21 gennaio 2011

Nota del mattino del 21 gennaio '11

Le principali notizie politiche del giorno a cura dell'Ufficio Circoli Nazionale PD.

1. QUIRINALE E VATICANO IMPEDISCONO A BERLUSCONI LA SCENEGGIATA DEL CARNEFICE CHE DIVENTA VITTIMA. QUESTA VOLTA E’ SENZA RETE. MA BLOCCARE TUTTO IN UN PANTANO GIUDIZIARIO RESTA IL SUO OBIETTIVO.
“Più moralità e legalità”. Sono bastate queste due parole pronunciate dal cardinale segretario di Stato vaticano Bertone per far precipitare ieri la situazione di Silvio Berlusconi. Erano le stesse pronunciate dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, due giorni fa. Ma hanno avuto un effetto più dirompente, perché per la prima volta le gerarchie della chiesa non hanno difeso Berlusconi, segno che la vita privata del presidente del Consiglio ha davvero colpito l’opinione pubblica.
Berlusconi ora è isolato. Accanto al presidente c’è solo la Lega Nord (finché e se si parlerà di federalismo). Ma andrà avanti con la strategia che ha già deciso a tavolino con i suoi avvocati, con i direttori dei suoi telegiornali, dei suoi settimanali, dei suoi quotidiani. Sollevare una montagna di cavilli, di problemi di attribuzioni, delegittimare i magistrati che stanno facendo le inchieste, sollevare problemi tecnico-giuridici sui quali sviare l’attenzione. Non caso oggi Panorama, settimanale del gruppo Mondadori, di proprietà della famiglia Berlusconi, ha in copertina il volto del pm Ilda Bocassini con il titolo Il vizietto. Il vizietto sarebbe quello delle intercettazioni, dei loro costi, del tempo perso a farle, del personale impegnato. Altre volte il giochino è servito. Questa volta sarà più difficile. Ma il rischio è che il paese resti impantanato in uno scontro senza capo né coda, mentre il mondo corre alla velocità della luce, la crisi sociale ed economica impone sacrifici crescenti, il paese perde terreno.

