allora nessuno si è alzato a contestare quando, in pochi giorni, i presidenti di Camera e Senato hanno deciso per ragioni politiche di dismettere le vesti istituzionali e candidarsi alla guida di nascenti partiti della Nouvelle Gauche all’italiana? Eppure, storia repubblicana alla mano, si tratta della prima volta. Non era mai capitato.
La sinistra va in campo così, appunto come l’Italia di Ventura. Pensando a sostituire l’allenatore e non a vincere la partita. Primitiva ed elementare, in questo sì simile al nazionalismo di destra che a parole vorrebbe sconfiggere.
di TOMMASO CERNO La Repubblica - 13 novembre 2017
La sinistra si gioca oggi, come l’Italia di mister Ventura, la qualificazione al campionato politico di primavera. Si presenta in campo priva di un progetto per il Paese e soprattutto di una visione del mondo. Si presenta divisa e pronta a dare la colpa all’arbitro. Si presenta all’indomani di una scissione che ha spento il nucleo del progetto democratico.
Fatica a trovare un collante capace di rimettere insieme i cocci sparsi sul terreno progressista. Al punto che alla vigilia della direzione del Pd che fa da spartiacque fra la legislatura che si spegne e i riflettori della campagna elettorale che si accendono, sono intervenuti — allo scadere, come si dice in gergo — Romano Prodi e Walter Veltroni, abiurando il voto di starsene fuori dalla contesa che, bluffando un po’, avevano fatto entrambi. Segno che la situazione si è davvero messa male.
Va premesso che Matteo Renzi dal palco non farà un discorso epico, farà un discorso prevedibilissimo. Conterrà un’apertura non formale a sinistra, nessuna abiura su ciò che il Pd ha fatto finora, non imporrà tuttavia agli altri partiti di giudicare buone quelle scelte. Toglierà infine di mezzo la questione della sua leadership nel futuro governo e, in perfetta tradizione italiana, attenderà i commenti. Al termine del suo intervento, ognuno potrà leggere ciò che ha detto come meglio gli comoda. E ne ascolteremo delle belle.
Tutto e il contrario di tutto. Ne deriva che la decisione da prendere — se si tenterà davvero di creare una coalizione allargata, capace di respingere l’avanzata delle destre oppure si deciderà di far passare la Svezia, cioè di arrendersi alla sconfitta — dipende da altro: è una scelta sostanziale che la sinistra, nelle sue mutazioni, deve maturare dentro di sé pensando solo al futuro del Paese e non al proprio. Per farlo, deve porsi una domanda su cosa sia diventata.
Cosa provoca questo mal di sinistra, la sensazione cioè di non saper più penetrare l’animo dell’Italia e del mondo?
Tre ragioni.
La prima ragione è di natura politica: mentre il nazionalismo si fa globale e diventa uno dei motivi politici più potenti del pianeta dai paesi ex-socialisti dell’Unione europea, all’Inghilterra della Brexit, gli Usa di Trump, la Russia di Putin, la Turchia di Erdogan, l’India di Modi, la sinistra rinuncia — più ancora della destra — alla dimensione internazionale. Si richiude dentro i confini della Stato-nazione che contesta, si provincializza mentre fuori marciano populismi e forze antisistema che arruolano milioni di cittadini in tutto il mondo.
È uno scherzo della storia che la forza internazionalista per definizione rischi l’estinzione proprio quando i confini non esistono più. Ma basta ascoltare il dibattito per capire che è così. Perfino quello sulle migrazioni dall’Africa, la questione più difficile del secolo appena iniziato, è declinato all’interno dell’Italia. Si parla solo di leggi, di riforme vuote, di emendamenti e di mozioni. Come se all’improvviso la sinistra fosse diventata un Bignami di amministrazione pubblica e non un pensiero che sogna un mondo migliore.
La seconda ragione è di natura culturale: la sinistra italiana, divisa in cento correnti autodefinitesi tutte riformiste e che si distinguono solo dalle virgole nei comunicati stampa, non è più di sinistra. Non perché Renzi sia un moderato o un destrorso contaminato dalla stima del Cavalier Berlusconi, ma perché ha assunto una visione di se stessa che è animata dagli stessi fantasmi che animano la restaurazione culturale di questo tempo. Se ci riflettiamo la stessa idea della frontiera da chiudere, lasciando fuori gli “altri”, che anima la xenofobia e l’odio del terzo millennio, attingendo a uno dei cardini del nazionalismo storico, e che si dovrebbe combattere, è identica al virus che ha avvelenato la sinistra italiana: il desiderio di chiudersi in un’area più stretta dove tutti si somigliano. Una specie di mito della razza pura in politica. Un modo democratico per odiare l’altro.
La terza ragione è di natura pratica: a sinistra ormai tutti mentono sapendo di mentire. Prendiamo il surreale dibattito sulla riconferma di Ignazio Visco a Bankitalia. Renzi ne contesta l’operato, opinione legittima, ma viene criticato per il “poco senso dello Stato”, l’uomo solo al comando che si fa beffa del tempio istituzionale per eccellenza, rischiando di lordarne il marmo. Tutto giusto. Ma perché allora nessuno si è alzato a contestare quando, in pochi giorni, i presidenti di Camera e Senato hanno deciso per ragioni politiche di dismettere le vesti istituzionali e candidarsi alla guida di nascenti partiti della Nouvelle Gauche all’italiana? Eppure, storia repubblicana alla mano, si tratta della prima volta. Non era mai capitato.
La sinistra va in campo così, appunto come l’Italia di Ventura. Pensando a sostituire l’allenatore e non a vincere la partita. Primitiva ed elementare, in questo sì simile al nazionalismo di destra che a parole vorrebbe sconfiggere.
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