2. L’ITALIA NON PUO’ PERMETTERSI DI RESTARE PER MESI BLOCCATA A DISCUTERE SUI PROBLEMI DEL PREMIER. IL PD LANCIA L’OFFENSIVA D’INVERNO: RACCOGLIERE DIECI MILIONI DI FIRME PER MANDARLO VIA, PREPARARE IL PROGRAMMA PER LA RICOSTRUZIONE, PRESENTARLO A TUTTI COLORO CHE NON VOGLIONO ALTRI DIECI ANNI DI BERLUSCONI.
Il pericolo di restare bloccati per mesi a discutere sui problemi di Berlusconi invece che sulle cose da fare per ripartire, per tornare a creare ricchezza e lavoro, e il pericolo di una forzatura democratica da parte del presidente del Consiglio, hanno spinto il Partito Democratico a lanciare l’offensiva. Ieri lo ha spiegato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, a Repubblica Tv, con un’intervista ripresa, in estrema sintesi, anche sul quotidiano cartaceo. «Ben Ali ci fa un baffo. Berlusconi non mostra un minimo di consapevolezza della gravità della sua situazione. O qua si muove l`opinione pubblica o dobbiamo aspettarci un videomessaggio al giorno, nella paralisi totale del Paese. Piuttosto, meglio il voto». Pier Luigi Bersani cerca 10 milioni di firme «per mandare a casa il premier». Lo annuncia a Repubblica Tv mentre la giornata si assesta sui moniti di Bertone e Napolitano. Avrà effetti il richiamo alla moralità della Santa Sede? «Da Bertone sono arrivate parole pesanti. La Chiesa sa di essere un`autorità morale oltre che di fede. Tra i cittadini il disagio è diffuso e qualcosa si è mosso. Ma penso che pure altri debbano esprimersi, il problema riguarda anche quelle che una volta si chiamavano elites sociali ed economiche. Non chiedo certo di disquisire su questioni
sessuali. Pretendo però sia denunciata un`empasse clamorosa creata dai problemi del capo». Il Pd che farà? «A febbraio raccoglieremo firme in diecimila gazebo, in tutta Italia. Ne avremo 10 milioni, sono tanti quelli che non ne possono più. Con i camion quelle firme le porteremo a Palazzo Chigi, per chiedere le dimissioni del presidente del Consiglio. Non possiamo andare avanti ancora per settimane, qualsiasi soluzione comprese le elezioni anticipate è meglio di questa situazione: Berlusconi non ha più un sogno da vendere ma mantiene una enorme forza economica e mediatica, capace di bloccare il sistema. Bene, il Pd lancia una fase ricostruttiva (ho pudore a chiamarla costituente). E si rivolge a tutte le forze capaci di superare le piccole beghe e i personalismi, in grado di essere generose nonostante le storie diverse. Dobbiamo metterci a lavorare, per superare la crisi e rimettere in moto il paese, altrimenti che futuro diamo ai giovani?». E` un altro invito per Fini e Casini, chiede La Repubblica, dimenticando che più volte Bersani ha chiarito che la proposta del Pd si basa su un progetto di cose da fare per il paese e si rivolge a tutte le opposizioni politiche e alle forze sociali? «Mi rivolgo a tutti quelli che vogliono evitare la deriva plebiscitaria. Chiunque ragioni per me è un interlocutore. Quindi parlo “anche” al Terzo Polo, certo, anche a Montezemolo. E` chiaro che quando sarà il momento cruciale il premier cercherà di infliggere un ultimo strappo. A quel punto tutte le forze che hanno una vocazione di governo dovranno dialogare per tentare di fare quelle quattro o cinque cose che permettano di andare oltre Berlusconi. C`è bisogno di un fisco equo, di lavoro, di liberalizzazioni, di riforme istituzionali. Bisogna assumersi delle responsabilità, per questo che si fa politica». E se il federalismo rimanesse al palo? Potrebbe essere la Lega a staccare la spina? «Il progetto presentato negli ultimi giorni da Calderoli non ha niente a che vedere col federalismo, dà meno autonomia ai Comuni di quanta non ne avessero prima del Cavaliere. Ad ogni modo la Lega il federalismo non lo farà con questo esecutivo. Non so se Bossi coglie ancora gli umori della base, ma il popolo leghista è chiaramente insofferente, mentre il gruppo dirigente rimane attaccato al premier». Il Pd potrebbe digerire un governo Tremonti? «Tremonti è un ministro curioso, direi filosofo. Non lo sento mai parlare di economia reale. Ora gira alla larga dall`immagine compromessa di Berlusconi ma non penso che sia pronto a sferrare il colpo decisivo per allontanarsene. Ci vorrebbe troppo coraggio». Nell’intervista televisiva Bersani ha chiarito subito: se si fa un governo di centrodestra con Tremonti premier noi stiamo all’opposizione. Quanto alla dialettica interna, Bersani ha ribadito che il Pd ha scelto la via della democrazia e che questo comporta libertà di dibattito e di proposta. «Noi siamo gli unici che abbiano deciso di chiamarsi partito. Non popolo, partito. Perché crediamo che tante nobili parzialità e che le diverse posizioni della società civile debbano trovare un punto di unità. Questo può farlo solo un partito, a meno che non ci si voglia affidare al capo. Abbiamo scelto il metodo della democrazia. Per il paese e per il partito. Se si accetta questo si deve accettare il fatto che all`interno della squadra la discussione sia aperta».

3. FEDERALISMO. ANCI, PD E TERZO POLO DICONO NON ALLE PROPOSTE DEL GOVERNO. CHIEDONO SEI MESI IN PIU PER DISCUTERE. LA LEGA OGGI DECIDE SE ACCETTARE O FAR SALTARE IL TAVOLO DEL GOVERNO.
Mercoledì sera il Partito Democratico ha esaminato i testi relativi al quarto decreto legislativo sul federalismo in una riunione al vertice. Risultato: così non vanno bene, tradiscono gli obiettivi e lo spirito stesso del federalismo, producono problemi e distorsioni. Ieri l’Anci, l’associazione nazionale che rappresenta i comuni e che è
presieduta dal sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, e il Terzo polo hanno sostanzialmente detto la stessa cosa. Ne è scaturita la richiesta di un prolungamento della delega che scade il 28 gennaio per discutere le opportune modifiche. Una proroga di almeno 6 mesi.
La Lega, che ha già chiarito la propria posizione (federalismo o crisi di governo) ha deciso di concedere qualche giorno. Oggi il Consiglio dei ministri prenderà una decisione. Ma è praticamente certo che su questo tema si andrà allo scontro e che proprio il tema del federalismo potrebbe diventare la buccia di banana che fa scivolare il governo.
L’altra buccia di banana sarà il voto della prossima settimana sulle mozioni di sfiducia al ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, quella presentata da tempo dal Pd e dall’Idv e quella presentata ieri dal Terzo polo.

4. DEBITO PUBBLICO. LA BANCA CENTRALE EUROPEA RICHIAMA ANCHE L’ITALIA. LA SPAGNA NAZIONALIZZA DI FATTO LE CASSE DI RISPARMIO. L’IRLANDA VA AL VOTO.
A dimostrazione che i cieli azzurri raccontati da Berlusconi sono invece pieni di nubi plumblee, la Banca centrale europea ha ricordato ieri che tra i paesi che hanno un problema serio con il debito pubblico vi è anche l’Italia. Richiamo da non sottovalutare dal momento che la crisi finanziaria non è affatto terminata e anzi potrebbe ripresentarsi quanto prima. La Spagna ha annunciato in questi giorni un programma di salvataggio delle proprie banche. L’Irlanda, paese sull’orlo del baratro (mai dimenticare che per i ministri Tremonti e Sacconi era un fulgido esempio da seguire per l’Italia), è in crisi anche politica. Insomma, l’Italia sarà anche ricca di patrimoni privati, come ricorda spesso il ministro Tremonti, ma questo non ci salverà se non ci sarà un risveglio del paese.

5. LAVORO, DIRITTI, PRODUTTIVITA’, CONTRATTI. LE PROPOSTE DEL PD.
Dopo il referendum a Mirafiori e le proposte di superare di fatto il congtratto nazionale fatte da Federmeccanica, il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, ed il presidente del Forum lavoro del Pd, Emilio Gabaglio, hanno scritto un articolo pubblicato oggi da Il Riformista in cui hanno precisato le analisi sui problemi delle relazioni industriali e le proposte che il Pd sta mettendo in campo sui temi della rappresentatività, della partecipazione dei lavoratori, del rapporto tra contratti nazionali da semplificare e accorpare con i contratti a livello di azienda, sulla partecipazione dei lavoratori. Oltre alle “proposte di legge per il pieno riconoscimento dei diritti d`informazione e consultazione dei lavoratori, l`istituzione di comitati consultivi permanenti, la promozione del sistema dualistico con l`inserimento di rappresentanti eletti dai lavoratori nei consigli di sorveglianza. Sono proposte sulle quali il Pd chiede a tutte le forze politiche e sociali di misurarsi”.

6. DOMANI APPUNTAMENTO DEMOCRATICO AL LINGOTTO CON VELTRONI E BERSANI.
Da L’Unità: «Il Lingotto sarà un`occasione per parlare al paese, ai cittadini, alle persone, al cuore del popolo democratico, che esiste e al quale ci si deve rivolgere. E credo che il nostro popolo abbia voglia di un duplice messaggio: di innovazione e unità.
Le due cose non sono in contrasto». Walter Veltroni parla alla vigilia del Lingotto 2, l`iniziativa che si svolgerà domani a Torino. L`ex segretario sottolinea che non si tratta di «un ritorno», dopo la kermesse del Lingotto del 2007 quando lanciò la sua candidatura alla segreteria del Pd. Ma «c`è l`idea di tornare a quella ispirazione, a quel profilo, a quella tensione, ma in uno scenario politico-istituzionale totalmente nuovo» e che richiede a suo avviso «una credibile alternativa riformista». Il titolo dell`appuntamento è «Fuori dal `900», «perché, da troppi punti di vista il secolo scorso ancora ci tiene imbrigliati. Al Lingotto, anticipa Veltroni, manderà questo messaggio «con assoluta tensione unitaria, dato il momento particolare che viviamo. «E’ un contributo, non un`alternativa alla segreteria, per fare più forte il Pd». Obiettivo che per essere raggiunto necessità di «innovazione» e di «mettere in campo tutte le potenzialità del partito». Andranno ad assistere all`iniziativa anche Pier Luigi Bersani, Enrico Letta, Dario Franceschini e diversi altri dirigenti del partito. Un segnale di distensione, dopo qualche tensione vissuta alla Direzione del partito della scorsa settimana.
Bersani si dice convinto che dal Lingotto 2 nessuno vuole tirare fuori «un`alternativa alla segreteria» del Pd. «Dal Lingotto mi aspetto un contributo di cultura politica», dice sdrammatizzando anche il fatto che spesso nel suo partito si accendono vivaci discussioni. «A volte non c`è rispetto per noi stessi, per la "ditta", ma dobbiamo abituiamoci al fatto che ci sia discussione e che poi si arrivi a sintesi. E’ la democrazia. Meglio questo che i tanti partiti personalistici, meglio questo perché l`alternativa è il modello del "capo"».

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